Qualche domenica fa siamo stati all’interno della Sinagoga centrale di Milano, quasi sempre chiusa come accade sempre per i luoghi di culto ebraici, visto che vengono aperti solo per le funzioni o in rarissime occasioni. L’edificio, in origine ottocentesco, di originale ha solo la facciata, mentre l’interno è stato ricostruito negli anni Cinquanta dopo le devastazioni belliche.
I giardini della Guastalla, dove si affaccia il Tempio
Nell’Ottocento, nella sempre più popolosa Milano, anche la comunità ebraica cresceva (originariamente gli ebrei a Milano erano pochissimi). Naturalmente non bastava più il vecchio luogo di culto che si trovava nel piccolo oratorio di via Stampa 4. Così si decise di erigere una nuova struttura che accogliesse la crescente comunità e che ne rappresentasse degnamente cultura e storia.
Come si presentava il tempio prima dei bombardamenti
Beltrami disegnò un edificio a tre navate in stile basilicale. Una possente facciata (facciata tutt’ora esistente), realizzata leggermente arretrata e separata dalla strada da una cancellata, è impreziosita da mosaici azzurro e oro. La facciata ha un disegno neo-romanico-bizantino-rinascimentale tripartito e le due ali laterali, più basse, presentano finestre ad arco decorate. Mentre al centro si trova il grande portale affiancato da lesene con capitello e sormontato da un grande arco che giunge ad includere le tre finestre al piano superiore e termina in alto con l’immagine scolpita delle tavole della legge. L’interno, formato da una grande aula, era circondato su tre lati da un loggiato a matroneo. Sui due lati lunghi le balconate erano suddivise da tre archi con colonne, mentre nella controfacciata si trovava una semplice balconata. Nell’abside si trovava l’altare che conteneva il sacro testo. Il soffitto era in legno a cassettoni con piccole cupolette al centro.
La Sinagoga venne distrutta gravemente durante un bombardamento del 1943, da spezzoni incendiari che colpirono inizialmente il tetto distruggendo completamente l’interno. Si salvò come abbiamo già detto solo la facciata.
Nel dopoguerra si pensò alla riccostruzione e vennero incaricati due architetti, Manfredo Morpurgo e Eugenio Gentili Tedeschi. Restaurarono la superstite facciata e la inglobarono nel nuovo edificio. Costruirono l’interno in modo moderno con una cupoletta a pianta rettangolare. Sulle pareti furono aperti ventiquattro finestroni, alti e stretti, ad illuminare la sala.
L’edificio è caratterizzato dalla grande sala di preghiera, l’altare al centro e da una balconata superiore. Nell’interrato si trova un moderno auditorium (intitolato a Giancarlo Jarach) e un piccolo oratorio (i cui arredi provengono dall’antica sinagoga di Sermide).
Successivamente, nel 1997, il Tempio venne profondamente trasformato e ridisegnato internamente da Piero Pinto e Giancarlo Alhadeff. Nuovi finestrino sono stati aperti sui due lati principali ed è stato rialzato nella parte del matroneo. Eliminati i lampadari degli anni Cinquanta, una più moderna illuminazione arricchita dai colori oro, rosso bianco e beige rendono l’ambiente più luminoso. Elemento che ha caratterizzato maggiormente quest’intervento è la realizzazione di ventitré finestre multicolori disegnate dall’artista newyorkese Roger Selden, le quali offrono un fantasioso collage di simboli ebraici.
Foto – www.hevelius.it