Sarà inaugurata oggi alle 18.00 in Urban Center (Galleria Vittorio Emanuele II, 11/12) la mostra “Recycling Milano: spazi per l’ospitalità a Porta Nuova”.
L’esposizione si colloca all’interno delle iniziative Ri-formare Milano della Scuola di Architettura, Urbanistica, Ingegneria delle Costruzioni – Laboratorio III anno dei Proff. Katia Accossato e Luigi Trentin.
Gli studenti hanno lavorato sullo studio di un edificio esistente non completato fra via De Castilla e via Confalonieri (il famoso “Rasoio”) per immaginare un edificio destinato all’ospitalità.
Il programma funzionale prevedeva un Hotel con tutti gli spazi a servizio, un ostello o casa dello studente, degli spazi per l’accoglienza a lungo termine. Inoltre veniva chiesto agli studenti di sviluppare alcune funzioni collettive, aperte anche al pubblico (spazi per conferenze, mostre, biblioteca, ristorante, ecc.).
Nel progetto di riuso si è scelto di fare uno zoccolo di circa due piani con funzioni pubbliche, aperte alla città e al parco di prossima costruzione.
In Urban Center sarà possibile vedere i disegni e i modelli creati durante il laboratorio e approfondire il concetto di Urban Recycling che racconta come si possano riprendere le fila di discorsi urbani interrotti, per riportarli tra gli elementi di costruzione delle città.
Noi abbiamo visto una piccola “anteprima” e vi possiamo assicurare che ne vale la pena.
La mostra sarà visitabile dal 13 al 22 luglio, da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 18.00 all’Urban Center in Galleria Vittorio Emanuele II.
Sicuramente è da apprezzare l’impegno degli studenti.
Noto che gli edifici hanno volumetrie molto differenti fra loro; mi piacerebbe sapere se la progettazione ha tenuto conto anche dei limiti urbanistici (cosa che renderebbe il progetto un po’ più concreto)
sarebbe anche interessante sapere se e in quale misura si sia richiesto di mantenere quanto già costruito; demolire e rifare da capo, come alcuni di questi modelli implicano, non mi sembra proprio un “riciclo”, a meno che non ci si riferisse al solo terreno, ma in questo caso l’esercizio perde un poco di significatività.
ps. triste constatare che in alcune delle realizzazioni emerge ancora un certo attaccamento a un razionalismo “sovietico” alla bottoni che da tempo serpeggia nelle facoltà di architettura.