Milano | Castello – Il Leonardo svelato piano piano

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Qualche giorno fa, grazie a Francesca Tasso (Conservatore Responsabile delle Raccolte Artistiche e vice presidente del Comitato scientifico per il restauro della Sala delle Asse); Luca Tosi (Segreteria Scientifica Restauro Sala delle Asse) e Ilaria De Palma (Conservatore delle Raccolte Storiche e referente per il sito www.saladelleassecastello.it) Urbanfile ha avuto lo straordinario privilegio di accedere alla Sala delle Asse (attualmente chiusa al pubblico per consentire una più rapida e attenta prosecuzione dei lavori) e di visitare il cantiere di restauro avviato nel 2013.

Vedere da vicino l’opera di Leonardo, ascoltare la storia della Sala dalla voce esperta di chi con passione sta seguendo il recupero di questo gioiello è stata un’esperienza molto emozionante che – ancora una volta – ha confermato quante meraviglie nasconda la nostra città e quali grandi professionalità lavorino dietro le quinte per permettere ai cittadini e ai visitatori di goderne.

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Ma cos’è la Sala delle Asse?

Nella Milano di fine Quattrocento, Leonardo da Vinci (1452 – 1519) fu incaricato dal Duca di Milano Ludovico il Moro (1452 – 1508) di realizzare una decorazione pittorica per una sala destinata ad accogliere i visitatori più importanti.

La presenza di Leonardo al Castello di Milano è testimoniata da alcuni documenti storici e in particolare, da una lettera del 1498 in cui il cancelliere Gualtiero Bescapè ricorda al Duca come entro il settembre di quell’anno l’artista avrebbe finito la decorazione della Sala delle Asse.

La sala era chiamata delle Asse, probabilmente per un precedente rivestimento con una boiserie di legno (solitamente utilizzata per mantenere gli ambienti più caldi in inverno); si tratta di un ambiente a pianta quadrata, facente parte degli appartamenti di Ludovico il Moro e ricavato nella torre Nord, la Falconiera, del Castello Sforzesco.

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Lodovico il Moro dal film “Leonardo Da Vinci – Il genio a Milano”

Leonardo aveva da poco tempo ultimato i lavori al refettorio di Santa Maria delle Grazie dipingendo il capolavoro dell’Ultima Cena.

Al castello il genio di Leonardo si concentrò nella realizzazione di un bosco di gelsi (simbolo del Moro, visto che il nome latino della pianta è Morus), intrecciati a coprire la volta e nascenti tra le rovine di un muro.

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La pianta di Gelso

Le dimensioni dell’ambiente, molto vasto, non dovettero agevolare il lavoro di Leonardo, il quale, a quanto pare, stese sul nudo intonaco bianco delle tracce a carboncino, in alcuni punti dando un effetto di chiaro scuro molto particolareggiato in altri punti invece delle semplici tracce, rinforzate da pennellate scure.

Sicuramente partendo dal centro della sala, il Genio, aiutato da suoi discepoli e aiutanti, colorò la stanza. Un intreccio di rami, foglie e frutti, tenuto assieme da corde dorate (?). Tra gli alberi il cielo azzurro fa capolino, mentre al centro della volta spicca lo stemma di famiglia e ai quattro lati quattro targhe blu bordate d’oro riguardanti il ducato della famiglia Sforza.

Nel settembre del 1499 i francesi irrompono nella quotidianità del ducato milanese, spodestando il duca e regalandoci 360 anni di dominio straniero sulla città. Naturalmente occuparono anche il castello e Leonardo, lasciando probabilmente incompleto il dipinto del bosco di gelsi, si rifugiò dapprima in varie città, tra le quali Mantova e successivamente Firenze. A Firenze Leonardo cominciò a essere lusingato dal governatore francese di Milano, Charles d’Amboise, che lo sollecitava, fin dal 1506, a entrare al servizio di Luigi XII di Francia. L’anno successivo fu lo stesso re a richiedere espressamente Leonardo, che infine accettò, di tornare a Milano dal luglio 1508. Il secondo soggiorno milanese, durato fino al 1513, fu un periodo molto intenso: dipinse la Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino, completò, in collaborazione col De Predis, la seconda versione della Vergine delle Rocce per la chiesa di San Francesco Grande, e si occupò di problemi geologici, idrografici e urbanistici. Studiò fra l’altro un progetto per una statua equestre in onore di Gian Giacomo Trivulzio, come artefice della conquista francese della città. Ma molto probabilmente la Sala delle Asse (da alcune fonti la sala venne chiamata anche “Sala dei Moroni” dopo l’intervento di Leonardo), rimase incompiuta e con il passare del tempo e la trasformazione del castello in una caserma, anche la sala cambiò uso, diventando persino una stalla per i cavalli.

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Passarono i secoli e della sala con l’intreccio floreale di Leonardo si perse traccia sotto strati di intonaco e calce.

Sala delle Asse Piantina 1895

Dobbiamo aspettare l’arrivo di Luca Beltrami (1854 – 1933) con l’aiuto dello storico tedesco Paul Müller-Walde, nel 1893-1894, per ritrovare traccia del lavoro di Leonardo: infatti durante il restauro condotto dal noto architetto di fine Ottocento, vennero alla luce le fronde degli alberi disegnati dalla mano del Genio vinciano.

Purtroppo non si sa con precisione cosa esattamente scoprì il Beltrami togliendo l’intonaco, visto che non è stata reperita alcuna documentazione fotografica del ritrovamento. Chissà, forse fece sparire il tutto per paura di alimentare le già numerose polemiche di chi osteggiava il suo intervento di restauro con reintegri interpretativi che compromisero la lettura dell’originale.

Dopo i ritrovamenti, nel 1902 si pensò di affidare il restauro al decoratore e pittore Ernesto Rusca, il quale reinterpretò la decorazione quattrocentesca ricreando e ricalcando le tracce in un insieme a colori straordinariamente vivaci.

Il restauro da subito risultò troppo invasivo, tanto che per lungo tempo sollevò critiche legate anche al fatto che il Beltrami non concesse ai detrattori alcun elemento o rilievo dei residui lacerati rinvenuti nella sala dieci anni prima.

Sala delel Asse Castello Sforzesco 1920

Le due guerre mondiali distolsero gli sguardi curiosi dal dipinto fino ai restauri necessari avvenuti nel 1955-1956 operati dal restauratore Ottemi Della Rotta (1901-1973), il quale alleggerì la ridipintura del Rusca, ma ne lasciò solo alcuni “testimoni” riquadrati come documento dell’intervento del primo Novecento. Vennero rimosse anche le boiserie in legno aggiunte dal restauro del Beltrami, e fu in quest’occasione che venne alla luce la parte monocroma nella parete di nord-est, più riconducibile a Leonardo. Questo ritrovamento risvegliò l’interesse su questo grande dipinto. Lo Studio BBPR allestì il nuovo museo del Castello lasciando visibili queste parti monocrome.

Dal 2013 la Sala delle Asse è oggetto di un nuovo restauro, che ha rivelato nuovi frammenti a monocromo sulle pareti e nuove scoperte sulla volta fiorita. A quanto pare la parte centrale della volta e una lunetta sono state rintonacate nel 1902, quindi completamente ridisegnate dal Rusca, ma potrebbero nascondere il disegno originale; altre parti invece rivelano tracce quattrocentesche. Il problema del restauro attuale è che l’intervento del Rusca, avvenuto in un lasso di tempo abbastanza lungo, non ha garantito un lavoro continuo e omogeneo in ogni angolo della superficie dipinta: sono presenti stesure non omogenee per periodo e materiali compositivi, per cui per i restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze il lavoro si è fatto complicato, specialmente durante l’utilizzo di alcune tecnologie come il laser che di volta in volta deve essere calibrato.

Il progetto di restauro, elaborato dagli istituti territoriali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, ha come obiettivo la conservazione e la restituzione della corretta leggibilità della decorazione della Sala delle Asse secondo l’originale dipinto quattrocentesco.

La volontà di chi si cura dell’intervento e dei restauratori è quella di riconsegnare la sala al pubblico (o quantomeno renderla fruibile) per il 2019, anno in cui ricorrono i 500 anni dalla morte del Genio da Vinci, ma il lavoro è lungo e meticoloso, come ci ha spiegato la gentilissima dottoressa Francesca Tasso.

Qui trovate le immagini della nostra prima visita alla Sala delle Asse nell’ottobre 2014.

Mentre a seguire ecco le nuove immagini dal cantiere-laboratorio della Sala delle Asse.

E’ previsto che, una volta ultimati i lavori, la sala sarà protetta tramite un controllo climatico che impedisca o quantomeno scoraggi la formazione di agenti degradanti come i sali che hanno compromesso l’opera in tutti questi anni.

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Le impalcature che oramai ricoprono tutte le pareti per consentire gli interventi ai restauratori.

Sotto uno degli ultimi tratti scoperti con tracce del disegno di Leonardo. La parte inferiore purtroppo è stata compromessa per sempre dal rifacimento dell’intonaco nel restauro del primo Novecento.

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Il restauratore Alberto Felici del team dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze ci ha illustrato le condizioni di conservazione del dipinto e le problematiche legate al fatto che non si tratta di un affresco realizzato con una tecnica classica ma, come nel caso del Cenacolo, il dipinto è stato steso direttamente sull’intonaco bianco.

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L’immagine del soffitto da vicino, dove ancora persistono le ridipinture del Rusca e l’intervento attuato negli anni Cinquanta che hanno cercato di eliminare parte di questa sovrapittura.

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Qui si nota la grande differenza cromatica che si ottiene rimuovendo la patina bianca dei Sali dalla superficie pittorica della volta .

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Qui sotto invece si può notare la pittura del Rusca com’era, grazie ad uno dei riquadri lasciati dal restauro realizzato da Ottemi Della Rotta che voleva mantenere a scopo documentaristico tracce dell’intervento del Primo Novecento.

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Qui si vedono alcuni particolari delle corde dipinte in oro dal Rusca, e ridipinte allo scopo di attutirne l’impetto visivo durante il restauro di Ottemi Della Rotta.

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Ed ecco il pezzo monocromo oramai famoso che ha confermato la mano del genio vinciamo in questa stanza. Si tratta della parte inferiore della sala, probabilmente una parte superstite della decorazione che doveva riprodurre un muro (forse quello della stanza stessa) squarciato dalle radici dei gelsi che salendo coprivano la volta della sala.

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Mentre questo è uno dei nuovi pezzi a tratteggio che sono stati ritrovati sotto lo strato delle imbiancature e che mostra un paesaggio (campanili e torri, e non grattacieli, come potrebbe apparire ad un primo sguardo) collinare con alberature appena abbozzate.

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Qui invece possiamo vedere gli strati di imbiancatura stesi sopra il dipinto in quasi 500 anni di storia, 5 in questo caso ma in altri casi anche 12 strati.

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Le tracce dei restauri all’esterno della torre

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

8 commenti su “Milano | Castello – Il Leonardo svelato piano piano”

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    I published a related paper on “Loop Patterns in Japan and Asia”、
    http://www.scipress.org/journals/forma/frame/30.html
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    And Please teach me how many trunks were painted. I assume 16 trees around. Is this correct ?

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