Milano | Scali Ferroviari: intervista a Benedetta Tagliabue del team Miralles Tagliabue EMBT

Uno dei progetti presentati per il futuro degli Scali milanesi è stato elaborato da Miralles Tagliabue EMBT (www.mirallestagliabue.com), uno studio di architettura fondato da Enric Miralles e Benedetta Tagliabue con sede a Barcellona con una grande esperienza nella progettazione di edifici e spazi pubblici in Europa e Cina.

Il progetto presentato per gli Scali milanesi, Miracoli a Milano, mette l’acqua al centro della propria visione del futuro milanese

Abbiamo intervistato Benedetta Tagliabue per farci raccontare la visione che sta alla base del progetto.

Da quale idea siete partiti per sviluppare la vostra proposta?

Il giorno che abbiamo effettuato il sopralluogo agli scali ferroviari pioveva molto, c’era molto traffico e gli scali ci sembravano lontanissimi tra loro e difficili da raggiungere.

Siamo partiti dalla voglia di creare un mondo più facile, più tranquillo in cui non esistano muri di separazione che ti impediscano di raggiungere i luoghi della città.

La nostra è un’architettura fluida che cerca di congiungere, di creare relazioni, di facilitare il movimento da un luogo all’altro.

Considerando che le ferrovie da sempre sono state considerate delle separazioni, come avete pensato di utilizzare l’occasione per ricucire queste zone cittadine?

In realtà ci sono temi che abbiamo visto utilizzati in molti luoghi del mondo; uno dei sistemi più facili è interrare i binari: molto possibile, molto facile.

Durante la sua esposizione, l’arch. Boeri ricordava che questo evita i prezzi delle bonifiche e semplifica la vita moltissimo ed è, inoltre, un modo per avere superficie utile a disposizione

Laddove questo non sia possibile, come nel caso di Greco e Breda dove l’area è molto stretta, abbiamo pensato a passerelle che siano dei veri e propri parchi molto contemporanei da cui si possa avere una vista del movimento, dell’urbanità. Le passerelle diventano non soltanto luoghi di passaggio ma anche spazi da vivere, come piazze o parchi ma sviluppati in alto.

Il vostro studio ha sede a Barcellona che è una città che ha vissuto una fase di espansione molto particolare, forse possibile anche a Milano: quali sono le funzioni che avete pensato di insediare su questi spazi e quali sono le funzioni che Milano non pensava di potersi permettere e di cui invece ha bisogno.

Abbiamo pensato a molte funzioni poiché riteniamo che la città che si verrà a creare intorno a questi scali debba offrire tutto ciò che serve a vivere appieno lo spazio; riteniamo tuttavia che ogni Scalo debba avere una “specialità”

Ad esempio luoghi più dedicati ai bambini a San Cristoforo, con parchi, ludoteche, magari qualche museo del gioco oppure posti più dedicati al design: fondamentale sarà assecondare le caratteristiche esistenti dei quartieri a cui ci riferiamo.

Credo, in sostanza,  che debba esserci un mix di funzioni con una caratteristica principale che contraddistingua i singoli scali.

Definire esattamente quali funzioni andranno in quali spazi credo emergerà andando avanti con l’elaborazione.

I documenti che sono usciti dai workshop cittadini sono a volte molto fantasiosi ma il pensiero comune è che gli Scali debbano essere spazi misti dove esista la possibilità di vivere e lavorare, luoghi di incontro e di aggregazione.

Crede che a Milano prima o poi possa atterrare il colore?

Le città cambiano, pur mantenendo la propria identità e penso che Milano possa diventare senza alcun dubbio una città piena di colore.

Cito l’esempio di Barcellona che oggi è una città che si identifica con la vita all’aria aperta ma se ci pensiamo fino a non molti anni fa era una città grigia, sporca, scura e molto chiusa in sé stessa. Nessuno lo direbbe adesso.

 

L’acqua può tornare a essere protagonista di Milano?

Dal mio punto di vista molto si può imparare da quel che la città è o è stata.

Quando iniziamo a lavorare su un luogo di solito lo facciamo con le mappe storiche con i disegni, con la conoscenza del passato.

Milano è sempre stata una città d’acqua è una città che si aiutava con l’acqua per avere delle buone connessioni quindi perché non fare tornare più acqua in città? C’è stato un momento in cui l’acqua per Milano è diventata scomoda, ingombrante ma credo che ora saremmo in grado di trattarla come un elemento di socialità.

La Darsena ne è una dimostrazione: è un piccolo luogo d’acqua che sta facendo tanto per Milano

Quale idea del vostro progetto considera vincente e quale idea di altri progetti sposerebbe?

L’idea vincente del nostro progetto, a parte il tema dell’acqua, forse è anche quella di cercare di fare una città che abbia un certo equilibrio tra lo spazio pubblico il costruito e il verde. Forse il nostro progetto è quello che più ha cercato di legarsi con lo spazio pubblico che si può vivere con più facilità.

Io ho un grande rispetto per quello che hanno fatto i miei colleghi, molte cose mi piacciono.

Il Bosco Verticale di Boeri ritorna in qualche modo nel suo progetto ed è senza dubbio una grande realizzazione soprattutto perché è nata in un luogo in cui il vetro rischiava di avere il sopravvento.

Cino Zucchi ha presentato una proposta molto intelligente così come ci sarebbe piaciuto copiare qualche spunto degli altri partecipanti.

Ritengo che il livello complessivo di tutti i progetti presentati sia davvero alto.

Come vede Milano tra 50 anni?

Nei prossimi anni credo che Milano proseguirà nella tendenza di mettersi in competizione con le altre città europee, di essere molto visibile mantenendo la sua caratteristica di eleganza ed evidenziando la creatività dei suoi abitanti.

Credo sia destinata a diventare una città molto più vivibile e già ora si percepisce la positività dei milanesi verso il proprio futuro.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

3 commenti su “Milano | Scali Ferroviari: intervista a Benedetta Tagliabue del team Miralles Tagliabue EMBT”

  1. http://www.ilgiornale.it/news/milano/frenetica-e-insicura-i-cittadini-fotografano-luci-e-ombre-1384606.html

    Frenetica e insicura”: i cittadini fotografano luci e ombre di Milano
    Un “patto tra la gente e i negozianti” visto come una soluzione anti degrado

    Una città insicura, dove chi ha un lavoro sostiene ritmi troppo alti e giovani e anziani non sono considerati a sufficienza.

    Proprio sui ritmi di vita l’indagine, che ha coinvolto seicento persone tra i 19 e gli 81 anni e si è conclusa a febbraio, ha individuato alcuni numeri che segnano la divisione della città: il 31 per cento dei milanesi dichiara di non lavorare, mentre la gran parte del resto è impegnata almeno 12 ore al giorno. E per un reddito che per la maggioranza dei meneghini va dai 23 ai 27 mila euro.

    Forse per questa divisione uno dei problemi più segnalati nell’indagine è la mancanza di attenzione per giovani e anziani. In una metropoli dove l’attività principale è ancora lavorare, mancano strutture e opportunità per chi è uscito dal mondo del lavoro e per chi vorrebbe entrarci.

    E non è solo il futuro della zona Nord di Milano a interessare. Insieme alla ricerca è stato presentato ancora il progetto Fiume Verde, il maxi progetto per trasformare gli scali ferroviari nell’equivalente di un parco circolare che dividerà la parte centrale della città dalle periferie. L’idea dello studio Boeri, incentrata su sostenibilità e qualità non sembra però aver riscosso un grande entusiasmo da parte dei costruttori: l’idea di occupare con volumetrie solo il 10 per cento dello spazio piace ad architetti e politici, ma non a chi poi dovrebbe finanziare l’operazione.

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  2. Devo,dire che mi piace molto questo progetto tagliabue.
    L’idea però dei parchi sopraelevati la devo capire meglio nel contesto.
    C’è da dire che Milano è una città piatta e creare zone più elevate ha indubbiamente il suo unicum.
    Inoltre ci sarebbe anche un venticello.
    L’esperienza di gae aulenti insegna…

    Però forse si crea una separazione tra le due città.
    Da approfondire.
    Molto bella l’impostazione da giardino e acqua e canali in stile tedesco englisher gartener di Monaco.
    Ci metterei anche una pagoda cinese ristorante bistrot..

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  3. idea di principio condivisibile, però se si creano zone rialzate, significa pensare anche ciò che si crea sotto, perchè se questo significa generare zone di degrado, allora è meglio lasciare tutto così com’è…..
    L’unica soluzione è che la sopraelevazione sia di tipo “pesante” (terrapieni, riempimenti, ecc) oppure “gestita” (volumi chiusi, locali utilizzati, ecc).
    Inoltre potrebbe essere un metodo da adottare anche in ambiti più fragili e meno conosciuti, come ad esempio i numerosi giardini urbani tagliati a metà da ingombranti arterie di traffico, sopra le quali si potrebbero ipotizzare elementi verdi sopraelevati di protezione e di collegamento.

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