La Seconda Guerra Mondiale con tutta la sua grave tragedia, costrinse migliaia e migliaia di persone a sfollare, ovvero a cercare luoghi più sicuri dove vivere per non rischiare di morire sotto i bombardamenti che avrebbero inevitabilmente colpito la città lombarda.
Infatti Milano fu subito, appena l’Italia entrò nel conflitto mondiale, tra gli obiettivi da colpire.
Il primo bombardamento sulla città avvenne dopo soli cinque giorni dall’entrata in guerra del Paese, e tra gli obiettivi strategici, individuati ancora prima dell’ingresso italiano nel conflitto, vi erano le principali aziende della città tra le quali l’Alfa Romeo, la Edoardo Bianchi, le officine Fratelli Borletti, la Magneti Marelli, la Caproni, la Pirelli, la Breda, l’Ansaldo, l’Isotta Fraschini e le acciaierie Falck.
I primi bombardamenti colpirono nel giugno del 1940 lo stabilimento dell’aeronautica della Caproni presso il campo di volo di Taliedo sul quale vennero lanciate circa 25 bombe che per fortuna fecero solo lievi danni.
Per tutto il conflitto vi furono svariati attacchi, tra i quali va ricordato sicuramente quello del 1943, che mise a ferro e fuoco la città, causando vittime e distruggendo immobili un po’ ovunque.
Capirete che rimanere in città risultò, per quegli anni, un grande problema.
Una delle risposte sollecitate dal regime fascista ai bombardamenti sulla città fu lo sfollamento della popolazione verso aree periferiche o della provincia, a Milano il fenomeno coinvolse circa 300.000 persone su una popolazione che nel 1936 ammontava a circa 1.115.794. Ci fu chi scappò ai laghi o nei paesi di provenienza, dove vi erano parenti o conoscenti.
I bombardamenti alleati avevano distrutto circa il 30-35% degli edifici della città, coinvolgendo non solo stabilimenti, chiese e monumenti, ma soprattutto un numero impressionante di vani e alloggi per la popolazione.
Così all’indomani del 25 aprile del 1945, giorno della liberazione, iniziarono a convergere a Milano centinaia di migliaia di persone, tra milanesi sfollati e immigrati dal sud Italia in cerca di un lavoro: la città doveva ripartire, ma come?
Per prima cosa si dovette far fronte alla crescente necessità di trovare un alloggio a tutte le persone rimaste senza casa.
Mentre la prefettura cercò di ritardare il rientro dei moltissimi sfollati e al problema abitativo si pose rimedio sia con la coabitazione sia con la rapida costruzione di alloggi provvisori. Diverse grandi aziende come Pirelli e Breda decisero, approfittando della situazione, di spostare la loro attività fuori città cambiando il tessuto urbano.
Arzaga – Casette degli sfollati in viale Caterina da Forlì e la chiesa del piccolo Cottolengo 1946-47 Calvairate – Casette degli sfollati in Via Laura Ciceri Visconti 1946-47 Chiesa Rossa – Casette degli sfollati in viale Giovanni da Cermenate 1946-47 Cagnola – Viale Renato Serra poco prima dell’incrocio con viale Certosa con le casette degli sfollati, 1945-46
L’Amministrazione eletta nel 1946 affrontò un piano di emergenza per andare anzitutto incontro ai senza tetto, con fabbricati anche a carattere provvisorio, di rapida attuazione e poco costosi. Sorsero così trenta baracche, per 180 alloggi, nelle vie Caterina da Forlì, Giovanni da Cermenate, Jenner, Serra e in piazza Durante. Successivamente, vennero costruiti parecchi gruppi di casette prefabbricate in alcuni grandi viali esterni della città, tra i quali viale Argonne, per un totale di 654 alloggi da due o tre locali, con una spesa di 420 milloni di lire dell’epoca, di cui 210 stanziati dal Comune e gli altri forniti dallo Stato. Tra le casette prefabbricate, merita particolare menzione ll villaggio sorto dietro l’ospedale militare di Baggio, per generosa iniziativa dell’Istiuzione Internazionale « Dono Svizzero », che donò al Comune quaranta casette in legno con 120 alloggi per un complesso di 360 locali.
Le casette in prefabbricato di viale Argonne per gli sfollati vennero costruite nel parterre centrale un tempo alberato e spogliato dagli alberi durante la guerra per far fronte alla necessità di legna da ardere nei rigidi inverni. Furono sistemate in cinque nuclei disposti a cerchio e tre baracche disposte davanti alla nuova Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, l’enorme basilica rossa consacrata dal cardinale Schuster il 6 dicembre 1940.
Dobbiamo dire che nelle zona dell’Acquabella e dell’Ortica sin dall’inizio del ‘900 vi erano già delle “baraccopoli” utilizzate dai terremotati del 1905 di Messina e Reggio Calabria in attesa di alloggi più consoni. Sempre in quel periodo va ricordata anche un’altra baraccopoli , sorta alle “Rottole”, dove oggi c’è l’inizio di via Palmanova. Baracche che si erano sviluppate lungo la ferrovia e dove vivevano nella miseria gli spazzacamini della città.
Verso l’Ortica nel 1940 erano stati realizzati degli “orti di guerra” (immortalati da Federico Patellani), per cui c’erano già delle casette; dopo la guerra alcuni sfollati ci andarono ad abitare e gli orti si tramutarono presto in baraccopoli.
Acquabella – Baracche lungo un sentiero sterrato accanto a via Marescalchi 1940-46 Acquabella – Orti e baracche in viale Argonne, sullo sfondo via Negroli 1945-50 Acquabella – Ortica – Baracche lungo l’attuale via Giovanni Cova e via Marescalchi nel 1944-46 Acquabella – Ortica Baraccopoli di via Marescalchi e la Basilica dei Santi Nereo e Achilleo Acquabella – Ortica Baraccopoli di via Marescalchi, 1945-50 e Basilica dei Santi Nereo e Achilleo Acquabella – Ortica Baraccopoli di via Marescalchi, 1945-50
Tra il febbraio e il giugno del 1950, nella baraccopoli di via Marescalchi, venne girato da Vittorio de Sica il capolavoro del neorealismo “Miracolo a Milano”.
Il film si sviluppa come una favola e ha per protagonista un ragazzo orfano che sogna un mondo dove «Buongiorno voglia davvero dire buongiorno». Finirà per fare amicizia con alcuni barboni, si fidanzerà con Edvige e sarà lui a guidarli nel finale in una piazza del Duomo affollata di netturbini a cui ruberanno le scope per volare via a cavallo delle stesse, verso quel paese immaginario tanto desiderato. La scena di questo “decollo” ha ispirato a Steven Spielberg la scena dei ragazzini su biciclette volanti nel film E.T.
Molte foto vennero scattate all’epoca da Federico Patellani che riportiamo qui di seguito.
Acquabella – Dopoguerra, dietro viale Argonne – SS. Nereo ed Achilleo Acquabella – Ortica Baraccopoli di via Marescalchi, fine anni 1945 foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani foto di Federico Patellani Ortica – Anno 1940 uomo a cavallo che traina un carretto a ridosso della Basilica dei Santi Nereo e Achilleo
Sul finire degli anni ’40 le baraccopoli furono però occupate man mano da nuovi immigrati meridionali e lo stesso accadde con le case minime e con le case provvisorie. Le baraccopoli vennero sgomberate d’imperio nel 1950 e demolite negli anni successivi.
1945-47 Acquabella – Viale Argonne e Piazzale Susa anno 1956 al centro le casette degli sfollati di guerra 1947 1958-59 1960
Per alcune di queste “casette” provvisorie, il Comune fu obbligato anche a murare porte e finestre e a demolirle tra il 1961 e 1962 per bloccare le occupazioni abusive.
Tracce delle baracche (non più abitate da tempo) rimasero fino ai primi anni ’70 nel rettangolo compreso fra la scuola media Pascoli (piazza San Gerolamo) e la via Don Carlo S.Martino.
Informazioni: Storie di Milano Blogspot; AA.VV., Milano in guerra, 1979; storiadimilano.it; ringraziamo Paolo Motta e Skyscrapercity
complimenti per l’articolo, davvero molto interessante
Che storia… non sapevo.
molto interessante! conosco bene la zona “oggi” non avevo idea di cosa ci fosse appena ieri.
Vorrei fare una sola precisazione.
Il film “Miracolo a Milano” non fu girato nella baraccopoli di via Marescalchi ma nello spazio ben piu’ ampio all’altezza di via Valvassori Peroni come si puo’ evincere dalla cupola della basilica di S. Nereo-Achilleo che appare in alcune inquadrature molto in lontananza (se si fosse trattato di via Marescalchi sarebbe apparsa di dimensioni ben maggiori).
Pasquale Speciale
grazie per questa testimonianza interessantissima e per le preziose foto
Non ci sono foto delle baracche di piazza Durante??? Io vivevo sulla piazza,ho avuto amici che ci hanno abitato e mi piacerebbe rivedere foto dell’epoca.