Alla Ghisolfa, proprio di fronte alla chiesa del Santo Spirito, in via Delfico 33 si trova un magazzino all’interno di un cortile. Il magazzino ora è sede della International Food SRL, ma entrando nel cortile ci si imbatte in uno strano mondo fatto di sculture dall’aria familiare.
Subito dopo l’ingresso ci si imbatte in un leone alato, o di San Marco simbolo di Venezia. La figura sembra molto familiare.
Guardandosi attorno, però, si nota che non si tratta dell’unica scultura presente nel cortile. Infatti sul lato opposto una lupa romana con tanto di Romolo e Remo funge da contraltare.
Pezzi di vaso, e cornicioni si trovano sempre nel cortile, ma ad attirare l’attenzione è un altro grande animale scolpito che si mimetizza tra le baracche di un ristorante e un magazzino in fondo al cortile. Quest’altra figura ricorda veramente qualcosa di più familiare. Si tratta della copia di uno dei due leoni presenti a chiusura delle arcate della grande copertura dei binari della Stazione Centrale di Milano.
Ed è qui che ci si rende conto che le sculture o parte di esse, sono le stesse che troviamo nella monumentale Stazione Centrale. Infatti se, trovandoci davanti all’edificio della stazione, facessimo caso alla parte superiore delle facciate laterali troveremmo, verso piazza Luigi di Savoia, il gruppo scultoreo della lupa simbolo di Roma e su piazza Quattro Novembre quello del Leone di San Marco di Venezia (ci sono anche il Toro di Torino e il Grifone di Genova), gli stessi che troviamo nel cortile alla Ghisolfa.
Come mai queste sculture abbandonate in questo cortile?
All’inizio del Novecento qui, all’estrema periferia di Milano, tra le ferrovie che si erano inghiottite il piccolo borgo della Ghisolfa, vi erano dei laboratori, uno dei quali apparteneva allo stabilimento artistico industriale per lavori in cemento di Domenico De Grandi, uno degli scultori incaricati per decorare la grande stazione.
Per le sculture da realizzare per la Nuova Stazione Centrale di Milano, progettata da Ulisse Stacchini architetto fiorentino (stazione che ebbe una gestazione difficile e tormentata; il bando nel 1906, ma espletato solo nel 1911-12, con l’avvio dei lavori nel 1925 e conclusisi nel 1931 con l’inaugurazione), la ditta De Grandi si aggiudicò l’appalto per le sculture dopo interminabili polemiche, infatti inizialmente la gara fu vinta con forza dalla società Chini con un ribasso irregolare.
Oggi le sculture decò in cemento sono abbandonate e ammonticchiate come semplici pietre in un deposito. Probabilmente erano state realizzate come prove o altro da mostrare allo Stacchini e rimasero nel deposito della società, poi trasformata in altre funzioni sino a diventare un magazzino di frutta e verdura.
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Bellissime , un peccato vederle così , se poi penso alla mano a è al piedone di city life mi viene da piangere , anche perché nelle vasche lo stile é quello
Sono tanti i ” depositi ” dimenticati dove giacciono non solo progetti , ma anche opere originali ! Una trascuratezza che non mi aspettavo da Milano….. I giovani studenti di Belle Arti potrebbero essere occupati alla preservazione e riordino no ?