Nei mesi scorsi, prima dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, il Comune ha posto mano al restauro di uno dei luoghi più suggestivi e forse, romantici, di Milano, il Ponte delle Gabelle a Porta Nuova.
Il Ponte delle Gabelle per secoli è stato il punto d’accesso a chi proveniva, navigando sulla Martesana, da nord, dopo la costruzione delle mura spagnole a partire dal 1546-1560. Questo, naturalmente, sino a quando questo tratto di naviglio della Martesana non venne intombinato tra il 1929 e il 1930 contestualmente all’interramento della Cerchia dei Navigli.
Il ponte era posto sulla strada di circonvallazione che costeggiava i Bastioni di Milano, ed era il punto dove veniva esatto il dazio, su barche e merci trasportate, le famose “gabelle”, per proseguire lungo il naviglio e entrare in città.
Il Naviglio della Martesana giungendo da Nord Est, percorrendo l’odierna via Melchiorre Gioia, in questo punto sottopassava le mura, dove qui veniva chiamato “el tombon de San Marc“, chiamato così per il gran numero di suicidi che si verificavano quando il naviglio era in attività, e uscendone incontrava la leonardesca Conca dell’Incoronata (restaurata nel 2015). Proseguendo per via San Marco, giunto all’altezza dell’odierna via Montebello, il naviglio cambiava nome, da Martesana prendeva il nome del quartiere di San Marco, incontrava il ponticello detto dei Medici, dal nome del palazzo contiguo, dove si trova ancor oggi il Corriere della Sera, e si apriva nel laghetto di San Marco, dove si scaricavano le merci che non dovevano percorrere la Cerchia dei Navigli con destinazione la Darsena di Porta Ticinese.
Il bel Ponte delle Gabelle si presenta ancora oggi nella sua semplice bellezza d’altri tempi. Una struttura in pietra (ceppo lombardo) forma i due archi d’ingresso, una fronte verso via San Marco e una verso via Melchiorre Gioia e viale Monte Grappa, mentre il tunnel a botte è stato realizzato in mattoni pieni.
Per permettere la discesa dalla strada superiore, i Bastioni di Porta Nuova, con la sottostante via San Marco, a lato dell’arco si trova una scalinata in granito ancora dal sapore antico, una delle poche “scalinate” in questa città abbastanza piatta.
I restauri hanno comportato la pulizia dei materiali e la loro messa in sicurezza, mai ce ne fosse stato bisogno.
Ma la ringhiera dipinta di giallo è filologicamente corretta?
Ho dei seri dubbi… i colori storici sono il verde scuro (modello vedovelle) o al massimo il grigio scuro
E’ sempre stata gialla, scrostata, ma gialla. Forse dipinta così negli anni Cinqiuanta?
Anche per me quel giallo così violento è un pugno nell’occhio. Incomprensibile…
Il colore giallo è il suo originale. Lo ricordo da quando ero piccolo.