Progettare la logistica: la nostra visita al Polo di Piacenza

Urbanfile negli anni ha sempre concentrato la propria attività sul mondo delle città. Ci siamo resi conto, soprattutto con i grandi cambiamenti degli ultimi anni, che i centri urbani vivono e si trasformano non solo grazie agli interventi che li interessano direttamente, ma anche con una migliore gestione e progettazione di quel che serve a far funzionare al meglio le città.

Ci siamo chiesti, in particolare, quali siano i criteri con cui vengono progettati i grandi poli logistici da cui partono le merci. Abbiamo avuto l’opportunità di visitare il grande Polo Logistico di Generali a Piacenza, probabilmente il più strategico sul territorio nazionale come posizione.

Il polo si trova in una zona di grande connettività, nei pressi di due autostrade, quattro strade statali, una tangenziale e uno snodo ferroviario.

La costruzione è iniziata nel 2004 e, nel complesso, prevede una superficie di 470.000 mq di cui circa 130.000 ancora da costruire.

Tra il 2008 e il 2018 sono stati costruiti e consegnati i complessi T2 , T3 e T4. Ora è in corso di sviluppo il complesso T1.

Il lotto T2 è stato costruito e consegnato in tempi record: lavori iniziati a ottobre 2017 e consegna a luglio 2018, tenendo conto anche delle specifiche richieste in tema di sicurezza e di personalizzazione degli spazi.

Come accaduto in molti cantieri, il complesso T1 ha subito dei ritardi per la mancanza di materie prime dovuta alla crisi covid e rallentamento degli approvvigionamenti, ma si prevede comunque che sia consegnato entro l’estate 2022.

I capannoni dei poli logistici possono apparire tutti molto simili, ma in realtà ci hanno spiegato che esistono anche qui vincoli paesaggistici e una direzione artistica. Ad esempio, per questo spazio è stata necessaria un’autorizzazione specifica poiché il complesso si affaccia su un canale ritenuto rilevante dal punto di vista paesaggistico.

Per le pareti esterne si è pensato quindi all’uso dei colori – 3 tinte degradanti- per dare omogeneità al progetto e migliorare l’impatto visivo.

Ma come assorbe il territorio la creazione di un polo logistico?

Qui nello specifico il terreno era prevalentemente agricolo: con il Comune di Piacenza è stata realizzata una convenzione che riguarda le opere di urbanizzazione primaria e una valutazione approfondita di impatto ambientale. Il polo è inoltre predisposto con binari ferroviari: si attende il collegamento da parte di RFI per completare anche questo tipo di accesso, sicuramente più interessante dal punto di vista ambientale. 

Prima della costruzione sono stati realizzati tre tipi di indagine:

– analisi del terreno, che però non presentava particolari problemi in quanto agricolo
– una bonifica bellica (il territorio nella seconda Guerra mondiale è stato teatro di scontri)
– una verifica archeologica 

Uno degli aspetti che ci è parso più interessante riguarda il tema del riscaldamento: l’impianto funziona a pompe di calore o fotovoltaico e l’energia prodotta viene consumata prevalentemente in loco. In tempi recenti è emersa la possibilità di utilizzarla anche in altre proprietà del gruppo Generali (circa il 90% dell’energia utilizzata dal Gruppo Generali, anche se non prodotta direttamente, è prodotta da fonti rinnovabili).


Nel polo logistico è presente anche una vasca di laminazione che raccoglie le acque piovane per garantire il regolare deflusso delle acque del polo verso l’esterno.

Insomma, abbiamo scoperto che anche gli edifici destinati alla logistica vengono progettati con altissima cura e con criteri sempre più evoluti per quanto riguarda efficienza energetica, impatto ambientale, sicurezza e, perché no, estetica.

Info e approfondimenti http://www.polologistico.it

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

6 commenti su “Progettare la logistica: la nostra visita al Polo di Piacenza”

  1. Ecco, questo è il consumo di suolo che andrebbe fortemente disincentivato e che sta erodendo la poca campagna che ci è rimasta.

    Costruiamo ancora capannoni, con i loro parcheggi, strade di collegamento, raccordi stradali vari. Siamo un paese in declino demografico che sarà particolarmente esposto ai cambiamenti climatici ma continuiamo a fare gli stessi identici errori del passato, felici e contenti.

    Non ci rendiamo conto che ai nostri figli lasceremo un ambiente fortemente compromesso e impoverito. Ma chissene frega, leggo dall’articolo che il colore di questo mostro è stato attentamente studiato per integrarsi con l’ambiente.. se basta questo per mitigare l’impatto andiamo bene…

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  2. Che poi la Lombardia è letteralmente piena di aree industriali abbandonate, perché non occupare quelle prima di distruggere preziosi campi agricoli?

    Poi ci lamentiamo, a Milano, se costruiscono sul costruito. Sono questi gli scempi da condannare. Quanto terreno dobbiamo ancora sacrificare per farne orrendi capannoni e parcheggi?

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