“Fra il corso di Porta Tosa e la via di San Pietro in Gessate s’alza un’isola di squallide case, ammasso di muri, vasto ed informe, forato qua e là da una vera carie di anditi occulti, di tramiti, di sottoportici. Ivi serpeggiano certe viuzze nascoste, note soltanto agli oscuri abitanti del borgo. Ivi si trova il vicolo Incarnadino, il vicolo Bindellino, il vicolo Colonnetta, il vicolo Bissati. C’è da scommettere che fra tutti i nostri lettori non ve n’abbia uno il quale conosce questi reconditi siti della Suburra milanese, ed è perciò che li accenno. Per chi da segreta vaghezza è spinto verso le strade poco battute, alla cerca dell’ignoto e del buio, il vicolo Bindellino è inapprezzabile. Lungo, stretto, tortuoso come lo indica il nome, rassomiglia a un bindello arruffato; certa cale di Venezia, certo viottolo di Genova, la ” rue de trois canettes ” di Parigi sono parenti di questo vico remoto sulla cui calce il salnitro, bizzarro ornamentista, disegna frange e festoni.
Sovente le più liete creature s’accolgono fra le più fracide cose; ogni carie è un nido: sul fracido tumulo corre il dorato coleottero, sul fracido ramo canta l’usignolo e il menestrello dorme nel fracido tugurio […]” Arrigo Boito, letterato, librettista e compositore italiano (1842 – 1918)
3 – Vicolo Bindellino (così chiamato per una fabbrica di nastri)
4 – Il Vicolo Incarnadino
Il nuovo assetto di Corso di Porta Vittoria (fino ad inizio secolo un po’ defilato confrontato coi più glamour e interessanti corsi di Porta Venezia, Nuova o Vercellina), prevedeva una totale conversione di classe per gli stabili lungo il corso. Oramai le casette vetuste e mal frequentate del piccolo borgo non corrispondevano alle esigenze di una Milano proiettata al lusso e ad essere una città internazionale. Così vennero demolite le vecchie casupole e al loro posto sorsero tre blocchi, inizialmente realizzati in stile eclettico, poi seguite dai due grandi palazzi incuneati tra il Corso di Porta Vittoria e la Via Cesare Battisti e separati da una viuzza, il tutto in un ibrido di stile tra l’Art-Decò e il Babilonese. Il resto del blocco venne ultimato e trasformato nel dopoguerra con nuovi palazzi che poco hanno a che fare col contesto.