Ci siamo… il Teatro di Burri dopo trent’anni è tornato al suo posto. Proteste, petizioni, social network, sit-in per fermare la sua ricostruzione ed eccoci ora con il “mostro” piantato nel mezzo del parco Sempione.
Facendo le somme dei favorevoli e dei contrari vincono di sicuro quelli che lo odiano e non ne sentivano la mancanza. Onestamente devo dire che a me tutto sommato non spiace, da piccolo adoravo salirci sopra e un po’ mi incuriosiva, così come le vicine sedie inglobate nel cemento dell’opera Accumilazione Musicale con Seduta di Arman. Come molti temevano, la paura che interrompesse il “cannocchiale” prospettico Castello-Arco della Pace non c’è stata, come ricordo benissimo pure io (ad essere obbiettivi c’è un albero che invade la prospettiva più del teatro).
Perché la giunta comunale lo ha voluto così tanto? Perché alla gente non piace?
L’aver demolito l’opera (bella o brutta che sia) è sempre un segno incivile e miope (con le dovute proporzioni, un po’ come sta facendo l’Isis in Siria), quindi quello compiuto dal Sindaco lo si potrebbe pensare come uno dei pochi segnali di civiltà e cultura in questa città spesso miope e smemorata (stessa sorte era toccata all’Alba di Milano, l’opera dell’architetto londinese Ian Ritchie che è stata installata per un breve periodo di tempo innanzi alla Stazione Centrale di Milano, in Piazza Duca d’Aosta, alta 30 metri, pesante 75 tonnellate e realizzata con 120 chilometri di fibre ottiche non piacque mai a nessuno e venne rimossa nel 2001 dopo solo un anno di vita).
Divenendo parte integrante del Parco, l’opera si offrirà come macchina scenica sempre predisposta per l’uso, libera sede, nel cuore di Milano, sia per attività e spettacoli artistici, sia per un utilizzo indipendente da parte di ognuno.
Con quest’opera Burri esprimeva il proprio vivo interesse per il teatro allargando la nozione di scena allo spazio urbano e manifestava una decisa consonanza rispetto alla temperie culturale del momento, caratterizzata da una domanda di socialità e di condivisione e dalla tendenza a spostare l’operatività artistica dallo spazio deputato al contesto pubblico. L’opera torna ora a far parte del patrimonio culturale e civico della città e ritrova il suo senso e il suo valore storico e contemporaneo. Staremo a vedere.