Dopo il restauro esterno (durato un po’ troppo secondo noi), ecco i rendering pubblicati da L22 che firma il progetto di restauro e rifunzionalizzazione degli ex caselli daziari dell’Arco della Pace, in Piazza Sempione, mettendone in luce lo scenario affascinante. Il recupero degli edifici, ripensati per le diverse destinazioni d’uso della cultura alimentare, dell’arte e del territorio, è coerente con lo sviluppo della città orientato alla riqualificazione e alla valorizzazione delle sue peculiarità.
Completati il restauro delle parti esterne monumentali e lo strip out, sono stati avviate le opere di restauro e di rifunzionalizzaione degli spazi interni, che porteranno alla rinascita dei caselli per la primavera 2017.
All’Arco della Pace, progettato da Luigi Cagnola in piena euforia napoleonica, sorgono i piccoli edifici gemelli degli ex caselli daziari. Voluti alla fine del Settecento quando a Milano si era resa necessaria una nuova organizzazione, i caselli avevano la funzione di dogana per il pagamento del dazio e, attraverso di essi, si accedeva all’interno del perimetro della città.
L’Arco della Pace insieme ai caselli costituisce un complesso edilizio unitario che si configura come
una vera porta della città anche in relazione alla sua scenografica collocazione urbana: si trova infatti in
asse con il Castello Sforzesco da cui era separato dalla grandiosa piazza d’armi fino alla realizzazione del Parco Sempione.
Nel 2014, l’agenzia del demanio ha aggiudicato la concessione d’uso e di valorizzazione a titolo oneroso ai fini della riqualificazione e riconversione degli ex caselli daziari in piazza Sempione a Pessina Costruzioni.
La società ha incaricato L22 di svilupparne il progetto di rifunzionalizzazione attraverso il totale restauro
e risanamento conservativo, per la salvaguardia
e conservazione degli elementi storico-artistici, architettonici e ambientali.
Questo il motore del progetto di riconversione firmato da L22.
Il casello di Levante diventerà il polo destinato
alla divulgazione e sperimentazione della cultura alimentare, dedicato alla ristorazione e agli eventi legati al food.
Il casello di Ponente, ripensato per ospitare eventi
per la valorizzazione delle eccellenze di Milano e della Lombardia, sarà il polo di diffusione dell’arte e della cultura del territorio.
La proposta per il restauro e il riuso dei caselli daziari si ispira direttamente alla genesi del progetto Valore Paese-Dimore dell’agenzia del demanio, cioè all’idea di promuovere l’eccellenza italiana – paesaggio, arte, storia, musica, moda, design, industria creativa, enogastronomia – e potenziare l’offerta turistico- culturale e lo sviluppo dei territori.
Uno sarebbe potuto diventare una sede teatrale magnifica, un gioiellino per concerti, conferenze, eventi. La vetrata al colonnato mi sembra un insulto all’ idea di neoclassicismo. Un tesoro di Milano rivisitato in chiave autogrill! Evvai.
Mi sembra un’ottima iniziativa invece.
Neoclassicismo si, ma non stiamo parlando del Canova però.
Ne di casina valadier…
Ma di vecchi edifici per la dogana delle merci in stato di abbandono.
Vedi la vergogna di piazza 5 giornate.
Si’ certo sono strutture minori ma non per questo da “sfregiare”. Per come la penso io, o l’intervento doveva davvero preservare l’originale con un utilizzo culturale degli spazi, oppure proporre un vero e coraggioso sfregio : es. insegne al neon fluo, sopralzi, vernice fucsia/zebrata per le facciate, ledwall fuori e dentro, ascensori panoramici sui 4 i lati, un ponte tra i due caselli e l’arco, fare una torre in vetro e acciaio sopra i tetti, …e meglio che mi fermo! Berlino ha la porta di Brandeburgo e il Reichstag. Tradotto: a Berlino hanno sempre le idee chiare su tutto – che diventano giustamente cartolina della città! 😉 E’ vero che mancano i soldi, ma mancano pure le idee, peccato !
O signur signur.
Si capisco la provocazione.
Non è che Milano mancano le idee ma manca il coraggio delle idee.
Infatti, ed è come una spirale negativa verso il basso.
Si è spaventati del cambiamento.
Come ai vecchi quando gli cambi la televisione.
Non si ritrovano più con il nuovo telecomando.
Però c’è un però.
Milano sta cambiando nonostante lo spirito bauscista che vorrebbe sempre l’eterno ritorno dell’identico.
Poi Milano è entrata in crisi proprio quando ha incominciato a sclerotizzarsi e sedersi sulle proprie glorie.
Come se esse non avessero bisogno di un rinnovo continuo e perpetuo.
Cosa che hanno fatto Germania,Spagna, Francia (meno).
Il rinnovo continuo, e sono diventate centri attrattiva mondiale.
@ WF
stiamo parlando di classe dirigente italiana vero? Se sei Olivetti o Ferrari passi alla storia, ma se sei e se vuoi restare il Sür Brambilla, ti costruisci al massimo una villetta in Brianza e regali alla moglie la pelliccia, un indotto c’è pure nel secondo caso sia chiaro. Comunque nella Globalizzazione la piccola Milano e il piccolo Brambilla non ce la fanno. Per fortuna che arrivo’ un giorno l’Expo a chiarire che bisognava cambiare necessariamente il passo. ( e pensare che c’era chi on lo voleva affatto)… Basta, ora taccio perchè mi sto diventando monotono! 🙂
Si infatti.
Purtroppo però quellitalia li ha inquinato la cultura economica.
Col basta che ho avuto successo negli anni 50 e 80 allora ho sempre ragione io a far impresa,economia e ideologia come ho sempre fatto che va bene per sempre e il mio modo di fare anche dopo globalizzazione.
Vediamo tutti i risultati. Purtroppo.
Bisognerebbe tornare a Ferrari, meno arroganza ideologica e più coraggio delle idee.
Ci salveranno i millennials che non sono inquinati ideologicamente e mentalmente.
Ormai sembra che in Italia non si possa fare nulla che non contempli in qualche modo uno spazio per il “food”. Forse sarebbe il caso di prendere atto che l’EXPO è finito e voltare pagina.
Ma stai scherzando vero?!
Cioè dopo expo e con l’italia che è famosa in tutto l’universo conosciuto per il suo cibo. Le sue peculiarità. Il richiamo internazionale e l’effetto traino di Expo e le tematiche del cibo…
Tafazzi si tirava le bottigliate…
Abbiamo fatto tanto per attirare i turisti.
Dai su mettiamo altri mutandari e gioiellari per gli sceicchi richkids.
Non è abbastanza snob il cibo plebeo?
Forse sarebbe il caso di prendere atto che il “food” (ma non possiamo chiamarlo cibo? o enogastronomia?) è uno dei tre motori del Made in Italy nel mondo, le famose 3 F (le altre sono Furniture e Fashion e qualche spiritoso ci aggiunge una quarta F che vi lascio immaginare cos’è) però il nostro export agroalimentare vale la metà di quello della Francia e perfino della Germania. Tradotto: ci sono ancora margini di crescita enormi, il che per un paese che crescerà quest’anno del +0,9% se va bene, è come acqua nel deserto.
EXPO è finito come evento ma non è affatto finito come effetto. Grazie a EXPO tutti nel mondo quando pensano al cibo italiano pensano a Milano. Gli operatori di tutto il mondo vengono a Milano apposta per vedere come sono fatti i ristoranti, i bar e i negozi qua da noi (lo so per esperienza diretta perché lavoro nel turismo e nell’ospitalità e li incontro un giorno sì e uno pure). I visitatori professionali sono una quota importante di quel +14% di arrivi che abbiamo fattpo l’anno scorso e stiamo manetenendo quest’anno e il Comune fa benissimo a puntare sui punti di forza della città.
In una città intelligente si farebbe un’analisi di marketing e un piano strategico che valorizzi i punti di forza (design, moda e appunto cibo) A TUTTO CAMPO (dagli eventi all’offerta turistica giù giù fino alla cura della qualità urbana). Da noi si va un po’ a spizzichi e bocconi , un pezzo qua e uno là, ma meglio di niente.
Se penso al cinema che fanno i catalani con la loro cucina (hanno addirittura fatto una petizione per farla riconoscere dall’Unesco) giusto perché hanno 4 ricette in croce e i fratelli Roca… immagina che circo metterebbero su a Barcellona se avessero la NOSTRA cucina.
Ergo avanti così, Milano offre tantissimo d’altro, se a te non piace, non andrai lì andrai da un’altra parte.
Ooo che bel commento.
Finalmente.
E argomentato.
La chiave non è promuovere il cibo.
Ma promuovere Milano ATTRAVERSO il cibo.
E non per gli ITALIANI ma per i visitatori stranieri.
E tramite il cibo far venire e muovere la città tutta.
Molto chiaro.
ll l nostro export agroalimentare vale la metà di quello della Francia e perfino della Germania. Tradotto: ci sono ancora margini di crescita enormi, il che per un paese che crescerà quest’anno del +0,9% se va bene, è come acqua nel deserto.
EXPO è finito come evento ma non è affatto finito come effetto. Grazie a EXPO tutti nel mondo quando pensano al cibo italiano pensano a Milano. Gli operatori di tutto il mondo vengono a Milano apposta per vedere come sono fatti i ristoranti, i bar e i negozi qua da noi
Ci tenevo a sottolineare questi concetti.
Direi inoltre che bisogna inserire e integrare le altre due assi internazionali.
Piacere e cultura.
Quindi cartelloni di mostre, musei, concerti, teatro, spettacoli in un planning cittadino e coordinato per offrire quasi un cartellone unico della città da proporre all’estero.
Milano in Agenda, lo chiamerei.
Tradotto in inglese, tedesco, spagnolo, francese.
Milano a la carte tutto l’anno, come destinazione culturale e gastro culturale d’Europa (e usa,Cina, Giappone, etc)
Meglio ristrutturati che abbandonati!
Temo che diventeranno insignificanti contenitori di niente come quelli di Porta Ticinese, ma non è certo facile farci qualcosa di innovativo in mezzo a quella Piazza…
Piuttosto spero abbiano degli ottimi WC, che in zona servono molto, specie la sera.