Nella primavera del 2021 il Museo del Novecento di Milano ha visto riaprire al pubblico, dopo i lavori di riallestimento iniziati nel 2017, la Galleria del Futurismo, l’area del Museo in cui è esposta la collezione di opere del movimento artistico nato all’inizio del XX e che a Milano ha segnato un periodo storico molto importante.
Nel lungo salone famoso per le 17 colonne in marmo, sono stati eliminati i tramezzi in corian voluti dal primo allestimento del 2010 che separavano la sala in più settori. L’intero salone è stato quindi dedicato interamente al Futurismo, dove sono esposti i Manifesti Futuristi e lavori su carta di Antonio Sant’Elia e Giacomo Balla ma anche una videoinstallazione che racconta il clima sperimentale dei primi trent’anni del Novecento, con estratti di cinema futurista. Seguono poi le opere di Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini e altri artisti dell’avanguardia, esposti secondo un criterio sia cronologico sia tematico; a questi capolavori già presenti nella raccolta, sono stati aggiunti anche quelli della collezione Antognini Pasquinelli, quattro dipinti esposti per la prima volta in questa occasione: Crepuscolo di Boccioni, Paesaggio toscano di Severini, Velocità d’automobile + luci di Giacomo Balla e un ritratto di Mario Sironi, Figura futurista (Antigrazioso). La scultura famosa, Forme Uniche della Continuità nello Spazio di Boccioni è stata posta a concludere la lunga sala dedicata al periodo del Futurismo. Dobbiamo dire allestimento molto bello e più “spazioso” per una collezione che merita veramente.
Dobbiamo dire anche una cosa che a molti è sconosciuta o dimenticata, ovvero la presenza, proprio dietro la parete che chiude la Galleria delle Colonne e dietro alla scultura di Boccioni, di un affresco realizzato dal pittore Luigi Filocamo (1906-1988) a decoro dello salone qui presente prima dell’intervento di Italo Rota che rappresentava Milano Romana e realizzato nei primi anni del 1940. Affresco eseguito per buona parte, ma lasciato incompiuto per gli eventi bellici già nel 1943.
Forse, anche come testimonianza, lo si poteva riportare alla luce e lasciarlo esposto, certo non appartiene al futurismo, ma rappresenta un pezzo di storia di Milano. (qui di seguito un nostro fotomontaggio che mostra come apparirebbe se esposto)
L’affresco rappresenta l’incontro tra Sant’Ambrogio e l’imperatore Teodosio, che si inginocchia davanti a lui. Sullo sfondo, Filocamo realizza una visione immaginaria della Milano Romana in epoca ambrosiana, con citazioni di monumenti ancora esistenti (San Lorenzo Maggiore, le Colonne antistanti la Basilica stessa) e altri scomparsi, quali l’Arena Romana a forma di Anfiteatro e la Via Porticata. L’affresco parzialmente compiuto oggi non è visibile in quanto, nel realizzare il Museo del ‘900, è stato deciso di occultarlo dietro una finta parete in fondo al lungo ambiente a colonne marmoree al primo piano anche perché venne deciso di eliminare lo scalone per allestire meglio gli spazi mussali del nuovo museo.
La prospettiva rappresentata nelle foto qui di seguito, con lo scalone originale, oggi non esiste più, essendo stato fortemente manomesso per ospitare il museo. L’edificio dell’arengario venne progettato a più mani e in vari periodi a causa anche della Seconda Guerra Mondiale. Fu infatti costruito tra il 1936 e il 1956 su progetto degli architetti Portaluppi, Muzio, Galmanini, Magistretti e Griffini e decorato in facciata con bassorilievi di Arturo Martini.
Qui sotto due brutte immagini che mostrano il cantiere per il museo del Novecento e la copertura dell’affresco.
Qui di seguito invece, si può vedere il bozzetto eseguito per l’affresco da realizzare nell’Arengario ma lasciato incompiuto per gli eventi bellici. Tempera su tavola, cm 55 x 84. Il dipinto è firmato in basso a destra dal Filocamo e fu esposto nel 1945 in una mostra presso la Galleria d’Arte Italiana di Milano, via Agnello 23 (etichetta sul retro). Il bozzetto rappresenta la stessa scena in versione approssimativa e presenta una quadrettatura per essere riprodotto poi in scala sulla parete dell’Arengario. Le foto sono state condivise su Facebook da Francesco Paolo Del Re.
Referenze immagini: ph. Margherita Gnaccolini per Artribune,
Info: Alessandro Fortuna, Francesco Paolo Del Re
Arte, Cultura, Museo del Novecento, Museo del’900, Futurismo, Galleria delle colonne, Duomo, Luigi Filocamo, Arengario
Un vero peccato sia stato coperto in qualche modo è stata fatta una scelta che assomiglia più a una censura…
Ma dai, censurare cosa, un arco di trionfo, un santo e un centurione? Mica c’era il ritratto di Mussolini.
La censura non c’entra niente, è una scelta museale, discutibile finché si vuole, ma legittima.
Personalmente anch’io l’avrei tenuto in quanto testimonianza storica, ma diciamoci la verità: non è certo un capolavoro e, come si vede bene dalle simulazioni di UF, lasciato a vista distoglierebbe l’attenzione dalla scultura di Boccioni, che è il punto focale della prospettiva.
Non sarà censura, ma il Museo del Novecento continua a non convincermi del tutto: a fronte di una collezione fantastica e di alcune scelte strepitose (l’allestimento dei Fontana lascia a bocca aperta anche all’ennesima visita), non sono mai riuscito a “digerire” la sala delle colonne, così come quelle di De Chirico e Morandi. Mi auguro che la prossima – non vedo l’ora! – addizione della parte restante dell’Arengario spinga verso scelte migliori di allestimento, sempre che non siano però stile ultima moda ovvero un’opera-una stanza.
Come spesso succede si vuole cancellare parte del passato credendo che il presente sia migliore. Succede ovunque..come credere di rendere straiordinario il salone napoleonico di brera coprendo gli splendidi lucernari che davano luce e un tocco di eleganza ad un salone ora spento..non sempre le innovazioni sono dei miglioramenti .ma si di pensa di acquistare gloria se si fanno..
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Sempre liberi di esprimere un’opinione, ma dietro un allestimento ci sono persone che hanno studiato museografia e poi lavorato anni su questi temi, quindi tenderei a fidarmi del loro giudizio rispetto all’affresco, che come scritto poco c’azzecca, è di qualità discutibile e insomma, non sembra meritare tanto rilievo nell’allestimento, con buona pace di Filocamo (…).