Milano | Scali Ferroviari: verde e sostenibilità

Come ormai noto, la proposta che ha vinto il concorso per gli Scali Farini e San Cristoforo è quella denominata “Agenti climatici”, frutto della collaborazione tra OMA, Laboratorio permanente, Vogt Landscape, Net Engineering e Tempo Riuso.

All’interno di questa compagine Arcadis Italia ha curato gli aspetti ambientali e di sostenibilità che analizziamo con questo articolo.

La proposta prevede due nuovi dispositivi ambientali: il primo, verde, dato da un grande bosco lineare nello Scalo Farini in grado di raffrescare i venti caldi provenienti da sud-ovest e di depurare l’aria (Limpidarium d’aria); l’altro, blu, che prevede un lungo sistema lineare nell’area dell’ex Scalo San Cristoforo per la depurazione delle acque (Limpidarium d’acqua)

Verde e sostenibilità rappresentano il cuore del masterplan di Scalo Farini che è stato concepito come “human smart neighborhood”: un unico sistema generato dall’integrazione tra componenti naturali ed urbane, equilibrato con apporti energetici attivi e passivi ad impatto zero.

Si mettono a sistema parchi che funzionano da dispositivi ambientali, corridoi ecologici, natural gardens, bioswales e smart walls per la purificazione dell’aria.

Le aree vegetative favoriscono la biodiversità e aumentano il comfort dello spazio urbano anche attraverso thermal-bus per la climatizzazione delle piazze e percorsi pubblici.

Si è previsto un sistema di arterie per lo stoccaggio, il riuso e drenaggio delle acque per una regimentazione sostenibile delle acque meteoriche. L’energia termica può essere interamente fornita mediante una rete urbana per tele-riscaldamento e tele-raffreddamento a partire da centrali tecnologiche di quartiere alimentate da sistemi di scambio geotermico. 

Il Limpidarium d’acqua dello Scalo di San Cristoforo consiste in un dispositivo ecologico che funziona come filtro di depurazione delle acque provenienti da nord-ovest e che discendono verso il paesaggio agricolo a sud-est.

Milano nasconde una città d’acqua che si trova sulla linea dei fontanili, dove nel sottosuolo si incontrano strati geologici a differente permeabilità, le cui acque profonde riaffiorano in superficie. Questo sistema è oggi compromesso da numerosi fattori di inquinamento chimico e biologico con gravi ripercussioni sull’ambiente. 

Attraverso un processo di fitodepurazione e biorisanamento, il progetto ricrea una nuova area umida ad elevata diversità ecologica, comparabile con un ecosistema naturale, in cui piante e microorganismi assorbono e depurano elementi di contaminazione presenti nell’acqua e li trasformano in nuove sostanze nutritive. 

Prevedendo un sistema integrato di fitodepurazione, si genera una “biosfera” che, sfruttando le acque milanesi, diventa un’occasione di riqualificazione di un’area ambientalmente degradata, sia sotto il profilo naturalistico, sia sotto il profilo paesaggistico.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

29 commenti su “Milano | Scali Ferroviari: verde e sostenibilità”

  1. Ammazza che miscuglio di inglesismi e tecnicismi per dire, alla fine, che basta ovviamente rimettere le piante dove ci stavano aziende o palazzoni per migliorare una città.

    Questi progetti sono ottimi, senz’altro, ma hanno la grossa pecca di essere tremendamente sottodimensionati.

    OGGI Milano ha bisogno di aree verdi. OGGI c’è un debito pazzesco di ossigeno e di aria pulita. OGGI, con la popolazione attuale, con la struttura urbana attuale. Tra 30 anni, quando sti scali saranno a regime, Milano avrà qualche centinaio di migliaia di abitanti in più (1.4M conservativamente per la città, ma si allargherà ad includere anche Sesto – Milanosesto e altre zone in cui c’è una continuità territoriale, fino a Monza) e saremo nella stessa situazione di oggi in cui il verde è ampiamente sottodimensionato rispetto ad altre città europee e mondiali.

    Non ha senso fare “un bosco lineare” e poi far spuntare condomini da 150 appartamenti in ogni zona della città. Densificare ed accentrare le persone rende ogni spazio verde iper affollato e caotico (vedere “Biblioteca degli alberi”, dove appena esce un po’ di sole pare di stare a Rimini in agosto…).

    Rispondi
  2. Anche se vicino a Porta Nuova, Scalo Farini, così progettato, ha completamente bucato la sua funzione sociale.
    S. Cristoforo meglio solo da un punto di vista teorico. Temo diventi le paludi della morte di Milano.

    Rispondi
  3. Cerco di provare a capirci qualcosa attraverso la cortina fumogena della prosa prolissa e verbosa del comunicato stampa:

    Leggo: “Il Limpidarium d’acqua dello Scalo di San Cristoforo consiste in un dispositivo ecologico che funziona come filtro di depurazione delle acque provenienti da nord-ovest e che discendono verso il paesaggio agricolo a sud-est.”

    Tradotto cos’è? L’impianto di depurazione acque del deviatore dell’Olona che guarda caso viene da Settimo Milanese a Nord Ovest e si immette nel Lambro meridionale a sud-est e passa proprio di li?

    Non ci sarebbe niente di male (i tratti a cielo aperto sono non del tutto profumati al momento), ma perchè non dire le cose chiare?

    Rispondi
  4. Una domanda per voi di Urbanfile: ma i progetti che han partecipato al concorso per il masterplan ma non hanno vinto, non sono stati resi pubblici?

    Al di la del mio interesse personale come (fedele e felice) utente di un sito di architettura come questo, credo che anche come cittadino di Milano avrei avuto interesse alla massima trasparenza e visibilità di tutte le opzioni sul tavolo per la trasformazione delle aree.

    Capisco che non era un “referendum” e che non si voleva aprire un dibattito sulla migliore soluzione, ma dopo anni di incontri, tavoli, percorsi partecipati, mostre di progetti preliminari e giochi coi pennarelli nello spazio vicino alla passarella Biki (avevo partecipato…), il Comune aveva forse una specie di obbligo morale di farci vedere nei dettagli anche i progetti scartati!
    Cosa ne pensate?

    Rispondi
    • per san cristoforo
      quel tratto è interessato lavori m4 quindi fine lavori senza ritardi fine 2023 inizio 2024 più progettazione e realizzazione ponte senza ritardi fine 2024 inizio 2025 più scavo e implementazioni di nove bacini di cui due vasche di oltre 400 mt messa a cultura di oltre 1.5km sistemazione ex garage senza ritardi fine 2034 inizio 2035 a meno che non decidano di farci un ospedale un parcheggio un punto smistamento spostare un parcheggio camper o qualsiasi altra cosa ovviamente senza ritardi fine forse i tuoi nipoti inizio mai

      Rispondi
  5. Fedele al principio del “meglio che nulla” festeggio pure io il progetto Farini. Che persevero nel non capire: perché mai, maledizione, mantenere la cesura – e così violenta e profonda – tra due settori centrali della città senza altro tentativo di ricucire di risibili passerelle pedonali?

    La ferrovia da più di mezzo secolo è un muro di Berlino tra zona Cenisio e zona Garibaldi/Bovisa. Quale migliore occasione di collegare, ricucire, riaprire strade, vie ? Invece no.

    Col dovuto rispetto: l’unica soluzione è bordare di verde i binari sopravvissuti? Che, tra l’altro, si sarebbe potuto interrare o trincerare, date le differenze altimetriche già in essere. Invece zero.

    Non me ne capacito.

    Rispondi
    • Concordo con Renato, è incredibile come non si sia approfittato dell’occasione per sanare questa cesura di kilometri. Oltretutto in assoluta antitesi con altri documenti del Comune dove si prevede la ricucitura almeno della seconda circonvallazione in Lancetti. Come sempre la mano destra non sa cosa fa la sinistra…

      Rispondi
    • Se non ricordo male il fascio binari era proprio escluso dall’area di progetto.

      Comunque concordo che, se non si coprono almeno in parte i binari, qualsiasi progetto per l’area, per quanto bello, resterà sempre monco.

      Immagino che si tratti di un problema di costi perché coprirli costerebbe molto, e probabilmente si è rimandata la decisione a tempi migliori o più maturi.

      Rispondi
      • Vero, Islington, ma questo è proprio il limite della progettualità in Italia, ci si limita a singoli progetti, magari anche ben fatti, ma senza una visione d’insieme.

        Rispondi
      • Ha ragione Islington, purtroppo. Se leggi il bando (pag 33) i binari erano esplicitamente esclusi, con un’area di rispetto di 30 metri.
        http://www.scalimilano.vision/wp-content/uploads/2018/10/Bando_linee_guida.pdf

        Certo che si parla degli scali da 10 anni e poi decisioni come questa (di non toccare i binari) passano sotto traccia senza alcun dibattito, come se fossero marginali… Sembra un po’ una presa per i fondelli.
        Chissà quali altre potenziali “trappole” ci sono in questi accordi, di cui non ci siamo ancora accorti….

        Rispondi
    • Credo che Maran &Co presentino qualcosa in trasferta ad Oslo a breve.
      Speriamo che aver sciacquato i panni nel Mare del Nord lo aiuti a tirar fuori qualcosa di migliore di Farini. 🙂

      Rispondi
  6. quote: “Verde e sostenibilità rappresentano il cuore del masterplan di Scalo Farini che è stato concepito come “human smart neighborhood” ”

    L’espressione “human smart neighborhood” mi ha incuriosito. Nel testo è virgolettata, quindi deve essere un modo gergale di definire qualcosa di arcinoto.
    Io non l’avevo mai sentita. Si vede che sono ignorante.

    Quindi l’ho cercata come espressione su google.

    Mi ha dato 6 (SEI) occorrenze in tutto il web.

    A parte l’articolo di Urbanfile e un altro sito italiano di design che riportano quanto detto in questo articolo, ci sono 3 siti dove si parla di un progetto di CISCO per un’area legata alle Olimpiadi Brasiliane connessa digitalmente (che c’entra niente col progetto Scalo Farini) e un paper relativo a un case study della città di Nadal in Brasile dove il termine è usato nel senso di umanizzare la smart city in senso più umano creando una comunità (anche qui, cosa giusta e lodevole ma non c’entra con come l’espressione è usata nel contesto dello Scalo).

    Se si cerca “human smart neighbourhood” (cioè con neighbourhood scritto giusto, come in UK e non negli Stati Uniti), si trova un numero monografico del 2014 del Journal of Urbanism (The Human Smart Cities Cookbook), ma anche qui il contesto è del tutto diverso (e l’espressione così come riportata nell’articolo non c’è nemmeno).

    Adesso io capisco la creatività e la voglia di essere internazionali, ma se dovevamo creare un neologismo, non potevamo trovarlo in Italiano? Con tutto il rispetto qui mi sembra come quando ci siamo inventati “footing” per dire “jogging” 🙂 🙂

    Ovviamente se “human smart neighborhood” fosse qualcosa di ovvio e di uso comune per gli addetti ai lavori ma sfortunatamente non indicizzato da Google, chiedo scusa per le mie osservazioni, ma se qualcuno che lo sa mi da una bibliografia dove questa espressione esiste, gliene sarei oltremodo grato!)

    PS Lo so anch’io che un tanto al chilo tra human, smart, city e neighborhood PRESSAPPOCO dove vada a parare il discorso in qualche modo si intuisce ma anche “footing” si capisce che vuol dire “correre” ma questo non impedisce di prendere in giro chi lo dice 😉

    Rispondi
    • Dato che cercare nel Web fa parte del mio lavoro, ti confermo che a me capita spessissimo di cercare bizzarre espressioni inglesi e scoprire che sono menzionate SOLO in pagine in italiano e MAI in nessuna pagina madrelingua inglese.

      Una volta per confondere i semplici si usava il ‘latinorum’, adesso che il latino non lo sanno più nemmeno quelli che hanno studiato (spesso neanche l’italiano), si usa l’inglese, in molti casi a sproposito.

      Ho diversi amici madrelingua e ti assicuro che ridono a crepapelle quando vedono su qualche sito italiano come usiamo in maniera assolutamente fuori luogo un sacco di termini inglesi (inventati da noi). Un mio amico inglese ha riso per mezz’ora quanto gli ho parlato dei ‘navigator’ di Di Maio.

      Rispondi
  7. ma col verde si ricuce… si va da una parte all’altra piedi. Cosa c’è da non capire? O si capisce solo se il mezzo è la macchina.. su un po’ di ottimismo.
    Invidiosi

    Rispondi
    • Scusa ma hai guardato bene i rendering? In mezzo rimangono i binari… non si ricuce un bel niente.

      Per andare da una parte all’altra ci sono solo due striminzite passerelle, per il resto i due quartieri rimangono separati come oggi… è questo il punto, cosa c’entrano le macchine?

      O la tua idea è di attraversare a piedi i binari?

      Rispondi
  8. Però anche tu ci metti del tuo se mi scrivi “un paper relativo a un case study”….

    “un documento relativo a un caso studio” pareva brutto?

    😉

    Take care mate

    Rispondi
    • Touché, ma a me non mi pagano per i commenti su UF, a differenza dei copywriter che han scritto la prosa che commentavo.

      Quindi essere sloppy ci stava 🙂

      Rispondi
  9. Devono coprire sti cazo di binari almeno in 3 punti con pedane ponte a schiena dasino coun un raggio di stellatura ampio quasi orizzontali…

    Sennò non cambierà niente e avremo invece che il muro di berlino che divide una città in est e ovest, i binari di via farini…

    E a quel punto io parco per scavlacare i binari non dovrebbe essere piatto ma giocare con quote altimetriche lasciando in teincea i binari…

    Rispondi
    • E poi dobbiamo subito cominciare a stare attenti al bando di concorso dello Scalo di Porta Romana, prima che ci lascino pure li i binari a raso, con la fascia di rispetto di 30 metri. A Romana pure nel bel mezzo dell’area!!

      Rispondi
  10. Se non sbaglio erano gia’ emerse le criticita’ legate allo scalo Farini che fondamentalmente altro non e’ che un piano raffazzonato alla bell’e meglio pensato per risparmiare quanti piu’ soldi possibili nella realizzazione del parco e lucrarci sulle cubature dell’area…. Insomma un lavoro all’italiana (e specialmente alla milanese)! Quanto agli angliscismi non mi meraviglio nemmeno piu’. Praticamente ogni palazzo ormai ha un nome inglese per fare figo. Dimostra solo sciatteria linguistica e un palese (quanto ingiustificato) senso di inferiorita’ culturale degli italiani.
    Mala tempora currunt (sed peiora parantur)!

    Rispondi

Lascia un commento