Più volte abbiamo raccontato la sciatteria che regna attorno alle storiche Colonne di San Lorenzo.
L’atmosfera può essere molto bella e accattivante: sedici colonne in marmo con capitelli corinzi che sostengono una trabeazione, alte circa 7 metri e mezzo, poste di fronte ad una basilica altrettanto antica sembrano proprio la creazione di un visionario scenografo per una scena da opera.
Eppure basta guardarsi attorno e ci si accorge che qualcosa non va.
Un brutto palazzo moderno incombe da un lato, un lotto abbandonato e decadente vicino, mentre di fronte, c’è un’enorme parete cieca, il tutto davanti alle colonne romane.
Il perché di questo classico stallo urbanistico italiano è dovuto a molti fattori, come abbiamo più volte detto: negli anni Trenta del Secolo scorso venne deciso di sgomberare l’area monumentale da casupole fatiscenti da piccolo borgo e iniziarono le demolizioni; successivamente lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale bloccò tutto; la ricostruzione iniziò subito dopo i bombardamenti, ma non fu portata a termine perché avrebbe richiesto ulteriori demolizioni, così tutto rimane congelato in un limbo apparentemente d’abbandono.
Nella Milano della “rinascita” post 2000, l’impasse urbanistica viene definitivamente sbrogliata dalla Giunta Moratti che sblocca di fatto tutti quei “lotti” bloccati dal piano urbanistico ormai vecchio e desueto, così vengono rispolverati angoli perduti nella memoria della città: Palazzo Gorani, via del Bollo, Cinque Vie, Via Torino con via Lupetta e via Palla, via Giacomo Mora e naturalmente il terreno davanti alle Colonne di San Lorenzo.
Alcuni di questi “sblocchi” vengono portati a termine con successo (o meno), come via Gorani e via Torino, altri invece finiscono nell’oblio delle approvazioni della commissione paesaggio e nei paletti della Soprintendenza.
Questa è la situazione attuale alle Colonne. Almeno così pare.
Qualche anno fa vennero diffusi dei rendering che mostravano un palazzo progettato dallo studio d’architettura Degli Esposti Architetti, che avrebbe definito finalmente l’area. Sembrò persino che iniziassero anche i cantieri con le bonifiche e le ispezioni archeologiche del caso. Ma tutto pare si sia arenato. Forse era troppo moderno e inadeguato per il contesto storico in cui veniva a trovarsi.
Probabilmente la Soprintendenza e la commissione al paesaggio continuano a rigettare ogni progetto presentato dalla proprietà del terreno.
Nel frattempo lo scorso anno venne completato il piccolo edificio (civico 32) rimasto orfano dei piani superiori e che affiancava i palazzi superstiti di Corso di Porta Ticinese.
Adesso sono comparsi sul sito del Comune, dei rendering dello studio Antonio Citterio e Patrizia Viel che mostrano un nuovo palazzo (più basso) forse meno invadente, anche se ugualmente moderno. Forse si avvicina il giorno dell’approvazione?
Sicuramente è un edificio più facile da inserire, ma forse pecca anche di poca originalità, dovuto al fatto che il punto in cui si trova è decisamente delicato? Con un alto zoccolo in pietra (ceppo lombardo) e intonaco ai due piani superiori, materiali utilizzati per secoli nei palazzi storici, potrebbe avere qualche chance.
Il progetto prevede la realizzazione di interventi di completamento del tessuto edilizio storico: edifici per funzioni urbane (residenze, commercio, ecc.) e completamento degli spazi aperti destinati a verde e piazze per i servizi esistenti.
Ma ci chiediamo una cosa: in certi casi, in certi luoghi forse più che tentare nuove strade, difficili da gestire e da far accettare alla gente, non sarebbe il caso di fare come, ad esempio, fanno a Dresda in Germania?
Per chi non lo sapesse, a Dresda, città barocca disintegrata durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo decenni di degradante e umiliante abbandono, venne deciso (con un po’ di polemiche) di ricostruire a imitazione una serie di edifici nel centro storico, compresa la Frauenkirche.
Allora perché in Italia non si contempla una parziale ricostruzione di quello che c’era dov’era? Forse si risolverebbe questo stallo oramai decennale.
Prima dell’inizio degli sventramenti il Corso di Porta Ticinese davanti alle colonne era più stretto e aveva una cortina di palazzi su entrambi i lati del colonnato. I palazzi qui erano antiche case popolari uguali a molte altre lungo il corso, negozi al piano terra, tre piani superiori, balconcini, finestre e persiane.
Certo sarebbe il caso di trovare una soluzione per quest’angolo così importante. Anzitutto nascondere il brutto palazzo anni Cinquanta di Via Edmondo de Amicis 4, con alberature (che già ci sono), e completare una buona volta con l’erezione di uno stabile che si inserisca nel contesto, possibilmente con uno stile poco invadente e discreto.
In queste foto d’epoca si vedono i palazzi sul lato pari del Corso di Porta Ticinese demoliti per un piano urbanistico mai portato a compimento.
Siamo di fronte a un colonnato Romano. A mio parere in quel punto ha senso o una ricostruzione in stile o qualcosa di REALMENTE contemporaneo, come fecero Figini e Pollini per l’edificio di fianco al retro di San Satiro.
Però visto che le colonne sono tra i pochissimi resti Romani rimasti a Milano, se c’è un punto dove secondo me il Comune di Milano dovrebbe intervenire è quello, espropriando il terreno e progettando qualcosa di diverso dall’ennesimo condominio con negozi. Con un Concorso Internazionale serio e ben fatto.
L’esproprio di quel terreno credo costerebbe molto, ma se non lo facciamo li…
All’ennesimo condominio per “sciurette bene” non mi rassegno!
Sinceramente l’idea di un palazzo troppo contemporaneo in quel punto preciso non mi fa impazzire. Sarebbe bello realizzarne uno moderno che richiami il passato, in linea con i palazzi vicini. Per l’architettura davvero contemporanea ci sono tanti spazi, ma quello non è lo spazio giusto.
Preferisco il cratere che c e’ ora . È piu autentico
ovunque in Europa si usano modelli del passato in chiave moderna….guardate tutti i nuovi quartieri di Amsterdam…basta farlo con cura e lasciando dei segni sottili di contemporaneita`…in Italia abbiamo centri storici da favola ed il resto con poche eccezioni fa schifo o non ha alcuna progettualita` architettonica….su quella urbanistica e`materia che in Italia non esiste…..
la corruzione e la mancanza di regole e meritocrazia ha abbassato il livello di tutto…..poi parlano solo i soliti geni nei dibatttiti…..quelli che hanno tutto in mano….
Assolutamente si ai nuovi edifici in stile specie in questo contesto. Solo in Italia sono un tabù si preferisce fare la merda purché nuova
No ai falsi storici. L’architettura deve essere coraggiosa e creativa e prendersi il rischio di essere criticata. Le facciate in stile lasciamole agli outlet.
e perché? la qualità degli architetti di oggi è infima. Molto meglio fare delle scenografie capaci di mettere tutti d’accordo e rassicurare, piuttosto che dei progetti arbitrari che interessano solo un paio di intellettuali ma restano dei mostri architettonici. Mi spiace ma oggi anche l’ultimo degli outlet che copia il passato è 1000 volte meglio di un qualsiasi quartieri moderno nato intorno al centro di Milano. Unica eccezione resta Porta Nuova. Un vero e proprio Miracolo Urbanistico, difficile da rifare altrove, ahimè!!!! ;-(
Se proprio devono farci qualcosa, almeno che sia sobrio e “in stile” … niente in contrario al “falso storico” e a ricostruire i palazzi com’ erano una volta. Altrimenti che il comune acquisisca l’ area e ne faccia uno spazio verde, che male non fa mai … dei due progetti esposti nell’ articolo il primo e’ raccapricciante, un po’ piu’ digeribile il secondo. Spero comunque che non si facciano “sperimentazioni di architettura contemporanea” …
Anche io sono favorevole alle ricostruzioni in stile, e anche per l’arredo urbano. Quella del falso storico è una retorica stantia.
E comunque se proprio deve essere architettura contemporanea, la preferisco davvero dirompente. Anche io non ho nessuna fiducia nella nostra Soprintendenza.
Detto e ripetuto mille volte, oltre a ‘tappare il buco’ bisognerebbe risolvere il problema del degrado in quella zona, sotto gli occhi di tutti. Non si può fare due passi in colonne dopo le 21 senza sentirsi offrire droga o sentirsi gli occhi puntati su telefoni e portafogli.