La riconversione dell’Ex Cinema Alpi di via Ricciarelli a San Siro in un Club contemporaneo: si tratta della tesi di Marco Rizzo che è stata premiata dall’Ordine degli Architetti di Milano lo scorso anno (Dicembre 2020) come la migliore presentata.
Il Premio Neolaureati, istituito dall’Ordine, intende mettere in contatto gli autori delle più meritevoli tesi di laurea sostenute al Politecnico di Milano con la realtà culturale e professionale del design e dell’architettura, della pianificazione, del paesaggio e della conservazione. La partecipazione al Premio avviene su segnalazione da parte dei rappresentanti delegati dell’Ordine presso le Commissioni di Laurea del Politecnico.
La giuria 2020 era composta da: Antonella Boisi, giornalista, Mondadori; Alberto Bortolotti, consigliere dell’Ordine degli Architetti di Milano; Francesca Frassoldati, docente al Politecnico di Torino; Davide Frattini Frilli, architetto e designer; Yukio Ishiyama, presidente di Garde Italia.
Come abbiamo detto l’Architetto Marco Rizzo ha ottenuto il 1° Premio come autore della tesi “Simbiosi architettonica/necessità monumentale: Superclub+.
Storia e interpretazione del Club contemporaneo attraverso l’ibridazione funzionale: Retrofitting dell’ Ex Cinema Alpi a Milano”.
La tesi di Marco Rizzo, redatta con il Prof. Piero Lissoni, Architetto e Designer internazionale, João Silva ed il Prof. Jacopo Leveratto, è stata premiata, secondo le motivazione della giuria, “per la complessità del progetto e la capacità di sintesi tra rapporto con l’esistente e integrazione di nuove funzioni”.
Dall’abstract della tesi: “La tesi esplora parallelamente l’evoluzione di un dichiarato contesto storico, sociale e architettonico legato al mondo del Club e del Clubbing, convergendo in un’ipotesi progettuale concreta con uno specifico progetto di retrofitting architettonico. Il tema del Club è stato recentemente oggetto di crescente attenzione di critici, sociologi e architetti, testimonianza numerose mostre e pubblicazioni, dalla Biennale di Venezia 2014 al Vitra Museum di Basilea nel 2018, definendo il Club come barometro della società contemporanea. La risposta architettonica discendente metabolizza e considera il background delle informazioni raccolte nella fase di ricerca, e si sviluppa quindi trasversalmente tra i temi compositivi tangenti al riuso architettonico e l’ibrido funzionale, per mezzo di una strategia architettonica di simbiosi parassitaria. I club e i locali notturni, oggi decimati in numero per cause che vanno dai mutamenti tecnologici a quelli sociali ed economici, hanno tradizionalmente ricoperto un ruolo marginale da parte della critica, come luoghi popolati da giovani e denigrati dai media.”
Al civico 11 di via Ricciarelli, tra piazzale Brescia e piazzale Selinunte (nel distretto di San Siro) il cinema San Siro, realizzato su progetto degli ingegneri Ottavio Malugani e Saul Venturini, venne inaugurato nel 1938. Realizzato in stile razionalista, presentava una facciata ricurva la cui entrata era sottolineata da una pensilina sormontata da una grande scritta e da mensole disposte come decoro un po’ déco, il tutto su pareti in mattoni pieni. Durante i massicci bombardamenti del 24 ottobre 1942 (i primi a colpire la metropoli milanese) il cinema viene gravemente danneggiato e chiude per oltre un anno. Dopo l’8 settembre 1943 il locale riapre con il nuovo nome di cinema Alpi. Il cinema Alpi è una sala popolare, dotata di platea e galleria, con una capienza complessiva di 1300 posti. Già nel 1975 il cinema Alpi aveva perso smalto e interesse, infatti era ancora dotato di vecchie sedie in legno e con un impianto audio e video ormai obsoleti; in assenza di adeguati investimenti il cinema non fu più in grado di competere con la crescente offerta televisiva. Non volendo passare alla luce rossa, unica alternativa rimasta, l’Alpi cessa definitivamente l’attività nella seconda metà del 1978.
Dopo anni di oblio la vecchia sala cambia destinazione d’uso e viene trasformata, a metà anni Ottanta, nella discoteca Cosmo, che cambierà il nome in Le Cinéma, così da richiamare la vecchia funzione. La platea diventa la sala da ballo mentre la galleria rimane intatta con le poltrone che fungono da “sala privè”. Nonostante l’ubicazione periferica la discoteca è piuttosto frequentata e conosciuta, ma dal settembre 1994 cambia gestione e nome in The Factory, con un palco di 40 metri quadri e una capienza di 1500 persone, diventando un punto di riferimento per la musica rock, i concerti metal e le serate a tema. Tra i concerti più importanti ospitati in questa fase: Jimmy Page & Robert Plant, Faith No More, Therapy?, Van Halen e Ligabue.
Con la fine degli anni novanta anche la discoteca fa il suo tempo e nel 2001 l’ex cinema viene riconvertito in sala bingo, seguendo, purtroppo, una nuova moda proveniente dagli Stati Uniti che durerà comunque poco. Dopo alcuni anni chiude anche in queste vesti.
Nel 2011 l’ex cinema, con i finestroni murati, viene sottoposto a dei lavori di ristrutturazione, che portano a nulla di fatto, lasciando l’immobile in abbandono sino al 2019 quando viene convertito, senza venire abbattuto, in un supermercato, funzione che ancora oggi veste.
Purtroppo il decoro a mensole parallele, tipico dell’edificio, oggi si è perso nascosto da un’insegna posticcia e ingombrante.
Il progetto
L’obiettivo della tesi di Marco Rizzo è stato quello di dare una nuova vita ad una struttura per tempo abbandonata, e ora completamente trasformata in un anonimo luogo commerciale, restituendo in chiave contemporanea la precedente tipologia di funzione, quella di Club.
Il Club nella sua declinazione contemporanea, oggi necessita di espletare nuove qualità rispetto al passato, discostandosi da una serie di caratteristiche, spaziali, urbane e funzionali, che hanno portato la classica “discoteca” nella sua accezione generica, a fallire o ad essere espulsa dalle nostre città verso la periferia.
La sfida progettuale è stata, dopo uno studio storico e tipologico approfondito, quella di riportare all’interno della città riconvertendo un edificio trasformato, la funzione del Club declinato in una condizione di organismo funzionalmente ibrido, e che permetta grazie ad una complessità programmatica specifica, di costituirsi come un “magnete urbano” attivo h24, cercando di impattare volutamente con una dirompente complessità, sul contesto di un quartiere difficile, che non offre servizi ai cittadini. L’obiettivo è stato costituire un forte punto di riferimento sul panorama urbano, un polo attrattivo multifunzionale in grado di generare valore per sé e per ciò che lo circonda, innescando così un “moto gentrificatore”.
L’intervento si concentra quindi su due componenti distinte: il tema dell’ibridazione funzionale e il tema della sovrascrittura architettonica.
Come sopra citato, dopo una serie di indagini storiche, sociali e tassonomiche, emerge dalla tesi che il Club contemporaneo oggi non può permettersi di vivere come elemento alienato da una serie di componenti, che lo integrino in un concetto di urbanità e di ciclo di utilizzo, volte a permettergli anche dal punto di vista economico di poter espletare le necessità e le peculiarità di un’utenza contemporanea eterogenea, esigente e cosmopolita.
L’intervento si concentra quindi su due componenti distinte: il tema dell’ibridazione funzionale e il tema della sovrascrittura architettonica.
Come sopra citato, dopo una serie di indagini storiche, sociali e tassonomiche, emerge dalla tesi che il Club contemporaneo oggi non può permettersi di vivere come elemento alienato da una serie di componenti, che lo integrino in un concetto di urbanità e di ciclo di utilizzo, volte a permettergli anche dal punto di vista economico di poter espletare le necessità e le peculiarità di un’utenza contemporanea eterogenea, esigente e cosmopolita.
Il Club metabolizza queste premesse e diventa così “Superclub”: viene studiata ed introdotta all’interno del nuovo innesto architettonico, una struttura contenente una serie di funzioni urbane collaterali complesse, che garantiscono al club non solo di attivarsi di notte, quando si apre alla città come grande lanterna in un “richiamo alle danze”, ma permettendogli di coprire una serie di altre attività h24, alcune attinenti (programma tematico, da “Hybrid Buildings-Pamphlet Architecture”, di Joseph Fenton, 1996) come gli studi di registrazione, il negozio di vinili o la scuola di musica, ed altre invece differenti (programma disparato) come la palestra “fight club”, il ristorante o la caffetteria. Sono inoltre intervallati una serie di spazi e terrazze pubbliche, una al primo piano e l’altra in quota che ospita un giardino sospeso, cercando di restituire la superficie ad uso pubblico sottratta alla città.
L’organismo assume così una complessità tale da potersi quasi definire un “condensatore” capace di innescarsi ed innestarsi, non solo ad una scala architettonica costituendo un nuovo organismo, ma impattando anche a scala urbana, richiamando utenti, influenzandone flussi e tempi di utilizzo, di uno specifico brano di città.
Questo risultato programmatico discende da una specifica strategia progettuale che in Italia in un certo tipo di interventi legati al patrimonio esistente, forse, non siamo ancora abituati a pensare o a vedere diffusamente come nel resto di Europa, ovvero quello della sovrascrittura, dell’innesto architettonico quasi letterale, qui inteso come elemento figurativamente “parassitario”.
La struttura originaria dell’Ex Cinema Alpi viene infatti pensata come un corpo che fa da “base” ad un altro elemento che crea un nuovo sistema in simbiosi: la struttura originaria viene sovrastata, modificata ed espansa tramite l’innesto del nuovo elemento, che distribuisce gli spazi, ospita le nuove funzioni, e crea un nuovo tutt’uno dall’aspetto etereo e mutevole in una nuova condizione dalle proporzioni monumentali.
Infatti nello specifico, il nuovo elemento che corona l’Ex Cinema e ne riconosce la morfologia del suo impianto estrudendosi in altezza, non è altro che il risultato di una scansione progressiva che reitera la struttura originaria, dettata dal piegarsi di una sottile tenda metallica, che varia e scandisce delicatamente la nuova cortina edilizia che ricuce, curvandosi, i due lati dell’isolato in una nuova soluzione angolare, che appare ora completato e valorizzato. Un nuovo edificio/sipario che inquadra la città, la osserva e muta ascoltandone i suoi complessi ritmi.
Interventi di sovrascrittura di questo tipo in Europa sono stati ampiamente esplorati, come nel caso della Elbphilharmonie di Amburgo o la Caixa Forum a Madrid di Herzog & De Meuron, oppure recentemente nel caso dello studio di architettura Urban Agency che sta ampliando in altezza un edificio esistente a Dublino, in Irlanda, per creare il “Dock Mill”, con una struttura in legno ad innalzare per oltre 50 metro lo storico edificio esistente, anche qui con nuove funzioni.
Viste e considerate queste interessanti esperienze progettuali, sarebbe interessante poter riflettere ad una strategia comune condivisa, anche per quanto riguarda le nostre legislazioni e strumenti urbanistici. L’opportunità di ripensare come poter accogliere la necessità di edifici di pregio, abbandonati o in disuso, di ottenere una nuova vita grazie all’ “innesto parassitario” concedendo un aumento di volumetria nel rispetto dei manufatti esistenti, attraverso un metodo di intervento alternativo ad alte potenzialità, come esplorato nel percorso di tesi di Laurea di Marco Rizzo, qui idealmente testato nello scenario urbano Milanese.
San Siro, Ex Cinema Alpi, via Ricciarelli, Marco Rizzo, Ordine degli Architetti di Milano, via Caccialepori
ella peppa
ella peppa
Grazie per aver condiviso questo interessante lavoro.
Molto interessante la nuova funzione, da capire purtroppo se c’è un soggetto economico disposto a tentare. Complesso da autorizzare.
Poi ho il profondo timore che anche se lo fosse verrebbe conferito in residenziali…
Che figata questa cosa della riscrittura con elementi inglobati.
Purtroppo è solo un esercizio di stile.
Bellissimo progetto, peccato che ora ci sia un anonimo supermercato.
A Le Cinèma ci fu anche Madonna