Milano Centro Storico.
Devo ammetterlo: nutro un affetto misterioso per la “brutta” Torre Velasca. Un amore viscerale, nato fin da bambino, quando già mi appassionavo all’architettura e costruivo per divertimento in miniatura e con cartoncino i grattacieli di Milano. Ricordo bene quanto fu difficile riprodurre proprio lei, la Torre Velasca, con le sue forme così insolite. Una sorta di torre medievale moderna, assolutamente unica nel panorama internazionale, iconica.
Progettata magistralmente dallo studio BBPR (Gian Luigi Banfi, Lodovico Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers), fu completata nel 1957 e inaugurata ufficialmente nel 1961. Oggi, grazie ad Hines, che ne ha acquistato la proprietà nel 2020, risplende di nuova vita grazie al raffinato intervento di riqualificazione firmato dallo studio di Asti Architetti.
Non è una torre che piace a tutti, anzi: il suo aspetto “antico”, quasi minaccioso, e la sua mole imponente a poche centinaia di metri dal Duomo, spiazzano. Eppure, è diventata uno dei simboli di Milano, al pari del Pirellone, del Duomo o della Scala.



Ma in questo post voglio soffermarmi soprattutto su piazza Velasca, che oggi ruota tutta attorno alla torre da poco restaurata. La piazza venne realizzata negli anni Cinquanta sulle macerie lasciate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, nell’ambito delle grandi trasformazioni urbane che volevano rendere il centro città più “moderno” e funzionale allo sviluppo — spesso, purtroppo, con un approccio speculativo brutale e senza mezzi termini.
Qui un tempo esisteva una piccola via, fatta aprire nel 1598 dal governatore spagnolo Juan Fernández de Velasco per facilitare il deflusso dei carri di carnevale dalla Contrada Larga verso il Corso di Porta Romana: da qui il nome Velasca. Gli interventi degli anni Cinquanta del Novecento, comportarono la distruzione di un tessuto storico secolare, anche se ormai degradato, cancellando anche nella toponomastica persino il nome di una contrada antica che quando creata probabilmente si affacciava su un laghetto dove oggi corre via Larga. Infatti a via Velasca era collegata via Poslaghetto (che significa grossomodo: “dietro al piccolo lago”), un vicolo stretto che affiancava l’attuale via Pantano — forse già in epoca romana era una strada che costeggiava una darsena naturale formata da un ampio avvallamento del Seveso.

Per anni, la “nuova” piazza Velasca è stata un luogo poco accogliente, un parcheggio grigio e disordinato. Oggi, invece, è diventata un’elegante area pedonale, arricchita da sedute, aiuole e piccole alberature (il terreno è sottile, visto il parcheggio interrato sottostante). Il vecchio asfalto ha lasciato spazio a cubetti di porfido e lastre in pietra. Anche l’illuminazione è stata completamente rinnovata, con lampioni che riprendono i disegni originali dello studio BBPR.
Restaurati pure i “lampioni storici” posti ai lati dell’ingresso della torre, ora accompagnati da aiuole rialzate con quattro meravigliosi ulivi, divenuti ormai la firma paesaggistica degli interventi di Paolo Asti.
Che dire? Lo avevamo intuito già dai rendering e dalle sbirciatine da umarell durante i lavori. Ma ora che la piazza è finalmente aperta, senza cesate e cartelli, è davvero uno spazio rinato — così bello da valorizzare perfino i palazzi circostanti, altrimenti anonimi e massicci, nonostante i nomi altisonanti come: Luigi Caccia Dominioni; Giovanni Cesa Bianchi; Edoardo Bregani.
Spiccano, anche se bisognose di un restauro, le usicte della sottostante stazione M3 Missori, realizzate appositamente per integrarsi con l’architettura della torre e uniche uscite della M3 differenti dalle altre (purtroppo non siao riusciti a scoprire chi sia lo studio che le ha progettate, forse curate dallo stesso Belgioioso).
Scommetto che anche i negozi della zona ne trarranno beneficio. Ora manca solo il completamento del tratto stradale ancora chiuso per il cantiere del nuovo tunnel che collegherà alla futura uscita della M3 Missori, in via Pantano.






































Era il 2012 quando vennero montate le prime impalcature pronte per un intervento di restauro mai avvenuto, anche perché nel frattempo la torre è passata di mano.


- Referenze immagini: Roberto Arsuffi
- M4, Via Santa Sofia, Via Pantano, Brolo, Piazza Velasca, Torre Velasca, M3 Missori, M4 Sforza-Policlinico, Metropolitana, via Francesco Sforza, Via Larga, Via Albricci, Vetra, Sant’Ambrogio, De Amicis
Dai milanesi conosciuta come il “grattacielo con le bretelle”
Precisazione: Gian Luigi Banfi non partecipò al progetto della torre Velasca in quanto morì in campo di sterminio nel 1945.
Progetto fatto bene e curato; purtroppo “i vuoti e i pieni”, a favore di questi ultimi, lo indirizzano verso ambiti quali “isola di calore” nonostante le alberature e i ritagli nella pavimentazione presenti.
L’utilizzo degli alberi in griglia e le pavimentazioni lapidee ovunque accrescono il già drammatico effetto isola di calore. Non prendiamo come scusa il parcheggio interrato perchè è possibile inerbire e piantumare anche laddove ci sono edifici ipogei. La logica seguita, qui e altrove, è quella di ridurre al minimo le manutenzioni (annullando completamente gli sfalci attraverso l’eliminazione completa delle aree a prato). Il risultato però è spesso l’effetto distesa di porfido/pietra a perdita d’occhio. Resta la contraddizione fra quanto si proclama in termini di città permeabile e più fresca e quanto si realizza nella pratica. Non solo qui in Piazza Velasca ma ovunque in città, con riqualificazioni che spesso portano con sè meno verde delle situazioni pregresse. Poi il settore verde presenta interventi lodevoli di depavimentazioni e Rain garden, peccato che siano meri esercizi di stile su poche centinaia di metri quadrati, mentre nel frattempo se ne impermeabilizzano centinaia di migliaia. Il saldo quindi non può che essere negativo.
Totalmente d’accordo
Questo articolo mi ha molto incuriosito. Oggi passerò a vedere la piazza citata.
Grazie
L’arredo ha migliorato il contesto, ma rimane sempre un luogo respingente e asfittico
La qualità dei lavori delle parti demaniali è sempre perennemente scarsissima, per modalità e materiali.
Basta guardare la posa sconclusionata dei porfidi, storti e con larghissime fughe inspiegabili (totale assenza di professionalità) che dureranno pochi mesi. Oppure gli orridi graniti destinati a ossidarsi.
Questo accade perché 1) il Comune non controlla i lavori e 2) in Comune ci sono solo architetti incapaci
Manca completamente l arredo verde. Alberelli schifosi di cui uno già morto sembra. Fortunatamente gli ulivi sono belli, messi a firma dell’ architetto? Il quale oltre che firmare poteva scegliere anche gli altri alberi e mettere dei sempreverde.
Il fatto di avere poca terra sotto non significa molto perché gli ulivi ci stanno per esempio e cmq in vasi grandi si possono mettere piante eccezionali. Il porfido e’ una scelta corretta. Le panchine belle, ma esistono panchine con annesse fioriere o alberelli che darebbero gioia e fresco.
Cmq meglio di prima.
Basterebbe poco per avere un arredo verde decoroso ma non ci arrivano. Un intervento miliardario e alberelli da 50 euro.
Concordo pienamente. Un’altra occasione persa, un’altra piazza che non sarà frequentabile. Unaltro forno acceso appena le temperature saliranno. Nessuna possibilità per ospitare gli uccellini e gli insetti impollinatori perché nn c’è un fiore. Possibile che non si capisca che non è giusto?
Apprezzo il simpatico articolo, condivido il suo entusiasmo,da milanese itinerante quale sono. Però il mio commento resta sempre un rammarico che piante,piantine, pezzi anche solo di erba (così utile contro il caldo) siano sempre troppo poche, pur nell’ eleganza di questo contesto. Non parliamo degli indecenti vasche di granito delle varie uscite della nuova linea Blu….
Grazie per l’articolo.
Davvero bella; peccato sempre e solo per quell’ abominio di torre da cui prende il nome e quei palazzacci che la circondano.
Sarebbero state utili anche panchine con lo schienale per stare seduti un po’ più comodi, specie noi anzianotti..
Confesso di aver sempre trovato orribile la Torre Velasca. Mi dicevano che era perché non avevo ancora affinato il mio gusto, che crescendo e maturando l’ avrei apprezzata. Eppure, ogni volta che la guardo la trovo sempre peggio: è davvero orrenda (confido in una demolizione integrale fra qualche secolo)
Passero’ a vedere per rendermi meglio conto. L’impressione pero’ e’ che il verde sia insufficiente e la piazza nell’insieme sia fredda, troppo “ordinata”. Comunque, meglio di prima. Bisognerebbe mettere mano anche in via Unione e via Larga, assolutamente prive di verde. Basterebbero anche solo dei grandi vasi per renderle piu’ piacevoli alla vista. Chissa’ se qualcuno prima o poi ci pensera’!!!???
Visto come l’Arredo NERO (in particolare i PALI) rendano tutto sempre meglio , a livello di percezione estetica e qualità ?
Un unico, ma grandissimo, merito: aver tolto completamente le auto, dalla presenza e dalla vista.
Non era scontato che avvenisse.
Il Rockefeller center di Milano.
i commenti sono già più che sufficienti, mi limito a dire (nel rispetto del piacere o non piacere altrui) che ad una brutta torre si aggiunge una brutta piazza, stile copia e incolla dagli anni 90 in poi come le precedenti giunte. Una nuova distesa di cemento e piastrelle senz’anima ne senso.
Magnificamente? È la solita colata di cemento che in estate si trasformerà in un forno. Non c’è verde a sufficienza, almeno avessero messo anche solo dei semplici cespugli in quantità! Qualche alberello striminzito strangolato in un quadrato di cemento non basta. L’ennesima occasione persa.
Buongiorno, qualcuno sa se c’è la possibilità di pernottare dentro la torre da turista? Sarei molto interessato.
Grazie a chi risponderà
Saluti
Non mi pare orrendo, non capisco i commenti così critici…E’ decoroso, e almeno c’è spazio per muoversi. La pianura padana è afosa, ovunque non solo a Milano, insomma sono d’accordo con piantumare il piu’ possibile, e creare zone d’ombra, ma quando fuori sono 35 gradi e non soffia un alito di vento muori di caldo pure all’ombra di un albero secolare parliamoci chiaro.