Via Laghetto, che nome particolare per una via immersa nel cuore della città e circondata da case e palazzi e dove segni della presenza dell’acqua non ve ne sono. Quanta storia di Milano persa e dimenticata trasformata in un orrendo parcheggio.
Per quei pochi che non conoscono la storia di Milano, suona proprio strano, eppure qui vi era una piccola darsena ricavata dal naviglio che scorreva in Via Francesco Sforza.
Infatti alla fine del 1300 la costruzione della nuova cattedrale necessitava un approdo per poter scaricare i grossi marmi che servivano per la grande fabbrica del Duomo. Marmi che provenivano su barconi dalle cave di Candoglia nella Val d’Ossola, Verbania. Così nel 1388 Gian Galeazzo Visconti decise di far scavare un laghetto artificiale con porticciolo per far approdare i barconi e permettere lo scarico dei grossi massi di marmo. A guardia dell’imboccatura tra le mura di cinta, sorgeva una sorta di Pusterla fiancheggiata da due Torricelle è fornita di un robusto cancello che la notte veniva chiuso o in caso di pericolo.
Oltre ad una banchina munita di bitte, vi era perfino la classica gru o come allora si diceva, il falconetto per lo scarico e la pesatura dei marmi, lo stesso che se ne sta oggi ricoverato nel primo cortile del castello in un angolo quasi ignorato da tutti (io sono riuscito a scoprire di che si trattava solo poche settimane fa).
Il destino dello specchio d’acqua iniziò ad essere in pericolo quando l’Ospedale Maggiore della Ca’ Granda venne allungato fino a lambire le acque del laghetto con la nuova ala.
Poiché le sue acque stagnanti “inutile semenzaio di zanzare” erano considerate dannose per gli infermi ricoverati nell’Ospedale, nel 1857 per ordine del primario Andrea Verga, che aveva strappato un assenso di massima all’imperatore Francesco Giuseppe in visita alla Ca’ Granda. Sordo alle necessità della fabbrica e ai diritti degli scaricatori della ghetto, da bravo decisionista il Verga con spigliata disinvoltura ed a spese dell’amministrazione dell’ospedale, sorvolando sulle burocratiche procedura austriache, fece immediatamente sparire il piccolo laghetto. Seguirono quarant’anni di questioni legali ma il laghetto era perduto per sempre. Oggi solo il nome della via è rimasto a ricordarci la sua presenza.
Altro cimelio di quest’angolo perduto è la Madonna dei tencitt. Una dipinto che risale al 1630 circa, posto in un edicola raffigura la madonna protettrice a braccia aperte che accoglie i Santi Carlo, Rocco e Sebastiano. In origine era protetto da due ante che venivano aperte una volta all’anno in occasione della festa del tencitt a ferragosto. Oggi il dipinto è quasi impossibile vederlo perché protetto da una teca di vetro che a causa dei riflessi e della posizione è difficile scorgere.
I tencitt era il nome in milanese che si dava ai lavoratori di questa zona che oltre a scaricare i marmi per la fabbrica del Duomo, scaricavano altro materiale come la legna e il carbone, che conciava i manovali da sembrare tinti (tencc) di nero.
Come dicevamo oggi tutto ciò passa quasi inosservato, dalla madonna alle case superstiti di quest’angolo popolare e rimasto quasi intatto. Oltre alla fiancata dell’Ex Ospedale Maggiore, oggi Università Statale, si trova il palazzetto dei Tencitt con la Madonna posta dove c’è l’osteria del Laghetto e quasi nascosta dall’eccesso di piante. Poi i palazzi sul lato di levante ben tenuti se non fosse che sono stati occupati decenni fa e che ora hanno ancora bandiere e finestre colorate in modi assurdi. Mentre sul lato meridionale della via, all’incrocio con via della Signora, si trovano una serie di edifici moderni che hanno sostituito quello che era il vecchio edificio per il porticciolo. Assieme a tutto ciò mettiamo anche il rimasuglio trecentesco del fallimento conservato nel Castello Sforzesco.
Di seguito le immagini della Gru Falconetto ricoverata al Castello Sforzesco
Via della Signora
Il nostro sogno sarebbe trasformare la “piazzetta” con una fontana che ricordi il laghetto e sarebbe troppo bello venisse riproposto anche il “falconetto”.
Perché Milano ha angoli antichi e belli, ma non ce ne accorgiamo nemmeno noi milanesi.
Molto interessante e bella l’idea di ricostruire in qualche modo il laghetto. Dalle carrozze alle auto era destino diventasse un parcheggio…
Io dico che appena i milanesi inizieranno ad apprezzare il recupero del Ticinello qualcuno prenderà seriamente in considerazione i vari progetti x riportare alla luce qualche specchio d’acqua a cominciare dal Tombon di San marco