Milano | Greco – La trasformazione dell’enclave Leoncavallo

In questi giorni è stata avviata la demolizione degli stabili ex industriali, e quindi anche dei muri, di fronte allo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo di Via Antoine Watteau (pittore francese, 1684 – 1721) a Greco.

Erano orami famosi per i graffiti le pareti perimetrali dell’area incastrata tra gli svincoli ferroviari che caratterizza il borgo antico di Greco, quasi una vera e propria enclave (lo spazio inquadrato dall’immagine qui sotto).

I graffiti che dal 1994 colorano l’intero isolato tra via Watteau, via Lucini e via De Marchi, uno a uno sono stati ‘cancellati’ assieme ai muri. Al posto dei capannoni sarà realizzato un nuovo complesso residenziale. Ciò ha suscitato non poche polemiche.

A quanto pare al centro sociale autogestito è arrivata recentemente l’ennesima notifica di sfratto; in tutto pare siano arrivate a quota 103. Un numero che dà la misura della farsa che va in scena ormai da oltre un quindicennio e che, infatti, neanche è più considerata degna di risalto pubblico.

Però l’abbattimento del muro che si trova di fronte al centro sociale ha fatto grande scalpore e notizia, anche perché ritenuta una sorta di galleria d’arte dei migliori murales della città.

Il Leoncavallo è uno storico centro sociale autogestito di Milano, fondato nel 1975 e dagli anni 2000 autodefinito Spazio pubblico autogestito anziché centro sociale. Posizionato fino al 1994 in via Leoncavallo nel quartiere Casoretto, da dove deriva il nome, poi per un breve periodo in via Salomone, si è quindi spostato in via Watteau a Greco, con l’avallo non ufficiale del proprietario Marco Cabassi.

Qui sotto le immagini delle prime demolizioni degli immobili del civico 6 di via Watteau.

L’area odierna delle vie Watteau e Lucini è racchiusa dalla cintura ferroviaria e dai raccordi ferroviari che portano dalla cintura ferroviaria stessa e dalla Stazione Centrale alla Stazione Garibaldi attraverso il cosiddetto ‘passantino‘.

Un tempo territorio della Cascina Sant’Antonio nell’antico Comune di Greco, l’area venne solcata sin dagli albori dalle ferrovie: dalla linea per Monza (la prima linea ferroviaria milanese e la seconda mai costruita in Italia – 1840) e poi, dal 1914 dalla direttrice Novara – smistamento (Lambrate), che appunto definiva la nuova cintura ferroviaria concepita nell’ambito del grande riassetto del nodo milanese messo in atto in quegli anni. A queste due linee venne aggiunta, dal 1929, la direttrice Garibaldi-Lambrate attraverso il bivio Mirabello, poi modificata nel 1963 con l’interramento della linea da Piazza Carbonari a Garibaldi, racchiudendo in un triangolo questo piccolo territorio, trasformandolo completamente e consentendo lo sviluppo di piccole industrie.

Qui sotto i tre accessi “all’enclave” di via Watteau: il rilevato ferroviario più antico, realizzato sul finire degli anni Venti.

Mentre questi sono i due accessi da Via Paolo Trubetskoy (ma quant’è complicata la pronuncia di questo nome?) realizzati nel 1963.

Qui sotto alcune immagini dei muri dipinti dal centro sociale, alcuni già demoliti.

A parte vecchi magazzini, qui vi era anche la sede della Panasonic, il cui palazzo, nel 2019, è stato riqualificato. Si tratta dell’unico edificio di una certa mole presente nell’area.

Nel cuneo più profondo creato dalle ferrovie si trova il villaggio dei giostrai delle ex varesine, fatto da casupole in legno prefabbricate, roulotte e caravan. Stanziati in quest’angolo da quando il Luna Park è stato dismesso per la costruzione dei grattacieli di Porta Nuova. Pagano regolarmente affitto e servizi e hanno una convenzione col comune.

Oltre al destino del Leoncavallo, vi è anche l’area adiacente di via Lucini, dove negli ultimi anni si è creata un’area di verde selvaggio.

Per ora non si sa quale sia il futuro dell’area prospiciente il Leoncavallo, nè quella dello storico centro sociale, destinato a essere trasformato; però ci chiediamo: era necessario edificare in quell’area? Non sarebbe stato meglio realizzare un parco pubblico, data la scarsità di aree verdi nella zona? Naturalmente è possibile che parte delle aree saranno destinate a verde pubblico comunque, ma si poteva forse pensare a qualcosa di diverso dal semplice abbattere e ricostruire.

Anche se l’area è fortemente degradata, ha una sua ‘personalità’: ci ha fatto sempre pensare a una possibile trasformazione in una specie di Camden Town nostrana, riutilizzando gli spazi industriali dismessi e i sottopassi dei viadotti ferroviari che si intrecciano, similmente a come sono stati riutilizzati nel famoso quartiere londinese.

Sarebbe un peccato che perdesse le sue peculiarità, per quanto da ripensare e rimodellare, per diventare un quartiere come tanti.

Immagini: Roberto Arsuffi, Duepiedisbagliati, Google

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

31 commenti su “Milano | Greco – La trasformazione dell’enclave Leoncavallo”

  1. È praticamente impossibile ripetere quella creatività da altre parti, si tratta di un luogo che ormai ha una storia ed una identità.
    Un luogo palesemente poco appetibile per altre funzionalità se non nei render deliranti di qualche speculatore.
    Troppo tardi anche per quello purtroppo ma con il centro sociale trincerato in una logica di occupazione senza possibilità di esprimere iniziative per il quartiere e sfruttare l’attrattività per i giovani era inevitabile finisse così.
    Miopi anche le giunte che succedute negli anni lo hanno al più visto come una riserva indiana di sbandati la cui semplice sussistenza poteva mantenere qualche voto in più

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  2. Un vero peccato alcuni di quei murales erano di pregevole fattura e realizzati da artisti che ora sono riconosciuti anche nel mondo dell’arte più istituzionale. Già che tutelano muretti di nessun pregio potevano anche preservare questa testimonianza.

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  3. Si tratta di una barbaria senza se e senza ma. Distruggere brani di città per farci appartamenti costosi è ormai una costante del Salismo, che e riuscito a comprarsi anche i Verdi. Il Leonka fa storia a sé. E questa storia va tutelata, piaccia o non piaccia. La distruzione della street art di Greco, e un atto iconoclasta di disprezzo per tutto ciò che non sia dio denaro. Erano e sono quasi tutte opere di pregio nel loro genere, e ricordo a monito il giudizio di Sgarbi allora assessore alla cultura che definì l’arte murale del Leonka: La cappella Sistina della modernità, parere che riuscì a frenare gli appetiti speculativi sull’area. C’è da dire che non è stato fatto molto da allora per valorizzare questo patrimonio, e metterlo davvero a disposizione della comunità. Hanno vinto la ghettizzazione, l’intolleranza, le prese di posizione a priori ecc… Che ha provocato una più o meno velata ostilità verso il Centro da parte dei residenti, ed oggi tutti ne pagano le conseguenze,servendo su un piatto d’argento alla speculazione edilizia, un’area che poteva essere preservata per il suo enorme potenziale artistico e culturale. Infine mi auguro che ci sia un intervento forte di protesta da parte del Municipio 2 che ha in giunta un assessore dei Verdi, il quale potrebbe tentare una mediazione

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    • “Infine mi auguro che ci sia un intervento forte di protesta da parte del Municipio 2 che ha in giunta un assessore dei Verdi, il quale potrebbe tentare una mediazione”

      Onestamente: tu pensi che un intervento edilizio di abbattimento e ricostruzione di un edificio non passi per le varie commissioni e sottocommissioni urbanistiche del Municipio, del Comune della commissione paesaggio, gli uffici tecnici ecc ecc? A Milano anche per mettere un lampione ti servono mesi e mesi e decine si timbri e di pareri…

      Se nessuno in tutto questo tempo si è mosso o ha detto niente, non è sicuramente un caso o una disattenzione…. anche se adesso magari arriveranno lacrime di coccodrillo da tutte le parti.

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    • Ricordo che a suo tempo la giunta Formentini aveva proposto al Leonka un edificio comunale in cui avrebbero potuto installarsi per sempre, senza condizioni. Proposta sdegnosamente rifiutata, perché i centri sociali “si conquistano” e non si viene a patti con il potere. Poi però non devi lamentarti…

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  4. Assurdo come la città stessa faccia del male a qualcosa di creato e sostenuto da una comunità di cittadini, ne distrugga la storia e l’arte. Per cosa poi?
    Spero davvero che il Leoncavallo possa comunque proseguire la sua attività, anche se presumo che chi costruirà non vorrà il rumoroso vicino.
    Si parla di quartieri che perdono la propria identità, ci si lamenta, ma poi non si fa nulla per tuetelare storiche associazioni di quartiere.

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      • Quello spicchio di terra fra i treni avrebbe senso solo come parco oppure lasciandolo come centro di aggregazione. Non mi sembra area per sviluppo residenziale o terziario.

        Se la versione attuale sia un vero polo di socialità per tutta la zona o una fonte di problemi per chi ci abita intorno è una diatriba senza soluzione. Dipende a quale chiesa si appartiene

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        • E certo, chissenefrega della fonte di problemi per chi ci abita intorno, del resto è una diatriba senza soluzione.
          Va bene che qui ognuno si può sentire di dire le cazzate che gli vengono in mente ma definire che la versione attuale sia un “vero polo di socialità per tutta la zona” no, a tutto c’è un limite.

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          • Io avevo scritto il post precedente che avevo cercato di lasciare neutrale per evitare guerre di religione. Esprimevo un parere sulla destinazione dell’area, tra l’altro abbastanza in linea con l’articolo.

            Su sporcizia e disagi per chi ci vive sono totalmente d’accordo con te, e in disaccordo con chi ne fa un conflitto generazionale: il conflitto è fra chi si comporta in modo civile e chi non lo fa, a prescindere dall’anno di nascita. L’equazione immondizia o disturbo uguale forza rivoluzionaria giovanile è risibile. Ci sono giovani che non sentono la necessità di riempire di bottiglie e mozziconi di sigarette, escrementi o tag la città per sentirsi vivi: e sono l’enorme maggioranza.

            Che ciclicamente si alzi il grido “questo non è paese per giovani” per giustificare vandalismi e inciviltà (grido spesso urlato da nostalgici con i capelli imbiancati) è patetico

          • in nessuno e ripeto nessuno degli interventi in questa pagina leggo accuse a qualsivoglia generazione, solo nel tuo intervento vedo “nostalgici con i capelli
            imbiancati”.

          • “ D’altronde l’Italia è un paese per vecchi e i giovani sono poco tollerati, si sa…”, ma forse ho interpretato male. Siccome in altre occasioni, la libertà di essere giovani veniva usata per giustificare libertà di sporcare e disturbare

          • A parte che numerosissimi frequentatori di quel centro sociale hanno
            “i capelli imbiancati” e io il termine “nostalgico” (chiaramente con l’accezione diversa che di solito si riferisce quelli del ventennio ma mi riferisco a quelli del 68) lo attribuirei più a loro piuttosto che ai residenti che semplicemente lamentano il degrado della zona.

          • Il mio riferimento ai nostalgici era esattamente in linea con la tua interpretazione. Molto spesso sedicenti luoghi per giovani sono popolati da un gran numero di gente che giovane era nel passato millennio. Non che costoro non abbiamo diritto di aggregarsi e divertirsi, ma fa sorridere che si definisca il luogo ‘per giovani’.

            Comunque giovani o attempati, se generano problemi di rumore o sudiciume, devono essere sanzionati. Come alle Colonne di San Lorenzo, alla Darsena o in qualsiasi altro angolo della città

      • Mah, il Leoncavallo occupava comunque senza diritto uno spazio privato, non dimentichiamolo. Mi era capitato poi nei primi anni di andare a qualche dibattito organizzato da loro: meglio non parlarne. Diciamo che era un occasione per bere birra a poco prezzo, giusto questo. C’erano anche ragazze carine con cui il giovane Cabassi ci tentava. La cultura e l’iniziativa politica sono un’altra cosa

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  5. UNO SPAZIO MAGICO, VI SI ENTRA DA DUE VARCHI MINUTI E QUASI INVISIBILI E CI SI RITROVA IN UN TERRITORIO METAFISICO, ISOLATO, SILENZIOSO, ED IN PRESENZA DEL MUSEO ALL’APERTO DEL LEONCAVALLO – CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE CONSERVATO A DECORO DI UNA MILANO ANONIMA E COME SPAZIO MUSEALE ALL’APERTO DI STRAORDINARIO RICHIAMO CULTURALE E TURISTICO. VINCONO I BARBARI, FILIPPO CREA – .

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  6. il Leoncavallo non è, ne è mai stato, una “storica associazione di quartiere”. Per ventisette anni chi abita qui ha subito notti insonni, sporcizia, schiamazzi e invasione di auto anche sui passi carrai delle abitazioni. Abbiamo subito insulti e aggressioni e le richieste di poter condurre nelle nostre case una vita normale non hanno mai avuto ascolto da parte delle autorità, che sono estremamente deboli di fronte ai prepotenti. Sarebbe bellissimo se tutta quell’area, compresa quella occupata dal Leoncavallo, diventasse verde pubblico, magari curato meglio del giardino Martesana, ma, vedendo le licenze edilizie date dal Comune negli ultimi anni, che hanno riempito ogni piccolo spazio, non mi illudo. Comunque è sempre meglio avere vicino gente civile che ha rispetto per quello che è di tutti e per chi abita intorno, piuttosto che un gruppo autogestito che non si fa scrupolo di diffondere concerti rumorosissimi mettendo le casse di risonanza nel cortile o addirittura in strada. E’ paradossale ma l’unico risvolto positivo del covid 19 è l’anno di notti silenziose di cui si è potuto godere dopo tanto tempo.

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    • Purtroppo ha ragione lei. Il Leoncavallo non ha mai rappresentato nulla, neanche di quei valori che diceva di sostenere. Era già morto da molti, molti anni

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  7. Sono residente a circa 200 metri dal Leoncavallo, quindi vi do un punto di vista “coinvolto”.
    La zona è diventata una vera e propria discarica a cielo aperto! Ovviamente non è imputabile al centro sociale, ma suppongo che una valorizzazione del quartiere con abitazioni e del verde vivibile possa riqualificare il tutto. Ad oggi passando quotidianamente nelle vie menzionate nell’articolo si trovano rifiuti ordinari, rifiuti di grandi dimensioni, escrementi (spero solo di cani), capi di abbigliamento abbandonati, sacchetti di escrementi raccolti ma abbandonati a terra, scatole di cibo, senzatetto accampati, senzatetto che dormono in strada, chi più ne ha più ne metta, senza parlare dell’olezzo offerto ai nasi dei passanti.
    Luoghi di aggregazione non ne ho proprio rilevati, visto che sembrerebbe mancare anche un reale impatto sociale sul territorio, ovvero l’aggregazione la si nota solo per le serate organizzate al locale, con le ovvie conseguenze dei postumi.
    Insomma riqualificare l’area anche con nuove abitazioni e del verde vivibile per dare nuova vita civile… non credete possa essere un deterrente per chi è solito utilizzare queste aree in maniera incivile??

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  8. La questione non è la convivenza con il Leoncavallo, non ho dubbi sul fatto che il Leoncavallo possa creare disagi ai residenti, come li creerebbe qualsiasi discoteca, come li creano i locali di Colonne e in generale i centri aggregativi giovanili.
    D’altronde l’Italia è un paese per vecchi e i giovani sono poco tollerati, si sa…
    Ma la questione non è comunque questa.

    Il problema è che hanno raso al suolo opere di street art con trent’anni di storia. Volevano valorizzare la zona? Benissimo, ma potevano preservare i murales e integrarli nell’intervento. Questa è una totale mancanza di sensibilità storica che spersonalizza la città. Per cosa, per il classico anonimo palazzo con le finestre sfalsate che adesso va tanto di moda?
    Le città sono anche memoria.

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    • Certamente è un peccato ma la cosa che ti chiedo è: perché in tutti questi anni il centro sociale e gli artisti stessi non hanno fatto niente per riqualificare la via. Vico a 100 metri è ti posso assicurare che tra portare mia figlia a scuola a piedi in una via decente e dei murales preferisco la seconda. Io nel mio piccolo ha fatto il possibile: chiamato la polizia per chiedere la rimozione di veicoli abbandonati, creato una segnaletica per sensibilizzare il senso civico e provato a frequentare civilmente il centro sociale. La risposta non c’è stata, ho solo visto incrementare le bottiglie e gli escrementi. A me quei disegni piacevano ma preferisco pensare che ora il trend sia invertito e finalmente la via potrà riacquistare non dico valore ma decenza. L’arte è un’onda infinita, se l’abbatti qui arriverà su altri lidi ancora più forte.

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    • Difendere ad oltranza il Leoncavallo è stato uno storico errore della sinistra milanese. Preciso a scanso di equivoci di essere stato un giovane negli anni ’70 e di aver frequentato nel bene e nel male gli storici centri sociali (quelli veri). Conoscevo figuratevi anche il gruppo degli storici fondatori del Leoncavallo. Dopo il 1980 quel posto è diventato una burletta e un luogo di debauche bohemienne, non un luogo di politica o di cultura. Politica, cultura e servizi sono spariti dalle periferie senza troppe questioni, ma il Leoncavallo è stato difeso dai borghesi di sinistra, forse perché la sera ci andavano i loro figli (tanto per sentirsi a posto con la coscienza). Adesso la farsa è finita, non c’è da soprendersi.

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  9. mi rendo conto non sia un associazione nata in quel quartiere e che purtroppo ci siano situazioni degradanti in zona. Penso anche che leoncavallo o no quella zona sarebbe comunque dimenticata e disagiata, ha però una sua identità e qualcuno che può rendere vivo un posto altrimenti abbandonato a se stesso. Spero che si possa trovare una soluzione al disagio ma senza cacciare il Leoncavallo.

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  10. Perdonatemi ho utilizzato l’espressione associazione di quartiere in maniera impropria Ciò che intendevo dire è che il Leoncavallo è un’associazione nata per volontà e impegno di cittadini milanesi, i quali portano eventi culturali, dibattiti, mostre e certo anche rumore, musica, feste ma comunque viene offerto qualcosa alla comunità, qualcosa di cui evidentemente c’è bisogno se la partecipazione è sempre considerevole. Poi sarebbe stupendo portare tutto ciò in maniera regolamentata, senza disagi per il quartiere e rendendo il luogo un bel posto da visitare.

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  11. Pure io abito in zona. Dire che ci fossero graffiti trentennali lo può fare solo chi non conosce e frequenta la zona perché tutti gli anni i disegni vengono rimpiazzati da nuovi. Quindi da preservare non c’è proprio nulla perché i graffiti sono per loro natura effimeri. Il degrado chiama degrado e concordo con chi afferma che la zona attualmente sia una discarica a cielo aperto. Per quel che mi riguarda, riqualificazione e decoro. Se i cavallini avessero avuto un po’ di amor proprio anziché scagliarsi contro la – presunta o incombente: io per ora non la vedo – gentrificazione del quartiere, avrebbero potuto impegnarsi come i residenti a segnalare e ostacolare comportamenti lesivi del decoro. Degrado chiama degrado. La zona è una fogna, ormai arrivano regolarmente pure i fruttivendoli a scaricare pile di cassette della frutta e avanzi invenduti. Naturalmente il tutto si aggiunge ai divani, ferri vecchi e amenità varie. Per quel che mi riguarda: pulizia pulizia pulizia. L’arte non morirà certo per questo, e sono sicuro che troveranno decine di altri posti da colonizzare. Un per uno non fa male a nessuno, noi abbiamo già dato, grazie.

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    • Bravo, concordo appieno!
      Sistemati anche i difensori della subcultura che strepitano in difesa di street art che gli stessi artisti cancellano e rifanno…

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  12. conosco la zona dagli anni ^60 -. Ora , se ho capito bene , si costruirà nell’area tra via De marchi e via watteau , dove si stanno abbattendo vecchi capannoni e il muro ” affrescato” sulla via Watteau – a parte il fatto che mi chiedo come si possano rispettare le distanze regolamentari tra ferrovie ed edifici , sarebbe invece il caso di riprendere il progetto risalente all’epoca della costruzione del rilevato ferroviario , nel 1963, che troncò la via Lucini , creando una zona sempre più isolata e trascurata . Si tratta di realizzare una via parallela alla ferrovia , collegando via De Marchi al largo tra via watteau e via Lucini , il resto a verde , basta case -. forse in qualche luogo c’è ancora giacente il progetto .

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  13. Lì vicino, con accesso in via del progresso c’è un’area verde inselvatichita abbastanza grande che gira intorno alle nuove costruzioni dei palazzi di Via M Gioia, fronte Martesana. Proprio all’ingresso c’è un edificio pericolante. Che potrebbe anche diventar rifugio di disperati. Come mai non si fa nulla? Ne nuove costruzioni ne verde pubblico e tutto è lasciato al degrado? Grazie

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