Abbiamo visto che nel corso degli ultimi mesi il meraviglioso ponte in ferro ex Richard Ginori che scavalca il Naviglio Grande a San Cristoforo, una delle poche testimonianze rimaste della Milano industriale dell’inizio del secolo scorso. Ponte oggi diventato monumento e reso solo accessibile ai pedoni.
Venne realizzato per servire la fabbrica di porcellane nel 1906, e un tempo serviva a far entrare i treni merce all’interno dello stabilimento della Richard Ginori. Un meccanismo abbassava a livello strada la parte mobile del ponte, provvista di binari per i treni, così da collegarli alla linea ferroviaria di Porta Genova-Mortara, e consentire l’ingresso dei convogli all’interno della fabbrica di ceramiche.
L’ultimo intervento di restauro è stato una decina di anni fa, nel 2013. Oggi è tornato a splendere nuovamente, anche se, come vediamo, è bastata una settimana dalla fine dei lavori per essere nuovamente imbrattato dai soliti idioti.












Qui di seguito due foto di Stefano Sgambati che mostrano i primi scarabocchi dei soliti ragazzini idioti (scusate il termine, ma quando ci vuole ci vuole). Oramai un male, quello degli imbrattamuri, al quale dovremo abituarci visto che da parte delle istituzioni non c’è un minimo intervento di nessun genere?



Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Stefano Sgambati
San Cristoforo, Restauro, Ponte, Ponte Richard Ginori, Naviglio Grande, via Lodovico il Moro
Un suggerimento su cosa dovrebbero/potrebbero le istituzioni?
telecamere. telecamere ovunque ci sia anche la minima possibilità che questo possa accadere.
Cioè telecamere ovunque e un esercito di persone che le controllino notte e giorno…. Realistico…..
non devi mica controllare in real-time cosa sta succedendo!
servono piuttosto a capire chi possono essere stati gli autori del reato e a fare da detterrente. inoltre sono convinto che anche i soli cartelli “area sotto video sorveglianza” spesso siano sufficienti a tenere mura pulite.
Basta un pennarello, 15secondi, e lo scarabocchio è fatto.
Neanche se metti una videocamera ogni 50m puoi prevenire.
Nei depositi ATM ci sono riusciti, se ricordate com’erano i treni prima del 2015… ma li si tratta di luoghi chiusi e difendibili.
Resta solo da metterci i soldi e pulire continuamente, ma pagheremmo noi, non l’idiota.
possono controllare, punire, intervenire, dissuadere, ripulire, sensibilizzare ecc ecc
Sono 30 anni che lo sostengo, contro gli idioti della bomboletta e in generale contro i teppisti (e chi li difende), la cura migliore sarebbe un adeguato periodo di lavori forzati. Una prima somministrazione di due settimane potrebbe curare il 90% dei casi; per i recidivi raddoppio della cura a ogni nuova condanna.
Ma se sono arrivati ad imbrattare la galleria … figurati un ponte in fondo al naviglio.
Servono LEGGI SERVERE !!!!!!!!!!!
Gli scarabocchi sono ormai ovunque.
Anche i muri della darsena sono uno scarabocchio unico…un degrado difficile da vedere e da tollerare.
Ogni giorno vedo palazzi e portoni imbrattato.
Un danno economico per la collettività e per i privati.
Si potrebbe vietare il commercio delle bombolette di vernice, per esempio.
O consentire il commercio delle sole bombolette di vernice non resistente all’acqua.
Le soluzioni, se c’è la volontà, si trovano.
Che qualcuno gli tagliasse le mani a questi maledetti imbrattatori
Ma siete Seri?
Quattro ragazzini che scrivono sui muri?
A quando il pensiero di tagliati le mani?
Va be’, un dito dai.
Se mai si riuscisse a prenderli, dovrebbero essere condannati a lavori socialmente utili come raccogliere le cacche di cane dai marciapiedi, oltre, ovviamente, al risarcimento delle spese di pulizia
Un peccato
Telecamere con riconoscimento facciale ovunque in città
Andrebbe innanzitutto messa in discussione alle radici la cultura del graffito.
I graffiti non sono quasi mai arte e anche l’arte comunque, non può essere imposta. L’arte dev’essere libera tanto dal punto di vista dell’artista quanto da quello del pubblico. Ognuno, cioè, dovrebbe essere libero di scegliere se e quando fruire di una qualunque forma “d’arte”. Per questo l’arte nello spazio pubblico dovrebbe essere oggetto di maggiore e non di minore selettività, di maggiori cure, di maggiori cautele. Perché lo spazio aperto alla visuale pubblica, comprese le facciate degli edifici, come tutte le risorse pubbliche, non è una proprietà abbandonata di cui dispone il primo che arriva, ma appartiene a tutti.