Continua a crescere pure a Milano il numero di negozi che chiudono in modo definitivo, provocando un declino non solo nelle aree periferiche e semicentrali ma anche in quartieri più ricercati o in vie centrali come via Mazzini principalmente a causa dei canoni che sono divenuti elevati, da non permettere più a degli esercenti di rendere redditizia la propria attività commerciale. Si salvano solo alberghi e ristoranti. A questo link un nostro articolo precedente sull’argomento.
Per Confcommercio si hanno conseguentemente meno servizi, vivibilità e sicurezza e pertanto, propone anche un progetto di rigenerazione urbana, oltre al rinnovamento delle piccole superfici di vendita e alla regolamentazione della tassazione per le imprese che operano in rete. Sarebbero allo studio pure delle agevolazioni legislative.
Servirebbe anche una ridefinizione dell’offerta da parte dei commercianti e l’adozione di accurate strategie di marketing, e che i negozi tradizionali puntino di più a una vendita al dettaglio da effettuarsi sia online che offline.
Tra le novità nel quadrilatero della moda vi è un negozio dove si provano i vestiti senza indossarli, il cui sistema è stato sviluppato da Deloitte, la grande multinazionale dei servizi professionali alle imprese; un altro esempio è lalibreria della casa editrice Puf, nel quartiere Latino di Parigi, che ha aperto nel 1921 e chiuso nel 2006 come altre simili, e poi ha riaperto nuovamentenel 2016riducendo lo spazio di vendita e con un nuovo modello di business: la stampa immediata dei libri.
Da noi in centro si sono diffusi negozi di informatica, e anche in zone strategiche della città i “temporanei shop”, soprattutto nell’abbigliamento.
Nelle altre aree urbane invece sono apparse prevalentemente attività commerciali di prossimità, come studi medici e dentistici, centri servizi, e delle tipologie specifiche gestite da stranieri, come bar, ristoranti e alimentari multietnici, lavanderie, sartorie, cura della persona; e si sono sviluppati alcuni esercizi già esistenti da tempo tipo librerie- atelier per bambini e asili privati, assistenza e ricambi di elettrodomestici, uffici con vetrine sulla strada, caf e patronati.
È avvenuto inoltre contemporaneamente l’aumento dei farmer market in città (ora diciotto) per la ricerca di prodotti più sostenibili e locali, che ha creato un’economia di piccole e medie imprese, e quindi anche il recupero di zone e piazze e di edifici di rilevanza architettonica o in periferie, ormai divenute socialmente deserte.
Negli ultimi anni è in atto anche la trasformazione in abitazione di ex negozi in alcune città italiane ed europee, a Milano è stata approvata in consiglio comunale la possibilità di recuperare locali al piano terra come quanto prevede la legge regionale del 2019, limitandosi però a fare riferimento solo al regolamento edilizio.È comunque un altro modo per evitare che intere vie si rimangano con sempre più locali con saracinesche abbassate, soprattutto ma non solo quelle secondarie, cambiandone così la destinazione d’uso in piccoli appartamenti.
I fruitori, nel caso degli affitti sono turisti o persone che fanno soggiorni brevi, solo in centro o in zone e ben collegate, gli studenti fuori sede nelle zone universitarie e lavoratori per lo più stranieri disagiati in altre; oppure nel caso di acquisto anziani che cercano appartamenti con accesso senza barriere architettoniche se si sviluppino solo a piano terra, o chi per scelta economica essendone il costo inferiore del 30% rispetto a quello di un’abitazione. Quindi le vetrine, che a volte hanno l’accesso diretto dalla strada, permangono o vengono sostituite con la costruzione di parapetti opachi e di finestre, e negli interni con la creazione spesso di soppalchi; certi limiti funzionali di queste nuove abitazioni sovente non vengono risolti, come la corretta diffusione della luce nell’affaccio sul cortile interno, dove nella maggior parte dei casi hanno solo un sopra luce e quasi mai alcun spazio esterno di proprietà.
Sono per noi di rilievo queste due realizzazioni, la prima progettata dallo studio Oitoo a Porto nel 2021 che ha convertito un magazzino in disuso in una abitazione con giardino utilizzando al meglio la luce naturale, nel pieno centro della città dove i piani terra spesso rimangono sfitti, proponendo una soluzione esemplare per poter riqualificare e ripopolare le aree di questa zona cittadina con residenze al piano terra.
E la seconda a Madrid ideata dallo studio Burr nel 2020, che ha modificato un ex spazio commerciale adeguandolo a un uso residenziale flessibile e modulabile nel tempo, essendo la superficie dei due appartamenti affiancati predisposta per essere modificata a secondo delle necessità.
A Milano sembrano soluzioni riuscite, quelle che hanno l’affaccio sul marciapiede con la costruzione di parapetti e finestre protette da inferiate, come si usa di solito nei locali a piano terra che non necessitano di vetrine.
All’opposto sono per noi opinabili le soluzioni di negozi, trasformati in appartamenti, dove su strada vengono lasciate le saracinesche pur non essendo più attività commerciali, presentandosi in modo ambiguo e svalutando così sia l’immobile dove si trovano che la via su cui affacciano.
Il Comune con apposite linee guida dovrebbe permettere, quando vi è l’ingresso diretto dalla strada, eventualmente solo la serranda sulla porta in alternativa a quella con pannello opaco, se è indipendente dalle proprie vetrine, possibilmente antisfondamento e blindate.
Comunque, gli spazi urbani andrebbero riconsiderati legati alla città in modo che diventi più accogliente, sostenibile, accessibile per i trasporti, le abitazioni, il commercio e le imprese. Renzo Piano ha indicato l’urbanistica del rammendo, come un modo per tenere insieme a livello infrastrutturale, fisico e scientifico un territorio, inteso come città diffusa, che include anche periferie e perfino borghi e campagna, in cui vivono il 90% delle persone.È un modello europeo, dove è un’abitudine spostarsi da un piccolo paese e arrivare alla città con i trasporti pubblici e ciò significa recuperare questa dimensione urbana che va oltre i propri confini.
Grazie ai contributi al gruppo di lavoro G124, promosso da Renzo Piano dal 2013, si sono realizzati miglioramenti in numerose periferie di città italiane. Un esempio di rilievo si trova nel distretto di Niguarda a Milano, dove è stata ristrutturata una piccola scuola materna, che ora è diventata un nuovo centro culturale con un teatro, una palestra e delle aule ad uso della cittadinanza. E al Giambellino è stato fatto un progetto di ricucitura per il quartiere, come l’intervento al mercato in un nuovo rapporto sinergico tra l’edificio e il parco antistante.
Referenze immaigini: Roberrto Arsuffi; Guido Angelini
Negozi, Commercio, Urbanistica, società
Ah, costruire decine di centri commerciali in città e intorno non aiuta il commercio al dettaglio? Ma dai, chi lo avrebbe mai detto…
Ma dai, costruire decine di centri commerciali in città e in provincia non aiuta il commercio al dettaglio?! Chi lo avrebbe mai detto…
Sì, strano che l’ articolo di Urbanfile non riporti questa semplice ed evidente valutazione, che cioè è più semplice e conveniente andare nei centri commerciali. E d’altra parte inutile avere nostalgie retoriche: spesso i negozi -specie in periferia – chiudono perché non sono di qualità, per questo la gente non ci va più. Prendiamone atto e andiamo avanti.
Diciamo che è più semplice e conveniente ordinare online e farsi portare a casa…
…anche i centri commerciali, a parte quelli in alto di gamma, non è che se la passino proprio bene…
Certo se i proprietari dei muri iniziassero col chiedere dei canoni meno esosi, anziché proporre aumenti del 50%, come sta accadendo un po’ ovunque in città, diverse attività che funzionano potrebbero continuare a operare.
Oltre a quanto riguarda la naturale evoluzione delle attività al dettaglio, c’è anche un bel fattore nella crisi dei negozi che va sotto il nome di AVIDITÀ.
Canoni di affitto esorbitanti, il problema è solo quello. il resto sono seghe mentali, le classiche di questo sito da falliti
L’idea di vivere in locali posti al livello strada è stata realizzata nel nostro meridione italiano in epoca borbonica. Famosi i “bassi” di Napoli per primi senza dimenticare che tutti i centri storici delle città pugliesi hanno abitazioni al livello stradale e molto spesso utilizzano anche i locali sotto terra
Non esattamente un modello di grande qualità, vero…
Mah insomma, vivere ai piani bassi fino ad alcune decine di anni fa era privilegio dei padroni di casa. La servitù stava ai piani superiori.
Detto questo la chiusura dei negozi soffre di molti mali, primo fra tutti trattandosi di attività a carattere familiare è la mancanza di figli che la vogliano continuare. E come dar loro torto.
L’altro importante nemico è la concorrenza dell’e-commerce. Perché spendere ore a cercare un dato articolo rovistando tra negozi e personale più o meno qualificato, quando una ricerca online me lo sa trovare mediamente in pochi minuti, comodamente a casa?
Resteranno (forse) le attività alimentari, fornerie, salumerie, macellerie … gli altri chiuderanno.
Con buona pace della Città15minuti e degli anziani che saranno sempre più limitati alla spesa online con consegna a casa. Ma con mezzi elettrici.
L’articolo di Urbanfile m sembra centrato ed attuale, per riflettere su come le nostre abitudini e la nostra cultura influisca sulla società e sulla socialità. Probabilmente l’idea di un mondo dove le piazze saranno i social media e ciò che ci serve arriverà col drone direttamente nelle abitazioni a parecchi piace, anzi…esalta! Io personalmente credo che sia un modello ‘deviato’ di esistenza, in effetti l’uomo rimane un animale sociale, che ha bisogno di esperienze fisiche, anche nel provare un abito o sentire un profumo, quello che accade quando cammini per le vie di una città come Milano e molte altre….. meditiamo….meditiamo…