Continuano gli incontri con gli Assessori del Comune di Milano. Oggi pubblichiamo il testo dell’incontro con l’Assessore alla Cultura Filippo Del Corno
UF: questi sono stati anni di grande fermento per il mondo culturale milanese, quali sono stati i numeri e quali sono le potenzialità future?
Del Corno: Questi ultimi tre anni hanno visto a Milano un significativo aumento della quantità e della qualità dell’offerta culturale complessiva, intendendo per offerta culturale complessiva tutto ciò che la città è riuscita a mettere in azione sia da parte di soggetti pubblici che da parte di soggetti privati.
L’approccio che abbiamo cercato di avere è stato quello di essere una cabina di regia che permettesse da un lato una organizzazione il più possibile funzionale delle molteplici attività che autonomamente i singoli produttori di cultura hanno realizzato a Milano e dall’altro offrisse una piattaforma di comunicazione che ne facesse emergere la massa critica e l’attrattività complessiva.
Questo è stato il senso dell’esperienza di Expo in Città che ci ha permesso di raggiungere alcuni dati molto positivi: 11 milioni di persone sono state intercettate durante i sei mesi dall’offerta culturale complessiva della città; il sistema museale milanese (pubblico e privato) ha aumentato nel periodo di Expo del 50% i visitatori rispetto a quelli che si erano registrati nei sei mesi corrispondenti nel 2014; vediamo che le nostre mostre di Palazzo Reale sono sempre prime nelle classifiche di visitatori e si riescono a fare operazioni molto importanti come quella di Giotto che ha portato per la prima volta a Milano un numero molto significativo di capolavori di questo pittore e ha totalizzato quasi 200mila visitatori. Tutti i numeri ci indicano una risposta in crescita all’offerta culturale e dunque di un andamento complessivo che tiene insieme l’aumento qualitativo e quantitativo dell’offerta e nel contempo un aumento della domanda soprattutto da parte dei turisti.
I numeri del turismo segnalano una presenza in crescita di visitatori che hanno rimesso Milano al centro della propria attenzione non soltanto per motivi di business; credo che qui si sia giocata una chiave essenziale, ovvero quella dell’identità di Milano come grande capitale del pensiero creativo. Milano è sempre stata una città che ha offrire da sempre il terreno migliore per coloro che volessero esprimere qualcosa di nuovo dal punto di vista del proprio talento creativo, che fosse il pensiero artistico, imprenditoriale o sociale. Questa caratteristica è l’identità di Milano: in questi anni le è stata in parte restituita, anche se ancora molto resta da fare.
Da parte di molti osservatori esisteva il timore che dopo un 2015 tanto significativo e importante venisse a calare la tensione; in realtà ritengo che le buone pratiche che sono state avviate insieme al grande livello di energia che la comunità della produzione culturale della città ha messo in campo dimostrano il contrario. Il 2016 è partito con lo stesso livello di tensione e attenzione e stiamo confermando che il processo di identificazione della città attorno alla sua sfera culturale e creativa non è episodico ma può essere una costante.
UF: a proposito di questi numeri rilevanti, Lei ha detto che una buona parte è dovuta ai turisti: come si può secondo Lei incentivare i milanesi a scoprire o riscoprire l’immenso patrimonio che Milano offre?
Del Corno: mi pare una domanda molto pertinente e credo che la risposta vada divisa in due parti. La prima è quella che riguarda l’offerta di produzione culturale nei confronti della quale il milanese è sempre stato molto ricettivo e ora lo è ancora di più. E’ di pochi giorni fa la notizia che gli abbonati al Piccolo Teatro superano gli abbonati dell’Inter e del Milan il che dimostra una grande attenzione alla produzione culturale della città.
Per quanto riguarda invece il patrimonio, è evidente che si sia sedimentata una cappa su Milano che non ha mai saputo valorizzare la ricchezza, la molteplicità e la potenza del suo patrimonio artistico. Io penso che questo dipenda anche dal fatto che questo patrimonio non sia paragonabile a quello delle grandi città d’arte come Roma, Firenze o Venezia. Il patrimonio di Milano ha delle caratteristiche molto diverse che il cittadino milanese fatica a riconoscere come proprio. Noi su questo abbiamo lavorato in termini simbolici: abbiamo sviluppato un progetto molto importante in connessione a Expo in Città, quando si sono scelte sei icone che appartengono alle collezioni di Milano e abbiamo scandito ogni mese di programmazione con una di queste icone, da Pellizza da Volpedo a Leonardo da Vinci. Questo è stato un primo passo e abbiamo riscontrato l’emergere di energie nuove nella volontà di raccontare queste icone; ricordo a questo proposito il progetto realizzato con Fondazione Accenture attraverso cui tre squadre di giovani videomakers milanesi, dopo aver partecipato a un concorso, hanno avuto la possibilità di realizzare tre video di quattro/cinque minuti sulle icone; questa lettura da parte di menti giovani ha dato una grande freschezza alla relazione con le icone. Voglio poi sottolineare che siamo rimasti piacevolmente sorpresi del fatto che quando abbiamo organizzato a Palazzo Marino sei lezioni d’arte in cui grandi critici esperti di arte hanno raccontato le sei icone ai cittadini abbiamo avuto in certi casi addirittura problemi ad accogliere tutti coloro che avrebbero volute partecipare. E’ evidente che questa idea di riappropriarsi della memoria e del valore di queste opere sia importantissima per la città.
Abbiamo fatto ora un secondo passo: per l’edizione 2016 di Expo in Città abbiamo chiesto ai cittadini di scegliere le icone di Milano. Sono state selezionate 25 opere che appartengono al patrimonio artistico di Milano e chiediamo ai cittadini con un voto sulla piattaforma di Expo in Città di scegliere quali siano le sei icone che considerano le più fortemente rappresentative della città. Questo è un meccanismo di riscoperta, riappropriazione e orgoglio che può manifestarsi nel momento in cui ci si rende conto che il patrimonio di questa città è importante e si è storicamente sedimentato.
Mi piace ricordare che Leonardo ha vissuto a Milano più che in ogni altra città e qui ha prodotto un grande progetto rivoluzionario dal punto di vista della Storia dell’Arte come l’Ultima Cena; facendo un salto di molti secoli anche Fontana ha vissuto a Milano e qui ha trovato il luogo ideale per fare esplodere il proprio talento creativo e i gesti artistici che hanno costituito un aspetto rivoluzionario della Storia dell’Arte.
UF: esiste l’idea di estendere in maniera permanente l’orario di apertura dei Musei come avveniva durante il semestre di Expo?
Del Corno: abbiamo studiato attentamente i numeri e bisogna dire che questi non hanno rappresentato per le estensioni orarie una massa critica sufficiente a proseguire, almeno per il momento, nell’esperienza.
Sicuramente bisogna ricalibrare gli orari dei Musei rispetto agli orari della città e delle abitudini dei cittadini, perchè l’estensione è soprattutto utile per i cittadini che non trovano altrimenti modo di visitare i luoghi d’arte.
Ci stiamo lavorando: al momento esiste un oggettivo problema di personale. Fino a quando saremo costretti da varie situazioni normative a non poter rimpiazzare il pubblico impiego se non con percentuali molto piccole (ogni tre custodi museali che vanno in pensione se ne può assumere soltanto uno) diventa complicato garantire una maggiore apertura dei musei.
Sul fronte delle politiche occupazionali dobbiamo garantire che lavorare per i Musei Civici possa essere considerato un lavoro a tutti gli effetti; dobbiamo alzare l’asticella della qualificazione professionale dei custodi
Il desiderio è quello di provare a sperimentare per sviluppare nuove estensioni orarie che non incidano sul monte ore complessivo ma che possano andare incontro alle esigenze espresse dei cittadini.
Nel contempo abbiamo lavorato laddove esiste maggior margine di flessibilità , penso soprattutto agli spazi espositivi: continuo a dire che il nostro grande sforzo di portare Palazzo Reale a essere l’unico grande centro espositivo italiano a essere aperto 365 giorni l’anno è un punto di arrivo molto positivo.
UF: la Carta Musei: sta funzionando?
Del Corno: La carta dei Musei ha avuto un percorso molto curioso. Siamo partiti nel 2013 con questa idea costruendo la carta dei musei civici che dava la possibilità ai cittadini milanesi di accedere per un anno ai musei civici pagando una cifra molto bassa e la carta turisti che permette invece un accesso limitato per tre giorni a un prezzo di 12 euro.
La Regione Lombardia aveva da tempo nel cassetto l’ipotesi di realizzare la carta regionale dei musei, era già stato fatto un primo protocollo d’intesa con la Regione Piemonte che utilizza questo strumento già da diversi anni. La sperimentazione condotta a Milano ha definitivamente convinto Regione Lombardia dell’opportunità di rendere reale il progetto. C’è stato un impegno economico di spesa rilevante messo a disposizione del progetto; c’è stata una bellissima quadrangolazione istituzionale (Comune di Milano, Comune di Torino, Regione Lombardia, Regione Piemonte) per sviluppare un accordo di programma che finalmente permettesse alla Lombardia di dotarsi di questo strumento che si rivolge principalmente ai cittadini ed è pensato per il turismo di prossimità. Si tratta di un’operazione che sta generando dati interessanti, superiori alle aspettative, e sicuramente non può che crescere in termini di consapevolezza e di passione dei cittadini e di interazione tra le Regioni. Il sogno è quello di arrivare a un’unica carta regionale per il Nord che metta insieme Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria e che sia un modello da proporre a livello nazionale. Ci stiamo lavorando.
UF: si parla tanto di quello che possono fare i privati per la città. Come funzionano le donazioni private del patrimonio artistico al Comune di Milano?
Del Corno: donare al Comune di Milano è molto semplice perchè si dona agli Istituti del Comune (biblioteche, Musei, ecc) in forma diretta. Il problema è che spesso le donazioni hanno caratteristiche modali che il Comune non può accettare. Faccio un esempio su tutti: se un Cittadino decide di donare la propria collezione ma mette come condizione che la collezione stessa venga esposta permanentemente nella sua interezza questa donazione diventa irricevibile perchè non è possibile che il puro atto di donazione comporti un obbligo da parte del Comune di esposizione laddove questo privi i direttori di Istituti di Ricerca di scegliere cosa esporre. L’equilibrio da trovare è sempre molto difficile.
Penso che si debba essere abbastanza prudenti sulla questione delle donazioni perchè se da una parte è vero che tradizionalmente il Comune di Milano ha costruito la ricchezza del proprio patrimonio attraverso donazioni private, dall’altra è vero anche che oggi sempre di più la ricchezza del patrimonio pubblico impone a chi lo gestisce una capacità strategica di scelta e di decisione su cosa esporre e occorre fare in modo che l’atto di donazione non si trasformi da atto liberale in impositivo.
L’altro elemento è quello legato alla manutenzione: se si tratta di opera d’arte che possano essere custodite nei Musei, la manutenzione è ovviamente a carico dei Musei stessi; se sono opere d’arte pubbliche, la normativa impone che sia il donatore a farsi carico della manutenzione per un periodo di tempo che oscilla tra i cinque e i venti anni e questo il più delle volte rappresenta un ostacolo.
UF: quali sono le ultime donazioni ricevute?
Del Corno: ultimamente abbiamo acquisito tre donazioni molto importanti: la donazione Bertolini la donazione della Fondazione Acacia e la donazione di un’opera pubblica come quella di Pistoletto.
In questi casi c’è stato un dialogo reciprocamente rispettoso tra amministrazione e donatori in cui si è trovato un punto di compromesso molto interessante
UF: a proposito di Museo del Novecento: ci sono idee di estensione?
Il problema dei Musei è quello della loro sostenibilità. Oggi più che mai siamo in difficoltà perchè la progressiva contrazione del perimetro delle risorse pubbliche destinate ai Musei e alla loro gestione rende sempre più difficile pensare di aprire nuovi musei.
Abbiamo cercato di lavorare comunque per creare nuovi spazi. Abbiamo aperto un Museo come il MUDEC con un modello di gestione fortemente innovativo (seppure con gli inevitabili correttivi che dovranno essere apportati).
Il mio sogno è che l’Arengario diventi nella sua completezza un Museo sull’Arte del secolo appena trascorso e del millennio che stiamo vivendo. Questo vuol dire aprire sui liguaggi dell’arte del futuro come la videoarte
UF: esiste in prospettiva l’idea di realizzare un vero e proprio Museo di arte contemporanea dunque?
Il Museo di Arte Contemporanea era uno dei progetti che doveva derivare dagli oneri di urbanizzazione di CityLife. Il progetto non è stato perseguito perchè non si sono verificate le condizioni di sostenibilità del Museo. Abbiamo lavorato in maniera a mio avviso più stimolante immaginando come fosse possible costruire una relazione con lo spazio pubblico urbano e abbiamo dato vita al progetto Art Line (meno costoso dal punto di vista della sostenibilità ma ugualmente ambizioso dal punto di vista della visione progettuale)
Si tratta di un grande parco delle sculture contemporanee che nascerà grazie agli oneri di urbanizzazione di CityLife investiti direttamente e su cui è stato fatto un lavoro molto ampio di coinvolgimento di professionalità straordinarie dal punto di vista della valutazione della relazione tra arte contemporanea e arte pubblica. Sono convinto che il risultato sarà un bellissimo Museo a cielo aperto con opera pensate dai più grandi artisti contemporanei
UF: che tipo di rapporti esistono e quali sono le ipotesi di collaborazione con i privati?
Del Corno: mai come in questi cinque anni il dialogo con le collezioni private è stato aperto e molto produttivo. Fondazione Prada nasce in regime di convenzione: con Prada si è sviluppata una lunga e costruttiva azione di collaborazione per la costruzione di un regime convenzionale che facesse sì che il luogo fosse destinato a esprimere una funzione pubblica pur essendo gestito con criteri e risorse private.
L’esito più positivo di questo dialogo con i soggetti privati è stato il percorso che abbiamo costruito intorno a MIART. Io mi sono insediato in contemporanea con l’insediamento di Vincenzo De Bellis al Miart; l’ambizione di De Bellis era di restituire al Miart il rango di importante fiera internazionale di arte moderna e contemporanea ma poneva il tema che questo progetto venisse accompagnato dalla città.
Abbiamo creato un tavolo di confronto pragmatico e concreto per fare in modo che le istituzioni private e pubbliche che si occupano di arte moderna e contemporanea mettessero a disposizione del calendario di Miart ad esempio le loro inaugurazioni, conciliassero il proprio calendario con quello del Miart arrivando alla struttura di una vera e propria art week.
In questo modo, e grazie ovviamente alla direzione di Vincenzo De Bellis, Miart ha riconquistato quella centralità che forse aveva un po’ perso.
UF: che azioni si possono strutturare per valorizzare i Musei Industriali?
Del Corno: i Musei dovrebbero fare rete fra di loro. Abbiamo avuto a titolo esemplificativo un esempio molto positivo del fare rete con le Case Museo che hanno costruito una rete autonoma che ha strutturato una promozione congiunta di tutte le Case Museo.
So che i Musei Industriali stanno lavorando in quest’ottica e speriamo che si arrivi a una maggiore visibilità della rete globale.
UF: si parla spesso di costruire o valorizzare spazi per avvicinare bambini e ragazzi allo sport. Pensa che si possa pensare di realizzare un percorso simile per avvicinare i più giovani alla musica?
Del Corno: la differenza sostanziale tra le due realtà è che se per lo sport il ragazzo può lavorare quasi in autonomia, per la musica occorre qualcuno che insegni a interpretarne il linguaggio complesso.
Milano è una città che è una rete piuttosto ricca e innovativa di istruzione musicale legata ai più giovani ed è gestita in maniera virtuosa da soggetti prevalentemente privatI.
Quello che il Comune fa è di dare vita all’esperienza della Scuola Civica di Musica che costituisce uno straordinario hub che raccoglie molte esperienze positive sulla didattica rivolta anche all’infanzia.
Bisogna lavorare molto sull’educazione all’ascolto della musica da parte dei più piccoli. Con Alexander Pereira abbiamo sviluppato il progetto della Scala aperta ai bambini che nel suo primo anno di vita ha portato per la prima volta alla Scala oltre 25mila bambini ad assistere a una Cenerentola pensata apposta per loro.
Queste sono le vere palestre per ingaggiare l’attenzione dei più piccoli verso il linguaggio della musica
UF: il progetto MiTo andrà avanti?
Per MiTo c’è stato un cambio di governance che non può che essere accolto in maniera ottimista.
Esisteva una direzione artistica e gestionale che dopo nove anni ha ritenuto esaurita la propria esperienza, seppur non in dissidio con il Comune di Milano, ma il progetto MiTo può continuare indipendentemente dalle persone che lo hanno creato se le istituzioni ci credono.
Abbiamo fatto un’analisi molto seria e approfondita con il Comune di Torino e abbiamo deciso di continuare. Sono state scelte due persone di grande spessore e valore come Nicola Campogrande alla direzione artistica e Anna Gastel alla presidenza che porteranno avanti il successo di MiTo che a settembre inaugurerà in contemporanea alla Scala e al Teatro Regio di Torino
UF: architettura. Come vede l’idea di valorizzare maggiormente gli architetti del Novecento milanese come accade in altri Paesi del Mondo (pensiamo a Frank Lloyd Wright negli Stati Uniti o Gaudì in Spagna)?
Del Corno: un’esperienza senz’altro positive è quella degli itinerari di architettura promossi dall’Ordine degli Architetti che abbiamo cercato di valorizzare molto nel contesto di Expo in Città e che raccontano l’identità stilistica della città; il problema è che il potere iconico degli edifici non si crea con un atto volontario ma attraverso una sedimentazione.
Da questo punto di vista è mancato negli anni un lavoro che consentisse la sedimentazione. E’ bastato che si lavorasse, non senza polemiche, con un tratto identitario ad esempio su César Pelli e la Torre Unicredit che immediatamente quell’icona è diventata un emblema che oggi permette di riconoscere Milano
Sarebbe forse stato necessario che in altre stagioni della città si lavorasse nella stessa direzione in modo da creare un sedimento di iconicità dell’opera architettonica che non si inventa da un momento all’altro.
Quel che stiamo facendo, penso ad esempio all’operazione su Muzio e alla mostra che verrà realizzata su Ca’Brütta, è di accompagnare la riscoperta di queste figure così significative.
UF: un sogno per Milano città d’arte.
Sono persona di grande concretezza, tuttavia il sogno che ho riguarda non solo la città ma anche i cittadini. La mia speranza è che si possa comprendere davvero che esiste un aspetto di cura da parte della cittadinanza nei confronti delle proprie bellezze che passa anche dal rispetto per i luoghi
Intervista raccolta da Claudio Nelli e Letizia Paratore
Questo ragazzo ha lavorato davvero bene per Milano. Non come l’assessore all’ Arredo Urbano, scandaloso
Davvero bene? Ma se ha rovinato il parco Sempione con la copia del Teatro Burri! Del Corno è il peggior assessore della giunta.
Esatto.
E’ stato il più grande sponsor della costruzione di quella colata di cemento che ha rovinato la vista prospettica più bella della città ed è uno dei più convinti oppositori alla riapertura dei navigli. Non mi sembra esattamente un assessore da ricordare con benevolenza.