Milano | Bullona – Via Fratelli Induno 6 ha perso la facciata

In via Fratelli Induno 6 c’è un edificio, o meglio c’era un edificio, perché da qualche mese – al termine di un intervento – è stato snaturato. Aveva una facciata che ora è stata rimossa per non si sa quale motivo.

Costruito da Empio Malara con Gianni Drago, Panos Koulermos and Giacomo Bancher nel 1985.

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Costruita per il comune di Milano, questa struttura contiene un asilo nido per circa 60 bambini dai tre mesi ai tre anni e di una clinica pediatrica indipendente.
Il palazzo venne eretto in un’area che fino alla Seconda Guerra Mondiale affacciava su una ferrovia, in un quartiere densamente popolato e urbanizzato.
Il problema era creare uno spazio vivibile, soprattutto per i bambini, in un lotto abbastanza ristretto.
Altre preoccupazioni importanti erano:
– Creare un senso di luogo e ‘territorio’ per i bambini e ridurre al minimo l’impatto travolgente dei muri divisori alti che circondano il sito. Proteggere i bambini dal traffico e dal rumore di via lnduno.
– Fornire un ambiente visivo stimolante per i bambini
– Creare un luogo che la comunità potesse riconoscere.

La superficie totale del sito è di 1.400 metri quadrati. L’asilo e la clinica sono stati posti sotto un tetto tipo “coperta” che copre la maggior parte del sito. Un certo numero di ritagli e lucernari permettono al sole di entrare nei punti desiderati. La clinica è contenuta all’interno di un edificio rettangolare a due piani con una grande sala a gradini per incontri comunitari e discussioni. La scuola materna è anch’essa organizzata su due livelli, con le attività dei bambini più grandi (giocare-mangiare-riposo) poste al piano terra.

Il concetto spaziale si basa sull’adattamento di due involucri  indipendenti ma correlati (pareti). Il primo è una pelle metallica che definisce il volume complessivo a due piani di un edificio (sotto il tetto) e stabilisce una forte relazione con i cortili paesaggistici e campi da gioco. Il secondo involucro è più rigoroso, in una configurazione geometrica di “scatole” che comprende tutte le funzioni di supporto su entrambi i livelli. Costruito in blocchi di cemento, si erge come una struttura indipendente all’interno dello spazio a due piani; un edificio all’interno di un edificio. Ventilazione e luce sono condotte attraverso aperture nel tetto e formano dei cavedi da dove escono le fronde delle piante.

Un muro caratterizzava la facciata ed era formato da blocchi di vetro 30cm x 30cm ed era posto sulla linea di proprietà lungo via Induno. Nicchie e aperture ospitavano una vasta gamma di arredo urbano: l’orologio, i telefoni pubblici (da lungo tempo eliminati) fontanelle, piante, manifesti, panchine e porte di accesso.

Dietro questo muro di vetro vi era uno spazio che formava tre piazzettine che costituivano uno spazio di incontro visivo tra adulti e bambini. Con la sua doppia facciata simboleggiava l’incontro tra la città e la scuola.

Oggi la facciata in vetro-cemento è stata tolta e una cancellata ha preso il suo posto, rendendo banale quest’edificio e snaturandolo.

Peccato, un altro edificio anni Ottanta perso e modificato.

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Fonte Panos Koulermos

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

18 commenti su “Milano | Bullona – Via Fratelli Induno 6 ha perso la facciata”

  1. Ora si che è una bruttura. Complimenti!

    A questo punto un rimedio a basso costo e di buon senso potrebbe essere quello di creare una quinta verde che copra buona parte del perimetro, lasciando libere solo rientranze e finestrature.

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  2. la vecchia facciata era ‘pesante’ e buia, e le rientranze si colmavano di rifiuti e immondizie, era una scelta progettuale infelice e non a misura d’uomo e di bambino; o almeno questo è il mio pensiero di chi ci ha convissuto per 30 anni (abito lì vicino): adoro Urbanfile ma stavolta dissento 🙂

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  3. Il vetrocemento a me non è mai piaciuto. Anche per me è pesante e grigio. In questo caso la sua rimozione mi trova favorevole… questione di gusti.

    Però l’alternativa non è migliore! Mette allo scoperto quelle brutte pareti grigie.
    Andrebbero vivacizzate un po’, cambiandone il colore o coperte con murales, in tema con il contesto di una asilo.

    PS: la ringhiera non è il massimo ma è immune agli scarabocchi dei cretini bomboletta muniti
    PS2: che bello l’albero con che esce oltre il tetto

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  4. ancora sttudente, espressi le rimostranze su questo schifo allo stesso Malara quando venne al politecnico a parlare di navigli.
    A parte la pessima qualità della realizzazione, la scelta progettuale di riempire la facciata di nicchie e rientranze, dalla motivazione teorica non chiara, attirava sporcizia e invogliava all’uso delle stesse come latrine (anche quando all’inizio vi erano posti telefoni pubblici e cassette delle lettere). La facciata stessa, poi, essendo costruita (troppo) a ridosso delle strutture interne dell’asilo, invece che renderle luminose le privava di quel poco di luce naturale che avrebbero potuto ricevere.

    un progetto sbagliato che più sbagliato non si può. bene metterci una pezza, anche se l’unica soluzione sarebbe demolire e costruire un’asilo a forma di asilo e non di cubotti sovrapposti racchiusi da vetrocemento.

    Malara non mi rispose…

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  5. La vecchia facciata era sicuramente più iconica ma non per questo intrinsecamente bella…
    Ma immagino che la sua rimozione abbia migliorato di molto la vivibilità interna (luce e ricambio d’aria). Certo che si sarebbe potuto migliorare l’aspetto finale con un leggero intervento sui muri divenuti a vista.
    Mi sembra un intervento chiaramente al risparmio.

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  6. Se fosse stato una fabbrica o una prigione, sarebbe stato da rivista da architettura. Come asilo, è terrificante in entrambe le versioni. Chi l’ha pensato evidentemente non ha (aveva) figli.

    Voi ce la mandereste vostro figlio tutto il giorno chiuso in quel robo lì? Io certamente no.

    Ma che fine ha fatto il motto del modernismo, “la forma segue la funzione”????

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          • Scusa e quei “playground” colorati e all’aria aperta ti sembrano la stessa cosa di quella specie di colombario di un cimitero di provincia???????????

            Personalmente credo che gli edifici non si debbano progettare per moda ma per metterci dentro delle persone (possibilmente facendole sentire a loro agio) ed essere funzionali al loro scopo. La bellezza sta nel conciliare con armonia queste caratteristiche indipendentemente dallo stile.

            Se non soddisfano questi requisiti, sono dei FALLIMENTI per quanto celebrati dagli intellettuali possano essere stati.

            Gli esempi che faccio sempre sono quelli delle Vele di Scampia o del Corviale di Roma che ai loro tempi furono considerati dei quartieri modello, invece hanno prodotto solo alienazione e degrado.

            Se poi stiamo parlando di bambini, l’idea di progettare un edificio a loro destinato pensando più a una moda del momento che al loro benessere la trovo semplicemente aberrante.

          • PS: dimenticavo di dire che il restyling è ancora più brutto.

            E se proprio vogliamo tenerci il pezzo di memoria storica, allora spostiamo l’asilo da un’altra parte e lì mettiamoci, che ne so, l’anagrafe decentrata, una biblioteca di quartiere o un comando dei vigili.

          • Credo che tu abbia completamente travisato lo spirito ironico del mio post. 🙂

            I playground colorati che vedi nell’articolo sono la riedizione attuale dei giochi brutalisti (in cemento) degli anni 60 che (dice chiaramente l’articolo) solo un pazzo poteva pensare fosse materiale adatto a giochi per bambini…

  7. Non litigate.
    Qui c’è un qui pro quo.
    Ha detto bruTTalista, non brutalista.

    Appunto sto rifacimento è coerente con l’architettura bruTTalista.
    Adesso si capisce.

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