Milano | Aree industriali convertite a loft

I loft di Milano

Che fine hanno fatto le vecchie fabbriche milanesi? Ovviamente non ci sono più, almeno nel modo in cui esistevano quando ancora in funzione. Le più grandi, una volta dismesse, sono state in maggioranza abbattute; di qualcuna resistono ancora gli scheletri dei capannoni abbandonati e altre ancora sono state riutilizzate in vario modo: affascinanti locali, prestigiosi spazi espositivi e per eventi, istituzioni pubbliche. Ma ce ne sono alcune che hanno seguito un destino particolare, venendo convertite in loft, termine che è entrato nel gergo comune da ormai qualche anno, venendo spesso abusato. Il loft, infatti, non è semplicemente un cosiddetto open space, un loft è un recupero di una struttura industriale creando spazi per atelier o studi, che normalmente ospitano soluzioni casa-lavoro.

Questi resti del passato industriale, rinnovati e vitali, sono spesso nascosti agli occhi del comune cittadino. Della loro vecchia matrice conservano infatti un elemento fondamentale: il recinto. Chi non risiede o lavora o è invitato, all’interno di questi complessi non è ammesso, come del resto in un normale condominio. Oltre ai recinti ci sono quindi complessi di loft, sparsi per la città.

Lambrate e Tortona, ma anche Taliedo-Mecenate, sono le zone che, per la loro concentrazione di fabbriche di piccole e medie dimensioni, per la loro posizione, connesse a quartieri vivaci e che hanno attirato funzioni relative al design e all’arte e alla moda, più si sono prestate alla trasformazione delle stesse in loft.

Un piccolo appunto è necessario. Il loft, essendo una struttura industriale, è di solito in categoria catastale C3, ovvero commerciale, in cui non si può vivere stabilmente, ma nessuno impedisce di averci dei divani, dei letti, una cucina, e quant’altro. A volte, dipendendo dal tipo di bonifica attuata nell’area, è possibile, pagando, fare il cambio d’uso a residenziale. Si può invece prendere la residenza in un loft, a dispetto di molta gente che vi dirà il contrario. La residenza si può prendere infatti davvero quasi ovunque, ciò che non si può avere l’abitabilità, non essendo unità residenziali.

Mettendo insieme questi elementi si capisce come molti sviluppi immobiliari di questo tipo vivono in un’area grigia della normativa, in un limbo dove ciò che è possibile e ciò che è legale, ciò che è reale e ciò che è dimostrabile si confondono e si mischiano creando un protettivo caos. E probabilmente è meglio così.

Si sono creati infatti piccoli -in alcuni casi nemmeno tanto piccoli- universi abitativi, particolarmente adatti al cosiddetto popolo delle partite IVA, per il motivo per cui i professionisti possono scaricare le spese di locazione relative a un immobile commerciale, dunque utilizzato, almeno in teoria, a fini professionali. Ambienti orientati alle professioni creative, fotografi, designer, startupper nei più vari settori, musicisti ma non solo. Si alternano atelier, case-studio, studi professionali, piccole aziende, pure abitazioni. In queste aree si sono create delle vere cittadine, che a distanza di pochi metri ospitano abitanti, magazzini, uffici, studi, negozi, officine.

Insomma, quel tanto decantato misto funzionale, che è indispensabile per rendere vivo e vitale un ambiente urbano e che spesso resta utopia nei piani di amministratori e urbanisti.

La più grande struttura convertita a loft è situata in via Tucidide, all’Ortica, in quella che fu un tempo la fabbrica di ceramiche Richard-Ginori.

Qui, all’ombra delle agghiaccianti sette torri di Ligresti, negli edifici liberty della vecchia fabbrica sorgono circa 500 unità immobiliari dei tagli più vari e una popolazione di circa altrettante persone quanti sono i loft vive stabilmente in questo che è una sorta di villaggio, una cittadina appena fuori dalla città, quella Milano a est che è rimasta compatta, chiusa dalla cintura ferroviaria, e là incontra il Parco Agricolo Sud e il nuovo Grande Parco Forlanini.

Ortica_Tucidide_3

Un’altra Richard-Ginori, a San Cristoforo sul Naviglio Grande, ancora più grande della prima, è stata sì convertita a loft, però con un uso eminentemente produttivo. All’interno hanno trovato posto grandi aziende, principalmente operanti nel settore della moda e del design. Curiosamente, Ligresti c’entra con entrambe queste fabbriche, come si può vedere dalle torri che perimetrano tutte e due le aree, ma non è questa la sede per approfondire questo argomento.

In questo quadrilatero della città, delimitato dal Naviglio Grande e dalle vie Santa Rita da Cascia, Watt e Pestalozzi, oltre ai muri e agli edifici vecchia Milano che fanno da bordo a tratti invalicabile, si aprono diversi complessi dove si alternano residenze e piccole attività, carrozzerie e magazzini, negozi e studi di registrazione, perfino asili nido privati.

San_Cristoforo_Richard_Ginori_1 San_Cristoforo_Richard_Ginori_2San_Cristoforo_PestalozziSan_Cristoforo_Quadrilatero-RGinori_Pestalozzi

Appena fuori dal perimetro succitato sorge la ex Mattel in via Andrea Ponti. Un’interessante e imponente edificio di quattro piani che ospita all’interno numerosi loft, anche qui con un’alternanza di spazi per lavoro e spazi abitati. Caratteristica di questo complesso è la conformazione architettonica, un grande monoblocco che è già di per sè assimilabile a un edificio residenziale se visto dalla strada e che invece mostra la sua origine di fabbrica sul retro, con un edificio più basso con copertura a shed e una alta ciminiera.

San_Cristoforo_Mattel

Altra peculiarità è la massiccia presenza di verde. Il giardino dell’immobile è in contiguità con una piccola area verde che affaccia direttamente sul Lambro Meridionale / Olona e lo stabile presenta numerosi terrazzi. Superato il “fiume” si incontra un’altra grande area, forse quella più di pregio per gli edifici che sono stati recuperati. Le ex concerie alla Barona, in via Malaga, sono un magnifico esempio di una città in evoluzione, che non ha paura di reinventarsi. Alla medievale Cascina Maggiore si affianca il bell’edificio a corte delle concerie di fine XIX secolo e a questo gli edifici novecenteschi, fino a dei capannoni, privi di valore architettonico, ma che acquisiscono una certa dignità se visti nell’insieme del recupero del complesso. Tutti i fabbricati sono stati convertiti in loft, per un totale di oltre duecento unità, anche qui con una mescolanza massima di usi e attività.

San_Cristoforo_Concerie_Barona_3_Cascina

San_Cristoforo_Concerie_Barona_1

Superato invece il Naviglio Grande e il grazioso borgo di San Cristoforo si arriva in zona Tortona e una delle più importanti trasformazioni è quella della ex contatori Schlumberger in via Savona. Il complesso si sviluppa tra le vie Savona e Pesto, che fiancheggia il ramo ferroviario in sempre prossima dismissione che conduce a Porta Genova. Anche qui un centinaio di unità immobiliari ospitano attività delle più varie e studi professionali, principalmente nel caratteristico edificio a shed, mentre sono destinati prevalentemente a funzione residenziale gli altri fabbricati presenti all’interno dell’area.

Via Pietrasanta 16 conosciuta per essere l’indirizzo della discoteca Magazzini Generali. Gli stessi Magazzini fanno parte di un complesso molto più grande, una ex distilleria che è stata divisa in due parti, una più aziendale e una mista, residenze e uffici, con molte unità immobiliari a più piani ospitate nelle lunghe maniche della ex fabbrica, tra le quali, un tempo, passavano dei binari che collegavano le produzione direttamente al vicinissimo scalo di Porta Romana.

Circa 150 loft si sviluppano nei sei edifici delle vecchie distillerie che sono stati recuperati nell’area est, a cui si aggiungono le unità di un edificio costruito ex-novo a ridosso della linea ferroviaria e il recupero dell’area ovest, che ospita, come detto, aziende e la discoteca.

Morivione_Pietrasanta_1

Le ex Stamperie della Scala, che serviva appunto come centro di produzione per il celebre teatro milanese, sono situate al 54 di Viale Umbria. Dal viale alberato non si può notare nulla, il numero 54 è un normale portone, l’ennesimo di una lunga serie in una cortina di eleganti edifici di inizio Novecento. All’interno dell’isolato sorge un caratteristico fabbricato contraddistinto da una copertura a volti a botte incrociate. La distribuzione esterna avviene tramite una serie di ballatoi.

Questa realtà è prevalentemente residenziale, con alcuni studi e uffici.

In via Salomone 67, zona Taliedo-Mecenate, c’era una tipografia. Un edificio di nessun pregio architettonico, che però, con due tagli trasversali al capannone, è stato reso un simpatico villaggio di casette colorate con giardino antistante, che ospitano alternativamente piccole attività artigianali, atelier e abitazioni, portando della qualità spaziale anche in un posto dove è difficile anche solo pensarla.

Questo vuole essere un resoconto parziale della realtà dei loft a Milano, escludendo le aree convertite a uso esclusivamente o prevalentemente aziendale e non menzionando una serie di microtrasformazioni che è difficile riuscire a censire e vedere.

Salomone

Quelle brevemente presentate sono sicuramente le principali realizzazioni che sono riuscite a creare dei veri e propri mini quartieri dove attività produttive, artigianali, magazzini, commercio e residenze riescono a convivere.

Stefano D’Armento

 

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

5 commenti su “Milano | Aree industriali convertite a loft”

  1. Di solito apprezzo molto la qualità e professionalità degli articoli di UB, ma questo non lo capisco mi ricorda i “le aziende informano”, i redazionali sponsorizzati che si trovano sui giornali.

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  2. diciamo che intorno all’ “appunto” di UF sono esplosi dei concreti casi giudiziari per quella che più che zona grigia, definirei truffa ai danni dello Stato.
    Tra l’altro è difficile pensare che professionisti acquirenti (tra cui spesso proprio architetti…) non fossero al corrente delle norme edilizie, e siano ingenuamente cascati dal pero nel momento in cui il comune, a fronte della conversione catastale, pretendeva giustamente i dovuti oneri….
    E invece, anzichè pagare come fanno tutti quando acquistano casa, sono finiti tutti in tribunale per cercare furbamente farla franca.
    Sinceramente non mi ricordo come è andata a finire.

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  3. L’articolo lascia un po’ basiti: convertire aree industriali in abitazioni prevede tutta una serie di norme che il furbetto medio meneghino fino a pochi anni fa pensava bellamente di ignorare. Le cose son cambiate con la prima Giunta Pisapia e il mercato e’ giustamente crollato.
    L’uso abitazione prevede anche le bonifiche ambientali. Pensare che bambini abitino in zone ex industriali non bonificate radicalmente, fa rabbrividire. Cio’ che va bene per la bottega di un tappezziere artigiano, non va bene per la famiglia di un professionista (anche se ha la partita IVA e puo’ scaricare i costi)
    Siamo in Europa, non a New York ed abbiamo fortunatamente leggi piu’ stringenti, che basterebbe poco per rispettare senza condoni e sanatorie che non risolvono i problemi.

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  4. mi piacerebbe sapere se sono state fatte le bonifiche, pagati gli oneri ecc. Ne dubito. Lascia un po’ basiti invece l’elogio di quelle che di fatto sono nuove “coree”: a quando l’elogio dei quartieri abusivi (così “vivaci”?)

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  5. Adesso vorrei raccontare una bella storia a cui ho assistito personalmente, Un amico ha acquistato un “LOFT” nel 2006, ovviamente pagandolo come una casa di pari metratura, il costruttore da cui ha acquistato ha ottenuto i permessi di riqualificare con accatastamento C3 e A10 dal comune. Ebbene 10 anni dopo il comune inizia a dire che lì non ci si può stare perchè la bonifica non è stata fatta e gli oneri di urbanizzazione erano troppo bassi.
    Ebbene, chi è il furbetto?
    1 – il comune connivente che non ha chiesto gli oneri e le bonifiche ai costruttori?
    2 – il costruttore che non ha bonificato, non ha pagato oneri adeguati?
    3 – chi ha acquistato incautamente e che oggi si trova ad essere l’unico con la patata bollente in mano?

    ma per piacere!!!!!!!

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