In via Verdi, c’è un delle più belle chiese barocche di Milano, costruita nel 1630-40 su progetto del Richini. Ma come molte chiese milanesi, che ospitano opere d’arte degne di nota è sempre difficile da visitare.
La chiesa fu progettata con impianto a pianta centrale, in cui si inserisce, sul lato opposto all’ingresso, il profondo parallelepipedo del presbiterio. La struttura dell’aula è assai mossa, con un continuo gioco di superfici concave e convesse, di zone di luce e di ombre profonde, con i possenti pilastri che sostengono il tiburio. A tutto questo movimento pare sottrarsi la zona presbiteriale, connotata da una penombra diffusa, che la stacca in modo deciso dal resto dell’aula: altro elemento, questo, che connota la profonda adesione del Richini all’architettura post tridentina, fautrice di una netta separazione tra la parte destinata ai fedeli e l’altare: in questo modo viene sottolineato il ruolo del presbiterio, che assurge alla funzione di spazio scenico, nel quale si svolgono le rappresentazioni della divina liturgia.
La peculiarità della chiesa di san Giuseppe consiste tra l’altro che essa conserva gli arredi originali, in gran parte pensati da Richini stesso: ne costituiscono un esempio le grandi strutture lignee che incorniciano i grandi dipinti degli altari, anch’essi testimonianza primaria della produzione pittorica del Seicento a Milano. L’Agonia di San Giuseppe, opera di Giulio Cesare Procaccini, realizzata nell’arco temporale che va dalla consacrazione della nuova chiesa, nel 1616, al 1625, data della morte dell’artista.
Nella cappella di fronte è dipinto un altro episodio della vita di san Giuseppe, lo Sposalizio della Vergine, commissionato a Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, da Scipione Toso, lo stesso che nel 1625 aveva patrocinato il famoso “quadro delle tre mani”, ovvero il Martirio delle Sante Rufina e Seconda, oggi a Brera, realizzato in collaborazione tra Procaccini, Cerano e Morazzone.
Le altre due pale d’altare che ospita la chiesa documentano l’evoluzione del linguaggio pittorico a Milano nella seconda metà del Seicento: la prima, raffigurante la Predica di san Giovanni Battista, fu realizzata nel 1666 da Giovanni Stefano Doneda, detto il Montalto, su commissione di Giovanni Giussani.
Si tratta di un’opera della maturità dell’artista, caratterizzata da una drammaticità evidente e da una luminosità che sembra rimandare a modelli neoveneti.
La seconda, sull’altare a destra rispetto al presbiterio, è senza dubbio un lavoro giovanile di Andrea Lanzani, eseguito negli anni subito precedenti il 1675.
Testo da Fondazione Cariplo.