Tornando indietro di 1700 anni, cercheremo di fare un viaggio virtuale e immaginario nella Mediolanum capitale dell’Impero d’Occidente, 300 d.C., con una serie di articoli.
Per chi giungeva a Milano, meglio, a Mediolanum, nel 300 dopo Cristo, da nord, da Comum (Como) per intenderci, giungeva davanti ad un’enorme porta, formata con ogni probabilità da due alti portali e da due possenti torri poligonali ai lati, si trattava di Porta Comacina.
L’ingresso monumentale era chiamato Porta Comacina (in latino, successivamente modificato in Porta Cumana o Porta Cumensis e in seguito Porta Comasina), ed era una delle nove aperture stradali ricavate nella cinta muraria romana della città di Mediolanum. Venne fatta presumibilmente erigere, insieme alle mura, da Cesare dopo l’assunzione di Mediolanum al rango di municipium nell’anno 49 a.C., oppure in seguito da Ottaviano, nel 27 a.C.. In epoca alto medievale venne chiamata anche Porta del Cordusio, per via del vicino palazzo del Duca longobardo che sorgeva nell’odierna piazza Cordusio all’epoca “Curia ducis”.
Nel 538-539 la porta venne assediata dagli ostrogoti e venne definitivamente distrutta, assieme alle mura dall’assedio di Milano del 1162 ad opera di Federico Barbarossa. Dopo quella data la nuova porta venne eretta più a nord, dove oggi si trova l’incrocio di via Mercato con via Pontaccio. Di quella romana si perderà ogni traccia.
La porta era stata aperta lungo una strada secondaria che dipartiva verso nord dal cardo e che con ogni probabilità seguiva un antico corso di un ruscello (forse il Nirone?) che proveniva da settentrione.
La Porta Comacina era situata, considerando l’urbanistica della Milano odierna, sul moderno incrocio tra le vie Broletto, Dell’Orso e del Lauro.
Tra le mura e la campagna i romani avevano costruito un canale che deviò una parte dell’acqua del fiume Seveso per fungere da fossato difensivo. Un ponte permetteva l’accesso alla porta e quindi alla città.
Varcando la soglia della porta, ci saremmo trovati davanti ad un vasto spiazzo. Sulla destra con ogni probabilità avremmo visto una serie di edifici con taverne, botteghe ai piani inferiori e abitazioni in quelli superiori, mentre sul lato opposto avremmo visto lo spiazzo che portava ad un aula o tempio addossato alle più antiche mura difensive (49 a.C.) ancora in parte esistenti e agli Horrea. Intorno vi erano con ogni probabilità anche piccole edicole votive e altari.
Come dicevamo, sulla sinistra entrando in città, addossata alle mura di epoca Repubblicana, realizzate attorno al 49 a.C., oramai non più utilizzate ma ancora in parte esistenti in porzioni all’interno della città, si trovava un edificio del I Secolo, di piccole dimensioni utilizzato come tempio o aula per cerimonie.
I resti di questa piccola aula absidata vennero scovati durante i lavori per le nuove edificazioni del 1958-1959 in via del Lauro 7, dove furono ritrovate le fondamenta di una torre appartenente alle mura, un tratto di esse di epoca tardo-repubblicana e un’aula absidata, frammenti di un frontone in marmo (oggi ricomposto all’interno dell’ingresso del complesso di via del Lauro 7), di un capitello e un elemento di architrave decorato, sempre in marmo.
Alcuni studiosi sostengono che l’aula fosse dedicata al culto dell’imperatore (per questo domus lauri, da cui il nome probabile della via del Lauro) dell’età giulio-claudia.
Scavi archeologici condotti nel 1958-1959 hanno riportato in luce un tratto della cinta muraria tardo-repubblicana che correva nella zona dell’attuale via del Lauro. All’interno, ricavata nel terrapieno della cinta e ad essa collegata con due speroni in muratura, vi era un’aula a pianta rettangolare di 11,6O x 15 metri, con un’abside larga 4,50 metri su un lato breve. Le murature, parzialmente conservate fino a un’altezza di quasi 4 metri, sono in opera mista (a fasce di ciottoli alternate a filari di mattoni) e la copertura doveva essere a volta. Dall’edificio, certamente non comune per pianta e posizione e la cui funzione rimane ignota, provengono due statue di fattura molto raffinata, un ragazzo con bulla, un pendente sferico portato dai ragazzi fino a 17 anni come amuleto e un adulto, entrambi togati, una grande quantità di frammenti di mosaico a tessere bianche e nere e porzioni di intonaco dipinto oggi disperse.
Probabilmente sono pertinenti all’edificio anche alcuni degli elementi di decorazione architettonica (capitelli e cornici attribuibili ad almeno quattro o cinque
edifici databili nel corso di tutto il I secolo d.C.) reimpiegati nella fondazione della vicina torre quadrangolare, addossata all’esterno delle mura nel III Secolo d.C.con funzione di rinforzo.
Proseguiamo la nostra perlustrazione di quest’angolo di Mediolanum.
Sempre sulla sinistra della futura via Broleto, avremmo trovato un’edificio molto grande, si tratta degli Horrea, i magazzini pubblici annonari, un complesso sostituito da due edifici paralleli, simili per dimensioni e separati da un grande cortile cintato.
Gli Horrea sorsero presso l’asse stradale diretto verso l’antica Novum Comum (Como), il magazzino, secondo gli studiosi, aveva lo scopo principale di sostentare le truppe stanziate presso la città per la difesa dei confini dell’impero.
Le imponenti murature, messe in luce durante gli scavi eseguiti tra il 1958 e il 1964-65, raccontano di un vasto edificio rettangolare, di cui restavano tratti dei muri perimetrali. Questa struttura, larga 18 metri e lunga 68, era suddivisa internamente in quattro navate da tre file di sedici pilastri, di cui quelli centrali di dimensioni maggiori; le facciate interne erano ritmate a distanza regolare dalla presenza di semipilastri (paraste) in laterizi. A nord una muratura delimitava probabilmente uno spazio aperto collegato ad un secondo magazzino (posto ad occidente), come documentato in analoghi monumenti anche a Treviri e ad Aquileia.
Noi abbiamo provato a ricostruire quest’angolo sparito di Mediolanum con un po’ di fantasia, cercando di essere il più coerenti possibile.
Fonte: Immagini di Mediolanum, Civiche Raccolte Archeologiche di Milano; Milano Archeologica, a cura di Anna Maria Fedeli; Milano Romana, Mario Mirabella Roberti-Rusconi Immagini; Wikipedia.
Complimenti! Bellissimo lavoro, bravi!
Grazie di esistere. Grazie per aver pubblicato questi articoli meravigliosi
complimenti!
siamo al top. è come giocare a Caesar III ma a milano!
Talento sprecato. Arsuffi dovrebbe ricoprire cariche nell’urbanistica di Milano, con la sua passione le cose filerebbero sicuramente meglio tra le nostre strade.
Grazie per il bellissimo regalo. una domanda: am i tratti di mura trovati nelle foto sono stati salvati in qualche modo o semplicemente ricoperti e poi asfaltati?…temo la risposta….grazie