La tanto temuta seconda ondata è arrivata e ancora una volta a farne le spese sono gli operatori di cultura, eventi, congressi e turismo che tanto si sono spesi per adeguarsi alla contingenza creata dal Covid e sono vittime di provvedimenti spesso poco chiari e in parte impari.
La situazione sanitaria mondiale ci ha – giustamente – portato negli ultimi mesi a rivoluzionare molte abitudini.
Trascorsi i mesi del “lockdown” molte attività hanno affrontato una riorganizzazione che consentisse di riprendere le proprie attività in sicurezza, garantendo la continuità del lavoro e la salute.
I dati delle ultime settimane hanno indotto le autorità a decisioni drastiche che mettono in grave crisi due settori strategici dell’economia e della cultura nazionale e milanese in particolare: gli eventi e lo spettacolo.
Con il DPCM del 18 ottobre scorso a essere toccato è stato il settore dei congressi e degli eventi, un settore che genera un indotto di 64,7 miliardi di euro con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro/anno (l’Italia rappresenta la sesta nazione al mondo per impatto economico generato dal settore degli eventi e dei congressi) e che impiega 569 mila addetti.
Un settore trainante del turismo, che assicura l’occupazione alberghiera anche in bassa stagione, riveste un peso importantissimo per le città d’arte attualmente in crisi e promuove all’estero l’immagine dell’Italia, coinvolgendo tutta la filiera (alberghi, centri congressi, agenzie organizzatrici, aziende di trasporti, società di catering e di servizi tecnici) e l’intera destinazione (ristoranti, taxi, musei, shopping, etc.)
Congressi e convegni sono volano di produttività e formazione e sono uno strumento decisivo per espandere le esportazioni delle imprese italiane.
È fondamentale sottolineare che il settore dei congressi e degli eventi è estremamente professionalizzato e sicuro: i centri congressi, gli alberghi e tutta la filiera connessa all’organizzazione dei congressi hanno investito in sistemi di sanificazione, si sono dotati e applicano protocolli di sicurezza ancora più rigidi di quelli stabiliti nelle “Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative” approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
La chiusura dei congressi mette in definitivo lockdown un settore che oggi ha già cancellato più della metà degli eventi previsti per il 2020 e che, privato della possibilità di programmazione, non ha nessuna possibilità di lavorare anche nel 2021.
Un congresso, un convegno o qualsiasi altra tipologia di evento pubblico o privato richiede mesi se non anni di programmazione.
E’ di oggi la notizia che la chiusura riguarda da domani altri due settori culturali di grande rilevanza: cinema e teatri, luoghi in cui gli ingressi sono regolati e contingentati da norme rigorose.
Come non ricordare la protesta dei “bauli in piazza” di qualche giorno fa: lavoratori del mondo dello spettacolo e degli eventi che hanno manifestato in piazza Duomo per comunicare la propria frustrazione dopo mesi di blocco di attività di un settore che purtroppo non viene ritenuto strategico dal punto di vista economico.
Federcongressi, MPI, il mondo della Cultura e e dello Spettacolo hanno alzato la loro voce chiedendo più rispetto e maggiore attenzione, soprattutto nella stesura dei provvedimenti che generano incertezza negli operatori e negli utenti, che nel dubbio si arrendono al “non fare”.
Noi pensiamo che la cultura sia una degli elementi caratterizzanti della nostra città e del nostro Paese, un elemento imprescindibile per salvaguardare la nostra identità.
Siamo consapevoli che la salute debba avere la priorità, ma pensiamo che il settore degli eventi sia stato uno dei pochi a investire sin da subito per il rispetto dei protocolli di sicurezza a tutela della salute degli spettatori e dei lavoratori.
Questo lockdown mirato colpisce duramente non solo i soggetti direttamente coinvolti ma anche tutto l’indotto. Speriamo che sia limitato nel tempo e che presto Milano possa recuperare il suo ruolo – riconosciuto a livello internazionale – di città che mette la cultura al centro.
Grazie a Maddalena Milone – Presidente di MPI – per l’importantissimo supporto nella stesura dell’articolo e per l’attività instancabile a difesa del settore degli eventi congressuali
Finiremo tutti sul lastrico. Ecco.
Mi sembra assolutamente condivisibile.
Tra l’altro cinema e teatri adottavano gli stessi protocolli di sicurezza delle Chiese, che però rimangono aperte. E a messa ci va un numero di persone molto maggiore di quelli che frequentano i pochi cinema o teatri rimasti in Italia.
La settimana scorsa sono stato a teatro. Sulla stessa fila, tra uno spettatore e l’latro c’erano due sedie vuote mentre tra una fila e l’altra i posti erano messi in modo che nessuno spettatore fosse mai davanti o dietro a nessun altro. Intorno a me c’era una “bolla” di almeno due metri di diametro. E tutti indossavano le mascherine (con personale che girava a controllare che tutti la tenessero anche durante lo spettacolo).
Nella mia palestra le regole erano rispettate rigidamente: attrezzi alternati (uno usabile e uno “sbarrato”), pulizia continua, pesi e bilancieri da posare dopo l’uso in un’area apposita dove venivano immediatamente sanificati… prenotazione obbligatoria per lo spogliatoio…
Qualcuno mi deve spiegare come queste situazioni possano essere considerate più pericolose che prendere la metro affollata alla mattina.
Semplicemente perché tutta Italia non fa tua palestra e il tuo teatro…
Non si possono controllare tutti.
E perché dati alla mano l’autogestione come dici tu non ha funzionato. Dopo estate il virus si è impennato.
E sempre dati alla mano l’unica cosa che ha funzionato è stato l’ultimo lockdown.
Triste ma vero.
Purtroppo
Cinema e teatri aumentano le persone in circolazione, e il messaggio generale è “non uscire di casa”.
Rispetto ai musei, che sono rimasti aperti, generano un movimento superiore (e ai musei non c’è assembramento all’ingresso e all’uscita, che al cinema e al teatro si verifica, inutile nasconderselo).
Le messe sono state risparmiate perchè in Italia c’è certamente una deferenza atavica nei confronti del Vaticano, ma bisogna anche dire che in genere a messa le persone vanno a piedi, nella chiesa vicino a casa, e non prendono mezzi pubblici.