Milano | Porta Nuova – Sistemazione di via Marco de Marchi: aggiornamento

Avevamo potuto vedere a Porta Nuova, in pieno Centro Storico il piccolo cantiere di via Marco de Marchi, dove sono in corso dei lavori di riqualificazione di un tratto della via. Una parte è stata quasi completata e si può vedere come sarà una volta ultimato l’intervento.

Una parte del marciapiede è stato allargato con un’aiuola attorno alle alberature, mentre gli altri fori per gli alberi sono stati rivestiti con cubetti in porfido.

Specifichiamo che i fori nell’asfalto non sono stati “cementati”, come molti hanno subito gridato sui social, ma semplicemente a protezione delle radici, anziché mettere una griglia, in questo caso è stato scelto di rivestire il terreno con pietre e sabbia, di modo che la pianta respiri e crescendo sposti i cubetti di porfido, non ostacolandone la crescita. Potremmo dire che la cosa strana, come al solito, a Milano si scelga di mantenere asfaltato il marciapiede e piastrellare con pietra altri punti della strada (quante sono le strade milanesi che hanno marciapiedi in asfalto e strade in pietra?).

Milano, Via Melchiorre Gioia, Gioia 22, Porta Nuova, Centro Direzionale, Pelli Clarke Pelli Architects,

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17 commenti su “Milano | Porta Nuova – Sistemazione di via Marco de Marchi: aggiornamento”

  1. La soluzione dei cubetti di porfido è intelligente e l’ho vista usata anche in altri Paesi, ma forse si poteva lasciare un filino di spazio in più vicino al tronco.

    Ma non sono un esperto e magari c’è una ragione

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    • Un’altra criticità che vedo è che, considerata la scarsa frequenza della manutenzione a Milano, i cubetti che verranno man mano scalzati dalle radici rimarranno lì abbandonati per mesi se non per anni, come si vede in altre vie dove le radici sono arrivate ai cordoli fatti di cubetti.

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    • In realtà c’è una ragione per cui sono stati messi i cubetti in quel tratto, tra l’altro brevissimo. Cioè che c’è la fermata dell’autobus e sarebbe fastidio calpestare il fango per salirci e e scenderci.

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  2. Ma che porcata è? Ma cosa vi siete bevuti? Ma come si fa a pensare che i cubetti di porfido permettano alla pianta di respirare..o prendere acqua… ma manco per il cavolo, anziché lasciare le aiuole di terra, magari piantumate a prato, le avete semimpermeabilizzate e tombato i marciapiedi con asfalto… fantastico, geni proprio questi milanesi.. ma neanche ad Addis Abeba si fanno schifezze di lavori del genere

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  3. che le piante possano crescere tranquillamente così mi sembra impossibile. In ogni caso chiedete a uno studioso di botanica. Il fatto che i cubetti di porfido siano utilizzati per imbalsamare le radici delle piante invece che per rifare le superfici dei marciapiedi la dice lunga sull’idea di città che circola negli uffici comunali.

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    • A prima vista, non ha senso
      Però darei un po’ più di credito a chi ha scelto questa soluzione. Io riesco ad uccidere ogni vegetale che transiti dal mio terrazzo, per questo contro la divisione parchi e giardini non sarò io a scagliare la prima pietra.. Neanche il primo cubetto di porfido!

      Se faccio professione di fede nelle decisioni non troppo intuitive sulla botanica, la parte estetica di asfalto e pietra invertite, è ingiustificabile…

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  4. Ma come si fa a credere che una pianta possa vivere bene in questa soluzione? morirà lentamente e darete la colpa a chissà quale misteriosa malattia per infine abbatterli. Senza rispetto per la natura e senza buon gusto, orribile anche da vedere. Quanta ottusità…

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  5. Mi chiedo se gli architetti conoscano come funziona e si sviluppa l’apparato radicale di una pianta. A giudicare dagli alberi “cittadini” che cadono durante i temporali… no.
    Parlino gli esperti, anzi gridino

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    • Dipende forse dal piano di gestione in essere. Nel nord Europa spesso le amministrazioni pubbliche preferiscono piantare alberi giovani che dopo un turno di 12-15 anni (faccio un esempio così per dire) li sostituiscono con nuove piante. In questo modo si evitano i costi di potatura e gestione di individui adulti e senescenti. In quel caso puoi preoccuparti meno dell’effetto traumatico di una copertura continua sulla zona occupata dall’apparato radicale, sapendo che quella pianta la andrai a eliminare tra pochi anni.

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  6. Inguardabile presunzione di superiorita’ dell’ uomo medio. Sarebbe come avere una camicia di forza , immaginatevi cosi in quella condizione .
    Soluzione vomitevole a tutti i livelli

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  7. Trattasi di 4/5 piante che prima avevano un tornello ridicolo (maps) con le radici ricoperte da cemento e asfalto. Ora hanno uno spazio grande almeno il doppio di prima, con un pavimentazione parzialmente drenante (non cementata) che ben si presta ad assecondare lo sviluppo del tronco (togliere una fila di cubetti è semplice ed economico) e che consente a chi usa i mezzi pubblici di utilizzare al meglio la banchina. Che scempio.

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  8. Trattasi di 4/5 piante che prima avevano un tornello ridicolo (vedi maps) con le radici ricoperte da cemento e asfalto. Ora hanno uno spazio grande almeno il doppio di prima, con un pavimentazione parzialmente drenante (non cementata) che ben si presta ad assecondare lo sviluppo del tronco (togliere una fila di cubetti è semplice ed economico) e che consente a chi usa i mezzi pubblici di utilizzare al meglio la banchina. Che scempio.

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  9. Il problema di questa soluzione, che a mio avviso non aiuterà né la pianta e né il cittadino, è che, pur volendo accettare l’idea che uno strato così compatto permetta gli scambi gassosi dell’apparato radicale più superficiale, non tiene minimamente conto dell’accrescimento diametrale della pianta a livello del colletto. Quando valuto le condizioni fitostatiche degli alberi, mi capita spesso di trovare alberi il cui legno al fusto o al colletto, presentano l’inclusione di un corpo estraneo, e questo avverrà di certo a queste piante. Questi alberi non scalzeranno nessuna delle pietre della pavimentazione, ma piuttosto premeranno finché possono la prima fila di pietre verso l’esterno, dopodichè, prevarrà la resistenza della roccia ed il colletto crescendo verrà strozzato dai blocchetti, i quali poi non potranno più essere estratti da questa morsa e addio albero.
    Inoltre alcune di queste piante presentano un colletto piuttosto cilindrico al livello del piano di calpestio, il ché potrebbe dipendere dal fatto che tali alberi siano stati già parzialmente interrati per una certa quota. L’interramento del colletto è una delle cause che portano nel medio/lungo periodo al deperimento delle piante.
    Alla fine prevale sempre il vuoto cronico presso gli uffici delle amministrazioni pubbliche, presso gli studi di architettura, dei geometri e degli ingegneri, di tecnici specializzati in verde come agrotecnici, periti agrari, agronomi e dottori forestali., nonché dei paesaggisti in senso stretto che hanno studiato e lavorato solo in questo ambito.
    Saluti

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