Milano | Bullona – Fine Ottocento, Piazza Gerusalemme e lo stabilimento di “M” poco gradito

Milano Bullona. Nell’area che ora identifichiamo come Bullona o Sempione, più precisamente dove si trova piazza Gerusalemme, troviamo il plesso scolastico della scuola elementare Ferrante Aporti di via Mantegna 10 angolo via Monviso. Al suo posto per decenni fu operativo uno stabilimento per la lavorazione delle materie fecali. Questo sino al suo smantellamento nel 1905 per l’espansione della città e le problematiche di conseguenza, seguite con la costruzione, al suo posto, del plesso scolastico costruito nel 1910 e di altri edifici pubblici che ancora oggi possiamo ammirare in via Mantegna e via Monviso.

Quest’area era aperta campagna per secoli e il territorio apparteneva ai famigerati Corpi Santi, l’insieme di borghi e cascine che ad anello, circondavano Milano. L’annessione nel 1873 a Milano del comune dei Corpi Santi, di cui il Borgo degli Ortolani e il borgo delle cascine Bullona facevano parte, segnò in qualche modo l’espansione del borgo che grazie anche al quasi contemporaneo piano regolatore Beruto (1884) finì con il perdere la propria fisionomia e identità.

In questo articolo vi portiamo a scoprire una curiosa e inaspettata realtà che pare ormai distante anni luce, ma che per decenni aveva condizionato l’area tra la Bullona e il Borgo degli Ortolani.

Uscendo da Porta Tenaglia e percorrendo la via Canonica, si passava un tempo nel cuore del Borg de Scigolat (cipollari) o Borgo degli Ortolani, il quartiere dei fruttivendoli, per lo più di origine brianzola; il borgo, ancora negli ultimi decenni prima dell’Ottocento, terminava all’incrocio con la via Paolo Sarpi, punto in cui la città realmente finiva, per lo meno in direzione nord ovest. A segnare il punto in cui finiva l’agglomerato urbano dell’epoca era la Cà della Micca, un grande forno dove venivano prodotte le micche, i grandi pani con un peso di poco superiore al mezzo chilo e che erano esentati dal pagamento del dazio. Tutti coloro che arrivavano dal contado nord occidentale per andare a lavorare a Milano, si fermavano alla Cà della Micca per comprare una grande pagnottella da mangiare a pranzo.

Continuando lungo l’asse stradale che si dirigeva verso la Strada del Sempione, oggi via Piero della Francesca, e che era di quasi due millenni più antico del recente corso Sempione, si incontrava solo campagna. Una serie infinita di campi coltivati, la grande roggia Rigosella che distribuiva acqua a tutti i canali secondari per irrigare i campi e una serie di cascinali e minuscoli borghi agricoli: la Bullona (il maggiore), la Graffignana, la Colombirolo, la Rovana, la Grancetta, le grandi lavanderie Bisanzoni, la Colombirolo e, un po’ più distante a nord est, il grande borgo sorto attorno alla Villa Simonetta.

La tranquillità degli abitanti della zona fu totalmente stravolta subito dopo l’annessione del Ducato di Milano al Piemonte, quando il governo cittadino decise di far costruire lo Stabilimento delle Materie Fecali proprio in questa zona. Si trattava di un enorme deposito, formato inizialmente da una grande e profonda vasca, dove erano scaricati tutti i liquami e le deiezioni umane prodotte in città.

Non esistendo ancora i collettori fognari, chi non abitava nei pressi di un corso d’acqua, scaricava le deiezioni nei pozzi neri del palazzo in cui viveva. Questi pozzi, per legge, erano svuotati due volte l’anno, solo nei mesi invernali. Il terribile lavoro era svolto da immigrati brianzoli, generalmente, che con badile e secchio si calavano in questi orrendi pozzi ed estraevano tutto quel che vi era dentro. Era poi caricato su carri e portato di notte fuori dalla città, verso la Brianza.

Questa era infatti una terra povera d’acqua e scarsamente fertile e necessitava di una gran quantità di letame. Non essendoci però allevamenti di bovini o suini, il letame doveva essere comprato. Quello animale, più “pregiato”, era molto caro, mentre quello “umano” poteva essere comprato a buon prezzo o, addirittura, ottenuto gratis, svuotando i pozzi neri dei milanesi!

Nel corso dei secoli, il Comune legiferò per ridurre il terrificante olezzo che proveniva dai carri carichi di deiezioni umane, arrivando al punto di far effettuare lo svuotamento solo a chi era munito di carri a botte ermeticamente chiusi. Nacquero poi delle cooperative di lavoratori del settore e, infine, la Società Anonima dei Pozzi Neri, che assunse il monopolio dello svuotamento di tutti i pozzi urbani. Il lavoro era effettuato in modo gratuito e la società ricavava gli utili dalla rivendita.

Subito dopo l’Unità la SAPN chiese e ottenne dal Comune di Milano di aprire una enorme vasca per contenere tutte le deiezioni dei milanesi, in modo che i contadini brianzoli potessero recarsi a rifornirsi in un solo punto.

Ovviamente doveva essere scelto un terreno abbastanza lontano dai Bastioni e posto nella fascia a nord della città, verso la Brianza.

Alla fine, non si sa bene come e perché, fu scelto un grande terreno posto al centro tra le Cascine Bullona, Graffignana, Colombirolo e Rovana.

Immediatamente gli abitanti dei quattro borghi agricoli presentarono alla Commissione Municipale Sanitaria una serie di reclami, per impedire l’apertura dell’impianto. Il Comune disse loro che l’impianto sarebbe stato costruito in ogni caso e che non dovevano temere nulla, dato che sarebbe stato costruito con i migliori accorgimenti e non si sarebbe sentito alcun odore…

Ovviamente le cose non andarono così, e gli abitanti dei quattro borghi, sino a quelli della Simonetta e, nelle giornate ventose, anche quelli del Borg de Scigolat, non potevano far altro che tapparsi in casa e mettere un fazzoletto davanti al naso e alla bocca.

Il 25 agosto 1862 gli abitanti dei vari borghi vicini allo stabilimento presentarono una petizione con un migliaio di firme per fare causa alla Società Anonima dei Pozzi Neri. Veniva sottolineato come le centinaia di contadini brianzoli andassero a comprare il letame umano senza usare carri a botte e che il fetore, al loro passaggio, era qualcosa di insopportabile. Segnalarono anche che il valore delle loro case, delle cascine e dei terreni agricoli era crollato da quando era stato aperto lo stabilimento.

La petizione fu protocollata e messa in un cassetto, dove rimase per più di due decenni.

Le cose peggiorarono ancor di più nel 1884, quando il Comune, stremato dalle proteste dei cittadini della zona nord ovest della città, proibì ai contadini brianzoli di percorrere alcune strade che ormai erano state urbanizzate dallo sviluppo della città e li obbligavano a giri lunghissimi che li costringevano a un viaggio che poteva durare giorni.

I brianzoli, per protesta, smisero di recarsi a Milano a comprare il letame e nel giro di poche settimane, la grande vasca dello stabilimento si ritrovò ben oltre il limite di guardia.

Il direttore dello stabilimento si recò così dal sindaco, facendo presente che le possibilità erano solo due, o la sospensione dello svuotamento di tutti i pozzi neri di Milano, o lo sversamento delle eccedenze nelle rogge del nord Milano, inquinando così tutte le acque. L’unica soluzione era la riapertura di una strada che passava per la Simonetta, la Cascina Biuma, a sud della Ghisolfa e arrivava fino a Dergano, da cui partivano poi le strade per la Brianza. Il problema è che la strada passava per buona parte nel territorio del Comune di Affori, che non volevano assolutamente aver nulla a che fare coi maleodoranti carri dei brianzoli. Alla fine Affori cedette e la situazione tornò nella normalità.

Solo ai primi del Novecento venne proibito ai contadini del contado di Milano di concimare i campi con letame di origine umana. I contadini della Brianza, invece, continuarono ad andare a rifornirsi allo Stabilimento, che vide però diminuire la quantità di deiezioni conferite con lo sviluppo della rete fognaria della città, che fu intrapresa a partire dal 1890.

Lo Stabilimento delle Materie Fecali rimase attivo sino al 1910 circa, quando ancora compariva sulle mappe della città, nonostante fosse ormai circondato da dozzine di condomini.

L’enorme vasca si trovava nella metà nord dell’isolato compreso tra le vie Monviso, Lomazzo, Procaccini e Mantegna. Subito dopo la chiusura e la demolizione degli edifici dello stabilimento, il terreno venne usato per costruire la Scuola Femminile di via Mantegna, esistente ancor oggi.

Oltre alla scuola, nella stessa area occupata dall’ex stabilimento per la lavorazione delle feci, venne edificata una piccola caserma dei Vigili del Fuoco, rimasta in funzione sino alla costruzione della non lontana caserma di via Messina nel 1956. Oggi la palazzina, molto graziosa, è sede della polizia locale.

Nell’area nel 1895 venne avviato il cantiere per la costruzione di un grande santuario. Naturalmente il nuovo complesso religioso non si trovò lontano dallo stabilimento delle materie fecali di via Mantegna.

Due fratelli sacerdoti, Giuseppe e Antonio Videmari, acquistarono nel 1893 una porzione di terreno agricolo nella giurisdizione della parrocchia della SS. Trinità, per costruirvi dapprima una grotta e poi un santuario dedicato alla Madonna di Lourdes, a cui era particolarmente devoto don Giuseppe, perché era guarito da un tumore alla gola grazie alla sua intercessione. La grotta, proprio come a Lourdes, doveva essere collegata alla facciata e poi al campanile, ma il terreno friabile e ricco di rogge non lo permise: quindi grotta, santuario e campanile sorsero staccati.

Il Santuario fu iniziato nel 1895: vista la sua destinazione ai malati, don Antonio volle che adiacente alla grotta sorgesse un convalescenziario, ancora oggi ben visibile, anche se con altra destinazione d’uso. La costruzione della chiesa terminò nel 1902, ma oltre all’opera estenuante dei due fondatori ci fu sempre l’aiuto della comunità dei fedeli, che si sentivano responsabili della loro chiesa locale. Raccontano che i mattoni furono messi in vendita a 10 centesimi l’uno per raccogliere fondi: l’episodio sarebbe forse stato dimenticato se l’arcivescovo Montini, durante una sua visita pastorale, non avesse ricordato che anche la sua famiglia ne aveva comperati.

Nel 1910 la Chiesa fu tolta dalla giurisdizione della SS. Trinità, per diventare poi parrocchia urbana nel 1925 per decreto del cardinale Tosi. Lo stesso anno fu posta ai piedi della grotta una statua di Bernardette e nel 1935 fu posta una fontana d’acqua potabile a imitazione di Lourdes. Fu infine solennemente consacrata dal cardinale Schuster il 1° novembre 1942, l’anno prima che una tremenda incursione aerea, l’8 agosto, le procurasse danni gravissimi.

Oggi l’area un tempo occupato dallo stabilimento delle materie fecali è occupato dallo stabile della scuola Ferrante Aporti di via Mantegna 10 e dal complesso dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco al civico 12 di via Monviso.

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Milano Sparita, Milano Vintage, Pagina Milano Scomparsa
  • Fonte: Paolo Motta per Pagina Milano Scomparsa
  • Bullona, Piazza Gerusalemme, Via Monviso, Via Piero della Francesca, Storia, Via Andrea Mantegna, Madonna di Lourdes
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

6 commenti su “Milano | Bullona – Fine Ottocento, Piazza Gerusalemme e lo stabilimento di “M” poco gradito”

  1. Un bellissimo articolo che rivanga una serie di ricordi per me che ho lavorato in via Monviso 6 sede fino a cinque/sei anni fa della Sezione Manutenzione del Servizio Fognatura del Comune di Milano, oggi trasformata in uffici. Quante volte sono sceso a passeggiare nelle fogne milanesi, a loro modo uno spettacolo… Non si trovava solo M, come dite voi, ma anche monete, gioielli che cadevano negli scarichi dei bagni e chi sconosceva i punti dove la corrente li depositava, custodiva gelosamente il segreto. Non ho mai capito perché l’attività di “recupero” dell’oro (c’era gente che portava a casa un secondo stipendio) si chiamasse “carta e ossa”. Gli operai, pensate voi, pranzavano in fognatura dopo essersi sciacquati le mani con gli scarichi che arrivavano dai palazzi. Poi ci facevano il pisolino post prandiale. La fotografia con cui avete aperto l’articolo l’abbiamo anche nei nostri archivi, ed ancora altre alla bisogna. La nostra vecchia sede si intravvede nella terzultima foto del vostro servizio in fondo al vicolo a sinistra, è la palazzina giallognola.

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  2. Ho letto con grande interesse il vostro articolo.
    Da piccola ho frequentato la “Scuola elementare femminile Ferrante Aporti”
    , andavo a giocare ai giardinetti di Piazza Gerusalemme ed infine la mia Parrocchia era proprio quella della Madonna di Lourdes ed andavo anche all’oratorio lì vicino.
    Da più di 45 anni vivo sul Lago di Garda e, leggendo, sono riaffiorati tanti ricordi così come è stato molto interessante conoscere la storia dei luoghi della mia infanzia.
    Vi ringrazio molto e complimenti per la ricerca storica.
    Cordiali saluti
    Rosanna

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  3. Da ex-alunno della Scuola elementare maschile Ferrante Aporti (anni 1959-1964), nonché ex-parrocchiano della Madonna di Lourdes, ora residente in Piemonte, vi ringrazio per questo bell’articolo. Ai miei tempi in Via Monviso, accanto al Comando dei Vigili c’era la Pasticceria Bolgè (il figlio del titolare era mio compagno di classe). Vi assicuro che i profumi che uscivano dal laboratorio erano un graditissimo contrappasso rispetto agli olezzi che regnavano in zona e che avete descritto così efficacemente.

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  4. La foto di via Lomazzo bombardata e da via Bertini verso Procaccini pertanto l’edificio eventualmente è sulla sinistra dopo l’incrocio

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  5. Ho letto con attenzione quanto scritto su Milano Bullona. Sono sarda, e da pensionata
    Sono rientrata nell’isola. Ho abitato all’inizio di Piero della Francesca per tanti anni . Lavoravo al Comando Prov.le VVF di Via Messina. Ho dei bellissimi ricordi della zona.
    Alcune cose sul quartiere me le raccontava un signore anziano che era vissuto fin da bambino in zona. Complimenti!

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