Milano, Maggiolina.
Se siete milanesi, probabilmente avete già sentito parlare delle curiose “case igloo” della Maggiolina. In caso contrario, vi raccontiamo brevemente la storia di queste bizzarre abitazioni, recentemente tornate alla ribalta sui social, anche grazie a un restauro piuttosto fedele all’originale che, però, ha suscitato reazioni contrastanti tra i cittadini della zona.
Le casette si trovano nel territorio della Maggiolina, all’interno del quartiere del Villaggio dei Giornalisti, vicino alla ferrovia per Greco e Monza, in via Lepanto. Sono ciò che resta di un progetto che inizialmente aveva previsto la costruzione di 12 unità: oggi ne sopravvivono otto, caratterizzate dalla loro inconfondibile forma a igloo o cupola e dotate di un piccolo giardinetto. Furono realizzate nel 1946 dall’architetto Mario Cavallè per rispondere all’emergenza abitativa del Dopoguerra. Altre erano state costruite a Novate, al confine con Milano, mentre nell’adiacente via Perrone di San Martino al 14 vi era una casa a forma di Fungo, oggi socparsa.
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Ogni villetta presentava una pianta circolare con quattro ambienti principali. L’ingresso conduceva a un soggiorno con angolo cottura di 18,40 m², la stanza più ampia della casa. Da qui si accedeva alla camera da letto, che misurava 14,80 m². Il bagno, invece, di 3,60 m², era collocato vicino all’ingresso. Inoltre, era presente una piccola stanza seminterrata accessibile dall’esterno tramite una botola. In totale, l’abitazione raggiungeva i 45 m².
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Nel tempo, alcune di queste case sono state sostituite con costruzioni più convenzionali, ma otto sono ancora presenti e in parte abitate. Cinque si trovano nella parte meridionale del lotto, verso via Perrone di San Martino e viale Evaristo Stefini, mentre le altre tre si trovano di fronte a via Pietro da Bescapè. Alcune sono state mantenute in ottime condizioni, altre meno. Quasi tutte, tuttavia, hanno subito modifiche significative nel tempo: alcune hanno ricevuto nuove coperture in tegole di diversa fattura, mentre una è stata lasciata col tetto in cemento e dipinta di rosso.
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Queste abitazioni, con la loro forma insolita, hanno catturato l’attenzione dei fratelli Michele e Alberto Scala, due dentisti di Melegnano, che hanno deciso di acquistarne una, in vendita da tempo, e di riportarla al suo antico splendore. (fonte Il Giorno)
L’immobile, però, versava in condizioni critiche: era disabitato da circa trent’anni e necessitava di un importante intervento di recupero. Nonostante ciò, i due fratelli, affascinati dalla sua storia e architettura, hanno accettato la sfida. Il restauro è stato condotto con l’intento di rispettare il progetto originale: la casa è tornata al suo colore bianco, senza coperture aggiuntive, e il tetto è stato trattato con una speciale resina. All’interno, il tema dell’igloo è stato enfatizzato con decorazioni ispirate al mondo artico, come finti blocchi di neve, stalattiti e un pavimento che richiama la banchisa polare.
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I lavori, durati circa nove mesi, hanno attirato la curiosità di passanti, turisti e persino di un professore del Politecnico, interessato ad ammirare il restauro. Dal punto di vista strutturale, l’edificio si è rivelato sorprendentemente solido, grazie all’uso innovativo del cemento armato da parte di Cavallè, che nel Dopoguerra brevettò diverse tecniche costruttive.
Oggi, la villetta di 45 m², suddivisa su due livelli, non è destinata a uso residenziale privato, ma verrà affittata per soggiorni brevi, offrendo ai turisti un’esperienza unica a pochi minuti dal centro di Milano (M5 Marche, M5 Istria e M3 Sondrio).
Nonostante l’attenzione e la cura con cui è stato eseguito il restauro, il risultato ha suscitato polemiche. Secondo un articolo de La Repubblica, alcuni cittadini si sono indignati per la scelta del bianco candido, definendola “una cafonata pazzesca”, “un obbrobrio fuori contesto” e persino “uno sfregio” alla memoria storica della città. Tuttavia, molte di queste critiche sembrano essere il frutto di un giudizio superficiale, senza una reale conoscenza della storia di queste abitazioni.
Forse l’unico elemento discutibile è la scelta di eliminare il giardino, sostituendolo con una spianata di cemento, un dettaglio che ha contribuito a rendere l’atmosfera ancora più glaciale. È probabile che i nuovi proprietari abbiano voluto ridurre i costi di manutenzione, ma questa decisione ha tolto un po’ di poesia a un progetto che, nel complesso, resta comunque un interessante esempio di recupero architettonico.
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- Referenze immagini: Milano Sparita; Roberto Arsuffi; Getty Image
- Informazioni: Milano Sparita Skyscrapercity; “Le Città nella Storia d’Italia”; Il Giorno; La Repubblica
- Per le foto d’epoca: sono immagini diffuse in rete e pertanto non di nostro possesso
- Milano, Maggiolina, Villaggio dei Giornalisti, Greco, Via Lepanto, Case Igloo, Restauro
A Novate Milanese le case ad igloo sono grigie, quindi non ci vedo nulla di scandaloso che sia bianca
L’eliminazione del giardino, con la conseguente scomparsa di suolo permeabile, non dovrebbe essere possibile. Gli uffici tecnici che hanno dato il via libera a questa contraddizione dovrebbero risponderne. Si parla di città permeabile, di contrasto alle isole di calore, di nuovi alberi e poi si consente di trasformare un giardino in uno spiazzo di cemento con relativa rete di smaltimento delle acque meteoriche? Siamo alla follia.
Buongiorno. Anche prima della ristrutturazione non era presente alcun giardino. Solo piastrelle rotte e cemento.
Assolutamente falso, sono stati i primi lavori a riempirlo di calcinacci. In quel giardino ho visto per la prima volta a Milano un geko, e veniva visitato perfino dagli scoiattoli. Ho foto e video che lo provano.
Bene per il restauro, concordo sulla pessima scelta del colore.
Bene il restauro, pessima la scelta del bianco.
Concordo con Andrea per quei 40mq senza alberi per poter contribuire all piantumazione dei 3 milioni promessi, senza erba alta mezzo metro per garantire la biodiversità e anche con Alberto per la scelta del bianco.
Siamo alla follia.
Ho visto le foto dell’interno. Sarò snob e giustamente l’interno è fatto per esser vissuto dai proprietari ma è veramente cafone.
Cioè questi ci mettono dentro finti blocchi di neve e stallattiti e vorrebbero far credere di essere stati fedeli all’originale?
È solo una gran cafonata turistica.
Concordo con chi ha scritto che il giardino non può essere sostituito da una colata di cemento, ma come al solito non ne risponderà nessuno.
Cioè, con questa città allo sbando il problema sono le stalattiti e quattro metri quadri di cemento in una proprietà privata?
Che povera vita deve avere un hater
Stiamo commentando questa restaurazione, se tu invece vuoi parlare dei massimi sistemi dell’ universo sei fuori posto.
Se per massimi sistemi dell’universo intendi parlare delle colate di cemento consentite da questa giunta rispetto a pochi metri quadri di un giardino privato vedi tu chi è fuori posto.
Ma infatti. Dopo trent’anni di abbandono si restituisce alla vita cittadina una minuscola casa pittoresca alla destinazione migliore che può avere, cioè di attrazione turistica da vivere per qualche giorno e siamo qui a lamentarci di aver perso due ciuffi d’erbaccia? L’unico rammarico è che non si sia potuto ristrutturare tutte le casette in blocco, sempre una scarpa e una ciabatta…
Ho visto adesso che c’è anche una cafonissima bandiera italiana in fondo a sinistra, possibile che non hai niente ridire anche su quella?
per “cafonissima bandiera italiana” spero che tu prenda una bella denuncia per vilipendio
Non è cafona la bandiera, ma l’uso nel contesto. Mi pare chiaro. Quanto fanatismo…
Ecco un altro hater.
Ma ce l’avete proprio col mondo, porca miseria.
In ogni caso mi riferivo ironicamente a quel criticone sopra e sempre in ogni caso ammetto che mettersi una bandiera italiana in casa o in giardino lo ritengo abbastanza cafone anch’io.
Ciaone.