Milano | Brera – Via Giuseppe Verdi 7: un palazzo in continua trasformazione

Milano, Brera.

Quello di via Giuseppe Verdi 7 è, a nostro avviso, uno degli edifici che più ha cambiato volto nel corso del tempo. Originariamente si trattava di un palazzo neoclassico di due piani, costruito all’inizio dell’Ottocento. La facciata era scandita da nove finestre per piano e al piano terra si apriva al centro, il portale principale, sormontato da un balcone sorretto da mensole. Di questo impianto originario oggi resta solo il portale di via Boito 10 (seconda foto a seguire), con finiture analoghe mentre quello su via Verdi è stato eliminato completamente.

L’edificio, inizialmente adibito a uffici, rimase pressoché invariato fino agli anni Trenta del Novecento, quando fu ampliato e rimaneggiato su progetto di Pier Giulio Magistretti (padre di Vico Magistretti), diventando la nuova sede dell’Istituto Italiano del Credito Marittimo. In questa fase, il palazzo perse una piccola porzione (una fila di finestre in verticale), assorbita dall’edificio adiacente di via Verdi 5, e venne completamente trasformato: i piani da due diventarono quattro, con due aperture centrali sormontate da una nuova balconata. Vennero introdotte lesene che si arricciavano in volute all’altezza del cornicione tra il terzo e il quarto piano, figure a rilievo tra le finestre dell’ultimo livello e mascheroni come punto di partenza delle lesene stesse.

Nel 1966 il palazzo fu nuovamente oggetto di un importante intervento ad opera dello studio BBPR, incaricato di ridisegnarlo per adeguarlo alle esigenze moderne della Banca Privata Finanziaria, poi Unicredit, intervento completato nel 1969.

I BBPR svilupparono un progetto articolato su più livelli. Il fronte su strada venne liberato dall’ordine gigante di lesene, considerato fuori scala rispetto alla stretta via Verdi, per far riaffiorare la facciata neoclassica. Il sopralzo fu demolito e ricostruito: sopra il tetto riposizionato venne aggiunto un volume vetrato con struttura portante in acciaio a vista, a sua volta coperto da un ampio tetto a falde rivestito in rame. In questo modo si ripristinò l’allineamento della gronda e il ritmo delle aperture originarie, ristabilendo la continuità della cortina edilizia ottocentesca. Le nuove membrature rispettano il ritmo serrato delle finestre storiche, instaurando un dialogo armonico con le preesistenze. La connessione tra le porzioni di edificio di epoche diverse è stata risolta mediante una cesura profonda in corrispondenza del piano loggiato, così da mantenere le due parti ben distinte e leggibili, senza rinunciare però a dichiarare la propria contemporaneità.

Nel 2017 si è intervenuti nuovamente al piano terra, trasformando le finestre — già parte dello spazio commerciale della banca — in vetrine ad arco, realizzate questa volta nel rispetto dello stile neoclassico dell’edificio.

A partire dal 2023, l’immobile è stato oggetto di ulteriori interventi di riqualificazione impiantistica interna e restauro delle facciate, lasciate intatte nella loro configurazione, secondo un progetto sviluppato da DeA Capital Real Estate SGR S.p.A – Fondo “SIGMA”, in collaborazione con Asti Architetti e Tekser, società di ingegneria. Ora il palazzo è tornato sul mercato per ospitare nuovi uffici moderni.

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Milano Sparita; Skyscrapercity;
  • Le foto d’epoca sono immagini diffuse in rete e pertanto non di nostro possesso. Non si conosce autore e proprietario, a meno che non sia riportato sulla foto con watermark. 
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6 commenti su “Milano | Brera – Via Giuseppe Verdi 7: un palazzo in continua trasformazione”

  1. Già dal 1966 era diventato un brutto palazzo con quell’obbrobrio di sopralzo. Non pensavo proprio fosse possibile peggiorarlo ma mi sono sbagliato. Inguardabile

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  2. BBPR imbarazzanti! Un giro di belle parole ad effetto per giustificare un raptus di follia reazionaria che li ha convinti a posizionare un avanzo di Torre Velasca venuto male su un edificio di Magistretti che poteva anche non piacere, ma che aveva sicuramente un equilibrio stilistico di gran lunga più riuscito rispetto all’edificio attuale con quel “precario” manufatto sulla testa che “senza rinunciare a dichiarare la propria modernità” di fatto si palesa in tutta la sua presunzione

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  3. Questa idea malsana di inserire il nuovo nell’antico lasciando visibile evidente la differenza è la causa dei peggiori scempi della architettura milanese.
    Questo esempio in realtà è uno dei meno peggio e il sopralzo tende a passare inosservato, ma ci sono e proseguono tuttora esempi di sopralzi che sono veri insulti al buon gusto e al decoro.

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  4. Orribile il piano sopra il tetto..vergognoso sia stato permesso di costruirlo e ancor più vergognoso che a fronte di una richiesta di ristrutturazione non si sia obbligato a demolire questo scempio

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