Proseguiamo con le interviste agli Assessori del Comune di Milano per fare un bilancio di quel che è stato realizzato in questi 5 anni e ragionare su quali possano essere gli interventi interessanti per il futuro della città.
Oggi pubblichiamo il testo del nostro incontro con l’Assessora ad Area metropolitana, Casa, Demanio Daniela Benelli
UF Quale possiamo considerare il progetto chiave di questi cinque anni nell’ambito di case e demanio
Benelli: partiamo dal Demanio. In questo ambito è stato fatto un grandissimo lavoro attraverso la riscrittura delle linee di indirizzo per l’assegnazione degli spazi del demanio comunale; visto che una gran parte degli immobili era inutilizzata o aveva bisogno di lavori – talvolta molto importanti – abbiamo provato a reimpostare le regole nel 2012 e abbiamo contemplato varie possibilità.
Un caso a parte, ma di un certo rilievo, riguarda la Galleria Vittorio Emanuele dove si è realizzato uno svuotamento dei piani alti in cui erano presenti associazioni e inquilini. Abbiamo atteso la scadenza dei contratti con i privati e ricollocato le associazioni, con loro soddisfazione, in uno spazio in via Duccio da Boninsegna . Lo svuotamento ha consentito di utilizzare molto meglio i piani alti della Galleria che in qualche caso abbiamo messo a bando (come nel caso degli alberghi) con canoni molti più importanti rispetto al passato; in altri casi abbiamo potuto verticalizzare i bandi, ovvero dare sviluppo verticale agli spazi commerciali che si affacciano sulla Galleria.
La Galleria ha cambiato faccia; pur conservando il mix di attività merceologiche abbiamo riqualificato le presenze e tutti quelli che sono entrati hanno fatto degli importanti lavori non solo sulla parte che si vede, per esempio la pulizia e il restauro della Galleria, ma anche sulle parti comuni interne (scale, ascensori) e dunque abbiamo iniziato una riqualificazione edilizia di tutto il complesso Galleria. Questo lavoro sta per terminare, stiamo mettendo a bando adesso gli ultimi spazi.
I sotterranei sono pertinenza degli spazi esistenti. L’unico sotterraneo che ancora è in attesa di una soluzione è l’ex diurno Cobianchi che ha dei problemi abbastanza seri ed è complicato da assegnare (tre bandi sono andati deserti) anche a causa di alcuni problemi strutturali. E’ già aperto un nuovo bando.
A parte la Galleria su tutti gli altri beni del Demanio abbiamo rifatto le regole prevedendo varie modalità. Il punto principale è che non si affitta più alle associazioni per dar loro una sede, ma si lavora per progetti. Da un lato abbiamo puntato molto su micro attività di impresa/artigianato di giovani in collaborazione con l’Assessore Tajani. In questo caso lo spazio viene dato, talvolta con un finanziamento ministeriale per le giovani imprese, per i primi tre anni gratuitamente e poi con affitto calmierato in modo che la giovane impresa possa essere aiutata negli investimenti iniziali. In alcuni casi spazi grandi – come ad esempio quello che è stato a lungo occupato da Zam che è stato recentemente assegnato ad Emergency, la quale si occuperà dei rilevanti lavori di ristrutturazione – sono stati assegnati con contratti di lunga durata che prevedono che l’inquilino non paghi affitto finché non sia rientrato degli investimenti sostenuti.
Un approccio simile riguarda lo spazio di via Novara dove esiste un ex deposito del Comune che è stato assegnato a un bellissimo progetto multiculturale che si chiama Maremilano che farà un investimento impegnativo per la risistemazione della struttura. Anche in questo caso viene stipulato un contratto trentennale con lo stesso criterio utilizzato per Emergency.
Abbiamo privilegiato progetti più semplici legati ai quartieri, soprattutto nelle aree periferiche.
Nel complesso sono stati assegnati oltre 22mila mq di spazi in questi ultimi due anni e abbiamo quasi esaurito gli spazi disponibili riattivando molti luoghi che erano in stato di abbandono.
UF: Quali saranno i beni che passeranno dal Demanio statale a quello Comunale?
Benelli: Abbiamo richiesto alvei dei fiumi e di qualche torrente e Villa Reale. Su questa abbiamo incontrato qualche resistenza e stiamo trattando.
Le Caserme invece sono un tema più complesso: la Mameli ad esempio è stata affidata a Cassa Depositi e Prestiti per un progetto di valorizzazione
Volendo sbilanciarsi sul futuro si potrebbe anche pensare a cosa fare del palazzo in cui siamo (Uffici Comunali di Via Larga, ndr) che è poco funzionale per i servizi aperti al pubblico. Si tratta di un palazzo storico che potrebbe essere ben valorizzato da un investitore e forse al Comune converrebbe strutturare un luogo dove esercitare le attività di servizio con sportello più funzionale e moderno. L’essenziale è che si tratti di uno spazio infrastrutturato facilmente accessibile, e che sia anche più bello e fruibile.
UF Questo concetto del bello applicato anche agli uffici pubblici ci riporta a un tema a noi molto caro. Ci piacerebbe conoscere il suo pensiero anche in merito all’edilizia popolare.
Benelli: Le ultime realizzazioni di edilizia popolare sono partite con le giunte precedenti e in qualche caso sono arrivate a termine ora. Esteticamente non si tratta di brutti interventi (penso ad esempio a via Appennini o via Ovada).
Ma ho una grande perplessità: sia dal punto di vista progettuale che da quello realizzativo presentano diversi difetti. Non è tanto un problema estetico: gli ultimi interventi non sono brutti, ma hanno difetti progettuali e funzionali.
Io credo molto nella soluzione Housing che nelle ultime realizzazioni come via Cenni, Via Zoia o Cascina Merlata ha prodotto edifici, non solo belli, ma anche con grande attenzione alle soluzioni per il risparmio energetico e la gestione sociale.
L’housing sociale è rivolto a famiglie a reddito medio/medio basso che non si possono permettere gli affitti di mercato ma che hanno potenzialità di spesa maggiori rispetto alle case popolari. Io credo che la soluzione potrebbe essere quella di aiutare l’Housing sociale nella nuova edilizia, ma anche in recupero di edificato con una quota sempre riservata al canone sociale più basso. Questo impedirebbe che in futuro si creino nuovi ghetti. Naturalmente qualunque investimento di fondi per l’ housing ha bisogno di un minimo rendimento: più chiedi che ti restituiscano in edilizia popolare più devi rendere l’investimento sostenibile. Esistono vari modi: dallo sconto oneri, a contributi e partecipazioni, in modo che quel costruito o ristrutturato possa restituire una quota in sociale più alta. Questo è secondo me il futuro dell’edilizia popolare
Ci sono a Milano aree in cui era previsto che si potesse sviluppare una buona quota di housing sociale (come gli ex scali ferroviari). Speriamo si rimedi presto al pasticcio della mancata approvazione di quegli interventi urbanistici.
UF Lei ha più volte detto che per intervenire bene servono i soldi veri; ci può spiegare?
Benelli: Innanzitutto bisognerebbe investire per sistemare le case popolari di proprietà del Comune di Milano che hanno due problemi. Innanzitutto gli alloggi sfitti: esistono ancora 2000 alloggi non affittati che devono essere ristrutturati per essere messi sul mercato, bisognerebbe investire tra i 30 e i 40 milioni per azzerare lo sfitto; in secondo luogo serve fare della manutenzione straordinaria perché gli edifici hanno molti problemi di impianti, parti comuni, facciate, ecc. Sarebbe necessario sviluppare un programma di investimento per la manutenzione straordinaria di questi immobili.
Questa operazione costa tra i 70 e gli 80 milioni che sommati a quelli che servono per azzerare gli sfitti sono una cifra consistente, ma non inarrivabile per il Comune di Milano. Se si elaborasse un programma biennale o triennale questa somma potrebbe essere facilmente recuperabile.
Questa è la priorità perché non è dignitoso lasciare degradare il patrimonio edilizio di proprietà del Comune.
Non sempre bastano piccoli aggiustamenti, i rammendi vanno bene ma per risanare le aree degradate servono soldi veri
Questo riguarda il patrimonio di proprietà del Comune di Milano. Ne esiste però uno più grande, di proprietà di ALER, che è quello messo peggio e senza prospettive. ALER è in una situazione molto critica e senza un progetto vero di risanamento, dunque bisognerebbe sedersi al tavolo con la Regione e provare a immaginare delle soluzioni. Il Comune non ha strumenti per agire sul patrimonio ALER, la legge vieta di investire sugli immobili che non siano di proprietà del Comune, dunque bisognerà trovare una soluzione valida e alternativa.
Uno dei temi che abbiamo appena impostato riguarda gli appartamenti privati che a Milano hanno una quota elevatissima di sfitto o invenduto . Ci sono varie stime: dai 60 ai 90 mila alloggi privati sfitti. Questo è un tema abbastanza serio perché ritengo che una città che voglia accogliere i giovani non possa tenere fermo un patrimonio di questo tipo.
Abbiamo abbozzato alcune soluzioni. Quella più importante è stata di rinnovare l’accordo locale per il canone concordato che è un canone negoziato tra rappresentanti degli inquilini e rappresentanti delle proprietà che mediamente abbassa il costo degli affitti di mercato di un 25-30% a seconda delle zone.
Questa soluzione dà al proprietario, per legge, una serie di vantaggi, tra cui una tassazione agevolata; a questo noi abbiamo aggiunto – istituendo un’apposita agenzia affidata alla Fondazione Welfare – l’agenzia Milano Abitare che utilizza dei fondi che esistono e che sono stati messi a disposizione dal Governo, dalla Regione e dal Comune stesso per dare una serie di aiuti agli inquilini e di incentivi ai proprietari tra cui la possibilità di accedere a un fondo di garanzia contro future morosità dell’inquilino. Siccome la morosità è una delle remore più forti per i piccoli proprietari che vogliano affittare un appartamento, abbiamo cercato di avviare una politica di incentivo alla messa sul mercato degli immobili sfitti con un canone concordato, realizzando anche una campagna informativa che spiega quali siano i vantaggi e gli incentivi per affittare un alloggio.
L’Agenzia aiuta anche gli inquilini morosi incolpevoli cercando di interrompere le procedure di sfratto anche rimborsando le morosità accumulate.
Si stanno realizzando poi altri progetti che cercano di sanare il problema delle camere date in affitto in nero, soprattutto agli studenti; ci piacerebbe che Milano potesse, come succede a Berlino, diventare una città con affitti accessibili per i giovani. Berlino è una città dove i giovani riescono a trovare soluzioni abitative interessanti con affitti relativamente bassi: proviamo anche noi ad andare in quella direzione
UF: Ci può parlare del progetto che riguarda Lorenteggio?
Se si vuole intervenire su quartieri particolarmente degradati, in questo caso di proprietà ALER, bisogna sapere che i costi sono alti ma si possono realizzare progetti esemplari. Per Lorenteggio abbiamo unito risorse del Comune (che non possono essere utilizzate sulle case, ma sul contesto urbano), risorse di diversi canali di finanziamento europei che possono andare sulle case e sugli interventi sociali nel quartiere e il fondo europeo destinato alle città metropolitane, il PON.
Sostanzialmente Regione e Comune, tra risorse proprie e risorse europee, hanno concentrato sul quartiere tutti i fondi possibili: il totale per il momento è di 93 milioni con i quali si può fare una buona riqualificazione di contesto e una buona riqualificazione edilizia, anche se non totale.
UF Secondo lei si tratta di un progetto replicabile in altri contesti?
Il progetto è replicabile, il problema sono sempre i fondi. Ci auguriamo che, come sembra, il Governo possa mettere a disposizione dei fondi per progetti di rigenerazione urbana per i capoluoghi di città metropolitane.
La cosa importante di questi interventi è che si agisce su più fronti: la riqualificazione edilizia, il fronte urbanistico, che comprende anche i servizi come mercati, biblioteche, le strade, le piste ciclabili, il verde pubblico e il fronte sociale. Queste zone hanno un inquilinato molto spesso immigrato, povero, con fragilità diverse; per cui bisogna fare del serio lavoro sociale, aiuti articolati in varie azioni di sostegno indispensabili, per evitare che si torni daccapo.
Si tratta di interventi integrati di rigenerazione urbana. Al progetto Lorenteggio, ad esempio, ha partecipato il mio assessorato, ma anche l’urbanistica, Maran con la viabilità, Bisconti con il Verde, Del Corno con la cultura e Majorino con il sociale, al fine di costruire un intervento che integrasse diverse competenze.
E’ un case history che l’Europa considera con grande attenzione, perché i fondi vengono utilizzati in maniera integrata e mirata su un unico intervento importante e le diverse istituzioni utilizzano proprie risorse sul medesimo obbiettivo, coinvolgendo i vari ambiti interessati .
Esistono sicuramente delle difficoltà: la popolazione dei quartieri popolari è molto cambiata negli anni e il tema degli immigrati ha modificato il tipo di problemi.. Esiste un problema di convivenza tra diverse abitudini, tradizioni e culture, ed è necessario intervenire per stabilire delle regole di conoscenza e di convivenza che consentano una migliore integrazione, e dunque una migliore gestione degli spazi comuni.
UF Città Metropolitana: cosa non le piace?
Non mi piace il fatto che sia stata impostata come una delle leve della spending review, dunque che le Province siano state trasformate in Città Metropolitane nelle grandi aree urbane con l’idea di risparmiare.
Questo ha avuto tutta una serie di conseguenze: una rappresentanza debole, un carico di deleghe che devono essere esercitate senza reali fondi, la riduzione del personale. Tutto questo, se è discutibile per le altre Province, lo è ancora di più per le Città Metropolitane. Forse si può pensare di ridurre le altre Province a unioni di Comuni per snellire l’apparato burocratico, ma la stessa operazione non ha senso nelle grandi aree urbane, dove questa azione ha strangolato in culla la Città Metropolitana, facendola esordire con tali difficoltà che difficilmente consentono a questa realtà di darsi obiettivi ambiziosi.
Questo mi pare sia il vizio di origine: il fatto che non ci sia stato un pensiero strategico ma solo l’idea di risparmiare
UF Esistono delle prospettive positive?
Secondo me sì. Io penso che le Città Metropolitane vere in Italia siano solo tre, Milano, Napoli e Roma e credo non sia irragionevole il pensiero di coloro che affermano che Milano dovrebbe rivendicare uno statuto speciale, ovvero un’autonomia economica e normativa diversa rispetto ad altre Città Metropolitane.
Trovo meno grave il fatto che nella fase iniziale il Sindaco Metropolitano coincida con il Sindaco del Capoluogo, perché penso che un dualismo non avrebbe fatto bene al progetto e anche perché il Sindaco del Capoluogo potrebbe porsi come colui che deve trainare il processo di metropolizzazione.
Quel che si può fare adesso è puntare su alcune funzioni in cui Milano e i Comuni del territorio possano sviluppare progetti comuni, che comportino qualche economia di scala soprattutto con azioni nel campo dei trasporti e dei servizi, come la Polizia Locale, il Verde e i Parchi.
Io inizierei immaginando dei progetti da sviluppare insieme agli altri Comuni che non facciano percepire la leadership di Milano come una imposizione, ma invece come un ruolo di traino di azioni utili per tutto il territorio.
L’area metropolitana in realtà, se viene concepita come un processo da sviluppare, può diventare una rete di relazioni che può andare oltre i perimetri della vecchia Provincia
UF Cosa ne pensa dell’idea dei Municipi?
Io penso che la riforma dei Municipi sia strettamente funzionale alla realizzazione di una Milano metropolitana, ma dovrebbe avere alcune condizioni. Una è che l’attuale conformazione delle zone si dovrebbe studiare come si è riorganizzata la città, le sue nuove centralità, e ristrutturando di conseguenza l’assetto oggi radiale delle circoscrizioni. La seconda è che le zone devono avere dei veri poteri, dei veri bilanci e delle vere funzioni riconosciute, con autonomia di spesa sulle materie che sono loro delegate. Tutto questo richiede una profonda revisione del modello organizzativo del Comune di Milano
Intervista raccolta da Marco Montella, Claudio Nelli e Letizia Paratore
sono d’accordo con la dott.ssa, e anzi, per evitare la moltiplicazione di poltrone, l’unicità del sindaco metropolitano si potrebbe anche rendere definitiva, a condizione però che l’elezione sia estesa agli elettori dei comuni esterni