Milano | Cultura – “La bellezza di Milano”: i luoghi del cuore in un libro (con due racconti firmati Urbanfile)


Milano, novembre 2025.

“La bellezza di Milano”: i luoghi del cuore in un libro (con due racconti firmati Urbanfile). In fondo, ognuno è milanese a modo suo.

C’è chi trova il proprio baricentro in una cripta silenziosa, chi in un tratto di via vissuto da ragazzo, chi in un chiostro nascosto o nella sagoma inconfondibile di una torre che spunta fra i tetti.

Da questa geografia sentimentale nasce il volume “La bellezza di Milano”, pubblicato da Celip e curato da Roberta Cordani, che raccoglie i luoghi del cuore di cinquanta personaggi legati alla città, milanesi e non. Un libro che, nelle parole di Ferruccio De Bortoli, è «un diario collettivo, ma soprattutto un quaderno amoroso»: un intreccio di indirizzi, aneddoti e ricordi personali che invita a perdersi per le strade di Milano e a viaggiare nel tempo, tra trattorie, cabaret, navigli scomparsi, corse di cavalli e persino il leggendario concerto dei Beatles.

Tra le testimonianze ci sono l’ex sindaco Gabriele Albertini, che riconosce il proprio luogo dell’anima nella cripta della basilica di Sant’Ambrogio, dove cercò un segno prima di accettare il destino da primo cittadino; Lella Costa, che riporta alla luce la via Solferino degli anni Settanta – con una Brera ancora lontana dall’attuale affollamento turistico e l’effimero esperimento sociale Macondo all’angolo con via Castelfidardo –; il fumettista Mauro Boselli, che lega il proprio sguardo a San Maurizio al Monastero Maggiore, scoperta attraverso una rassegna di musica classica destinata a sostenere il restauro degli affreschi.

Il filo conduttore è la memoria.

Per Marco Magnifico, presidente del FAI, i luoghi del cuore sono il Teatro alla Scala e la basilica di Sant’Ambrogio, mentre il Duomo appare quasi “snaturato” da una nuova illuminazione troppo abbagliante. Per Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale, l’attenzione si concentra sulle sale della Reggia napoleonica, che tanti visitatori attraversano distrattamente diretti alle grandi mostre, senza rendersi conto di trovarsi in ambienti ricchi di storia, dove un paziente lavoro di ricerca sta riportando arredi e opere originali, dal centrotavola del banchetto di incoronazione di Napoleone a un busto di Canova.

Le pagine del libro portano lungo la Martesana con Claudio Bisio, nel quartiere San Siro con Anna Corradini Porta, nelle sale meno note del Castello Sforzesco con Francesca Tasso e nel cortile più piccolo del Castello con Giovanna Mori. Luciana Lamorgese racconta il fascino discreto dei cortili milanesi, Giovanna Forlanelli apre il giardino segreto della Fondazione Rovati, Amalia Ercoli Finzi ci conduce all’Osservatorio astronomico di Brera, da cui Schiaparelli osservò Marte.

C’è poi un capitolo particolarmente cinematografico: Walter Veltroni sceglie come luogo del cuore l’Anteo, raccontato come il frutto di una stagione di sogni e militanza culturale, quando tre ragazzi decisero di trasformare una vecchia sala in un luogo dove tutte le arti potessero abitare insieme e dove le persone potessero fermarsi a respirare aria di bellezza condivisa. Un pezzo di storia milanese che intreccia politica, cinema, memoria collettiva e un’idea di comunità culturale.

Due luoghi del cuore raccontati anche da Urbanfile

Dentro questo mosaico di sguardi, trovano spazio anche due racconti firmati da due dei fondatori di Urbanfile, a conferma di quanto il nostro sguardo sulla città sia, prima di tutto, uno sguardo affettivo.

Santa Maria delle Grazie e il Chiostro delle Rane

Il racconto di Roberto Arsuffi.

Per Roberto Arsuffi, Santa Maria delle Grazie è un luogo che “parla al cuore prima ancora che agli occhi”. Nel suo testo mette a fuoco il dialogo tra il gotico lombardo di Guiniforte Solari e la forza rinascimentale del tiburio di Bramante, che descrive come un abbraccio di pietra: due linguaggi diversi, quasi opposti, che anziché scontrarsi si cercano fino a fondersi in un equilibrio misterioso.

La chiesa è raccontata come una poesia di luce: la navata leggera, le nervature come un ricamo, la tribuna bramantesca che si apre come uno scrigno e la cupola che sembra sospesa, sorretta da absidi disposte come petali. Non un gotico immerso nell’ombra, ma un luogo in cui gli archi guidano lo sguardo verso una “scatola di luce” capace di alleggerire anche lo spirito di chi entra.

Da qui lo sguardo di Arsuffi si sposta su uno degli angoli più segreti del complesso, il Chiostro delle Rane. L’ingresso discreto di via Caradosso, la piccola porta sormontata dalla scritta LAVS DEO, le colonne marmoree, il giardino ordinato e la presenza forte del tiburio sullo sfondo: tutto concorre a creare un’atmosfera sospesa, “dove la bellezza sussurra piano”.

Il chiostro – voluto da Lodovico il Moro e progettato da Donato Bramante – è l’unico ancora accessibile dell’antico convento domenicano. Di forma quadrata, con cinque arcate per lato e decorazioni in cotto, deve il suo nome alle quattro piccole ranocchie in bronzo posate sul bordo della fontana centrale. Nel racconto, sedersi lì in silenzio, ascoltare il suono dell’acqua e lasciarsi avvolgere dalle proporzioni diventa un modo per dimenticare, anche solo per un momento, che la città corre a pochi metri di distanza.

Torre Velasca – La torre che ha imparato a commuovere

Il racconto di Claudio Nelli.

Claudio Nelli sceglie invece come luogo del cuore una delle icone più discusse e riconoscibili dello skyline milanese: la Torre Velasca.

Nel suo testo, la torre diventa il simbolo di una bellezza che “non si concede subito”, come certi caratteri riservati che impari ad amare quando smetti di giudicarli.

Per anni definita da qualcuno un “pugno nell’occhio”, la Velasca viene riletta come figlia di una città che non ha mai avuto paura di cambiare pelle: il frutto del miracolo economico, costruita in soli due anni – tra il 1956 e il 1958 – da un gruppo di progettisti, lo studio BBPR, che aveva vissuto sulla pelle la guerra e la Resistenza e decide di mettere in pietra un’idea di rinascita.

La sua forma, così particolare, sembra dialogare con la Torre di Bona del Castello Sforzesco e allo stesso tempo puntare verso una nuova idea di città verticale, stratificata, moderna.

Nelli sottolinea come il recente restauro curato da Asti Architetti non abbia trasformato la torre in qualcos’altro, ma l’abbia resa “ancora più se stessa”: rispettosa del disegno originario, ma capace di accogliere sostenibilità, luce ed esigenze contemporanee. Il colore rosa caldo, a lungo percepito come un grigio anonimo, torna a vibrare, come se la città avesse finalmente imparato a guardarla davvero.

Il racconto si chiude con una scena quotidiana: un bambino che si ferma in piazza Missori, guarda in alto e chiede alla madre che cos’è “quel castello sopra i palazzi”. In quella domanda, si riconosce l’essenza della Torre Velasca: un “castello segreto” che si svela solo a chi ha ancora gli occhi per stupirsi. Come i bambini. Come chi ama Milano.

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Andrea Cherchi
  • Milano, Cultura, Libro, Architettura, Roberta Cordani, La bellezza di Milano, Celip
Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

3 commenti su “Milano | Cultura – “La bellezza di Milano”: i luoghi del cuore in un libro (con due racconti firmati Urbanfile)”

  1. Ma Claudio Nelli è pazzo? O ha ricevuto una sponsorizzazione? Di tutta Milano, che so, i Navigli, piazza mercanti, il parco Sempione… il suo posto del cuore è davvero quella schifezza della Torre Velasca? Non ci credo.

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  2. Spero che nel libro sia stata almeno citata l’Abbazia di Chiaravalle, un Bene architettonico, storico e spirituale che “rischia” (e lo spero vivamente) di diventare il secondo luogo di Milano patrimonio dell’UNESCO.

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  3. Un livello culturale così basso da non riconoscere nella Velasca un capolavoro inimitabile ed unico……e
    scrivono con una supponenza incredibile…….

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