Solo fantasia: cosa si potrebbe fare a Piazza Oberdan / Porta Venezia

Non posso fare a meno di restare sconvolto ogni volta che passo per Porta Venezia e Piazza Oberdan. A Milano l’incoerenza regna sovrana: cose fantastiche a disposizione miste ad elementi di puro degrado. Tralasciamo in questa sede di trattare il complicato caso di corso Buenos Aires, se n’è parlato come della “passeggiata griffata più lunga d’Europa” ma nemmeno negli anni Ottanta l’arredo urbano era così scadente. Occupiamoci invece di qualcosa di molto più delicato: Porta Venezia, ossia dove la gloriosa porta che un tempo faceva da ingresso alla città segna l’importante incrocio di arterie stradali determinanti nel coinvolgere flussi urbani ed extraurbani, centro con periferia e con Monza. Si uniscono, tra i caselli di Porta Venezia, corso Buenos Aires e corso Venezia (sopra il quale cala il giogo vigile e minaccioso e personalmente molto apprezzato di Area C), gli omonimi Bastioni che corrono parallelamente al sottovalutatissimo viale Vittorio Veneto, e ovviamente via Luigi Majno e viale Piave (leggasi: circonvallazione e cerchia dei bastioni).
Porta Venezia significa un grande spazio aperto, in parte segnato da un traffico apocalittico (la fascia 18-20 è una tortura se avete in programma di passare da queste parti) e in parte caratterizzato da spazi pedonali e commerciali di dubbio arredo urbano. Si tratta di piazza Oberdan:

La piazza è tagliata in due da Corso Buenos Aires e versa nell’anarchia totale. E’ un vero peccato, se si pensa a quante potenzialità può avere questo consistente spazio inutilizzato, stretto tra una delle principali arterie commerciali della città, i bellissimi giardini dei Bastioni e, subito al di là dei caselli storici, il parco Indro Montanelli col planetario e il Museo di storia naturale (attualmente in restauro conservativo).
La parte occidentale della piazza (quella confinante con viale Vittorio Veneto) si presenta come una grezza colata di asfalto su cui sono presenti due colonne di epoca imprecisata e una misteriosa architettura su cui è stato ‘disegnato’ Gesù con bombolette spray. Questi tre elementi sono stati transennati e da anni sono in attesa di un intervento di qualche tipo, ma nessuno dell’Amministrazione pare curarsi del fatto che, in un nodo così nevralgico e agli occhi di tutti, della cittadinanza come dei visitatori, questo spazio comune e importante che dovrebbe essere una piazza è solo asfalto, pochi alberi e tante bancarelle: cinture, vestiti, cose del genere.

Non dovrebbe essere poi così difficile riqualificare quest’area, che ne avrebbe un gran bisogno. Anzi, indubbiamente il bisogno è urgente e più che altrove. Basterebbe pavimentare questo spazio e adibirlo con ampie aiuole verdi (un po’ com’è stato fatto in piazzale Principessa Clotilde insomma). Sicuramente andrebbe chiusa la stradina che lo taglia sul suo lato nord e si collega a corso Buenos Aires da via Alessandro Tadino:

La strada non è poi così fondamentale, contando l’importante snodo di Porta Venezia e gli innumerevoli sbocchi vicini su corso Buenos Aires. Sull’esempio dell’ultima foto, unirei i due marciapiedi mattonellando e pavimentando questa stradina a senso unico. La pavimentazione dovrebbe poi estendersi all’intera piazza, ma qua la maggior percentuale degli spazi deve essere costituita da aiuole:

Da questo l’esempio delle aiuole di piazza Clotilde. Con l’unica differenza che nel caso di piazza Oberdan le farei allo stesso livello del terreno, per renderle più “vivibili”, diretta continuazione del marciapiede. Un po’ come la nuova area verde che si è sviluppata tra Corso Como e le residenze di Porta Nuova.
Lo spazio della nuova Oberdan dovrebbe ovviamente munirsi di più panchine, lampioni all’altezza del nuovo arredo di un wi-fi free su tutta la piazza.
C’è però un’idea di pura fantasia che mi frulla in testa: questa piazza ha molte marce in più rispetto ad altri luoghi della città. Risente positivamente del traffico cittadino e di flussi di energia molto diversi: quelli commerciali e shopaholic di Buenos Aires, quelli più elitari di corso Venezia, quelli più culturali dello Spazio Oberdan (cineteca e uno dei poli culturali fondamentali di Milano) e quello multietnico dei quartieri a predominanza africana che si sviluppano nelle vie ad ovest. Di più: qua si ha a disposizione un ampio spazio, specie considerando che la piazza è divisa in due ma è molto grossa, è da attraversata da tram, metropolitana e passante ferroviario. Corso Buenos Aires è stato pavimentato, Viale Vittorio Veneto non se la passa male. E si è in vista di Expo 2015. Cosa fare?
Io punterei su una riqualificazione in grande stile della piazza, non solo del lato ovest di cui si è parlato finora (il più degradato) ma anche del lato est), rendendolo un tutto unico ed omogeneo. Come a inizi ‘900 quest’area fu oggetto di intitolazioni e dediche ai Paesi partner dell’Expo dell’epoca (Buenos Aires per l’argentina, piazza Lima per il Perù, Largo Brasilia per il Brasile, ecc), in vista di un Expo 2015 fondamentale e non certo rose e fiori nei preparativi, io punterei a creare un grosso piazzale delle Civiltà (anche considerando la vicinanza col quartiere africano e la necessità di Milano di includere ancora di più le etnie che la rendono cosmopolita nel proprio tessuto, come ci si è sforzati di fare con la riqualificazione di via Paolo Sarpi in Chinatown).
Piazzale Civiltà sarebbe una grossa piazza pavimentata, segnata da sentieri in sanpietrini serpeggianti tra rigogliose aiuole verdi, e al fresco degli alberi, comodamente seduti su una panchina, ci si potrebbe connettere al wi-fi. Un ristretto numero di opere (un paio di sculture, un’opera d’arte in stile contemporaneo degna del design milanese e una fontana di forte impatto) simboleggerebbero l’intesa e la cooperazione tra le civiltà, un grande inno al vivere civilmente la città (un inno ai Cives, cittadini in latino) e a voler raggiungere un codice etico che spesso manca a Milano (basta vedere le scritte graffittate ovunque, i parcheggi vandalici in spazi vietati, i mostri dell’edilizia…).

Solo fantasia?
Beh chissà che qualcuno non legga questo post…

In fondo non occorre così tanto. Anche solo un po’ di pavimentazione, molto verde e un restauro a quelle colonne che verrebbero finalmente liberate sarebbe sufficiente. Qualcosa di simile è stato fatto nello spazio est:

Altro spazio non sfruttato

Qualche insperata spruzzata di verde

Senza contare che questi nuovi spazi sono al crocevia fra punti importanti della vita milanese, che sta cominciano ad attrarre anche attenzioni notturne: il bar sui Bastioni puntualmente gremito di gente, il Frank in viale Vittorio Veneto, e lo Zoom (via Panfilo Castaldi) e l’Atomic (via Felice Casati). Quello spazio in asfalto potrebbe diventare una gradevole zona pavimentata e verdeggiante in cui creare un colonne bis: le colonne ci sono già, lo spazio c’è, la gente pure. Mancano la qualità e le buone motivazioni. In più un bellissimo polo culturale cinematografico risplende lì davanti come un faro nella nebbia: lo Spazio Oberdan avrebbe tanto bisogno di una rassettata al suo vialetto d’ingresso.

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