Milano | Lambrate-Cimiano – Il Parco Lambro tra natura e immondizia. Prima parte

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773.000 m2 è la superficie di questo immenso parco cittadino, il terzo per dimensioni dopo il Parco Nord e Parco delle Cave. Creato nel 1936 su progetto dell’architetto Enrico Casiraghi. L’intento era quello di preservare una grande area verde con un forte carattere lombardo nella città che si andava sempre più espandendosi. Lo caratterizzava la fitta vegetazione spontanea, il fiume che dà il nome al parco, le rogge tipiche della pianura e le cascine.

Il progettista modellò l’area attraverso particolari scorci prospettici, creò tre colline artificiali e due laghetti (oggi prosciugati e conservati come avvallamenti nel terreno) e disegnò un sistema di viali lunghi circa 4000 metri. Il parco durante la Seconda Guerra Mondiale subì gravi danni perché la mancanza di legna da ardere in città costrinse gli abitanti a procurarsi legname nel boschetto del parco.

Al suo interno vi si trovano cinque cascine, di cui solo una ha mantenuto caratteristiche e funzioni originarie: Cascina San Gregorio Vecchio, situata in viale Turchia, dove, attorno a un’ampia corte quadrata, sorgono nuclei abitativi, stalle e fienili. Vi sono poi la Cascina Mulino Torrette, in via Marotta, che è stata completamente ristrutturata e di cui esistono ancora le due ruote a pale e le macine del mulino, sede dell’Associazione Exodus per il recupero dei tossicodipendenti, Cascina Cassinetta San Gregorio, sempre in via Marotta, costituita da due fabbricati completamente ristrutturati, Cascina Biblioteca in via Casoria, in attività fino agli anni ‘70 e ora sede di una associazione che si occupa di disabili e, infine, la Cascina Mulino San Gregorio in via Van Gogh sede delle GEV.

Dopo la guerra il parco fu ricostituito e negli anni Sessanta vennero acquistati nuovi terreni per ingrandirlo. All’interno del Parco esistono aree agricole a foraggio che conservano la caratteristica delle coltivazioni a “marcita” (antico metodo di coltura inventato dai monaci cistercensi).

Negli anni Settanta e Ottanta il parco subì un fortissimo degrado causato anche dall’inquinamento del fiume, che indusse anche al prosciugamento dei laghetti citati poc’anzi. Sempre in quegli anni il parco abbandonato a se stesso divenne anche pericoloso, con spaccio e consumo di droga, prostituzione e degrado totale.

Oggi il parco è tornato fruibile e sicuro, anche se noi abbiamo riscontrato alcune cose che non ci sono piaciute. Negli ultimi anni il Comune ha promosso una campagna di valorizzazione dell’area per ripristinare il suo antico ruolo di “succursale campestre” della città.

Il nostro viaggio all’interno del parco comincia da Via Crescenzago all’altezza di via Sangro, dal lato di Rottole.

Risalendo il canale della prima collinetta ci siamo trovati i resti di quello che è stato un focolare, il primo di una lunga serie.

La prima collina di 133,8 metri (il piano della città da queste parti è di 120 metri circa sul livello del mare), collinetta senza nome (potremmo dare un nome alle collinette, no?), ci ha riservato una sorpresa: sulla cima, in posizione strategica, qualcuno si è costruito una tenda, piazzandoci addirittura una sdraio con vista sulla città.

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Naturalmente attorno abbiamo trovato immondizie varie, oltre ad un altro focolare abbandonato.

 

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Se non fosse per pochi punti dove incivili hanno lasciato e abbandonato di tutto, sembrerebbe anche un bel parco. A lato, scendendo dalla prima collinetta, c’è un area completamente selvaggia e recintata, anche se si vedono benissimo segni di passaggio al suo interno.

Piano piano ci siamo diretti alla seconda collina; qui sotto si trova anche un bello skate-park. Peccato che anche sulla seconda collina (pure essa senza nome) ci sia molto degrado, focolari spenti, bottiglie, lattine di gente che sale a fare festini o chissà cos’altro.

 

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Il panorama dalla collinetta più alta, 152 metri, è senza dubbio spettacolare. Si vedeva benissimo lo skyline coi grattacieli di Porta Nuova e CityLife delineare il profilo.

Di seguito altre immagini dalla collinetta dove, a quanto pare, molti festeggiano e pochi puliscono. Qualcuno si spinge addirittura ad imbrattare gli alberi. Forse il Comune dovrebbe rinforzare il sistema di pulizia del parco e magari mettere qualche cestino in più; oltre ad effettuare una maggiore sorveglianza, anche se di telecamere ne abbiamo viste parecchie in giro.

Il viaggio prosegue nella seconda parte di questo nostro viaggio.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

1 commento su “Milano | Lambrate-Cimiano – Il Parco Lambro tra natura e immondizia. Prima parte”

  1. Purtroppo le marcite lungo Via Feltre non esistono più, i campi sono semplicemente a foraggio: vi consiglio di fare due chiacchere con il contadino della Cascina San Gregorio Vecchio, persona molto disponibile e schietta, per capire che si parla tanto di Milano città agricola ma poi le azioni della politica vanno in un’altra direzione.
    Cascina Biblioteca è un’oasi di pace con cavalli e galline,a pochi minuti di bici!
    W il Parco Lambro.

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