Ci troviamo nella parte nord occidentale della periferia di Milano, lungo la strada che portava a Como. Da qui il nome del quartiere: Comasina.
Il quartiere Comasina confina coi quartieri di Quarto Oggiaro, Affori, Bruzzano e Bovisa e con il comuni di Cormano e Novate Milanese.
Il quartiere Comasina è stato all’epoca -1953/1969-, uno degli interventi dall’Istituto Autonomo Case Popolari più impegnativi: 84 edifici in un contesto autosufficiente, che lo resero «la maggiore realizzazione non solo dello IACP di Milano ma di tutti gli istituti d’Italia».
Il primo progetto fu quello di Irenio Diotallevi, che prevedeva un luogo centrale di servizi dove ruotavano quattro settori residenziali, formati da edifici alti di grandi dimensioni da configurare un insediamento ordinato.
Sucessivamente intervennero altri architetti, posteriori alla scomparsa di Irenio Diotallevi. Il quartiere così sorse attorno ad una serie di strade che serpeggiano immerse nel verde, le vie: Val Sabbia, Spadini, Teano, Comasina, Madre Merloni Clelia ed Esculapio. Al centro una piazza (Piazza Pietro Gasparri) con la chiesa e delimitato da edifici bassi destinati a servizi commerciali e ricreativi, nonché alle scuole primarie.
La viabilità automobilistica è separata dai percorsi pedonali, seguendo i principi della progettazione urbanistica codificati dal Movimento Moderno, e gli edifici sono frutto del lavoro di circa una trentina di architetti che vi hanno lavorato in un lasso di tempo che copre oltre quindici anni.
Tra i tanti interventi va segnalato: il condominio di via Esculapio disegnato da Camillo Rossetti; la casa a tre piani di Giancarlo De Carlo che fu tra i primi ad essere completata; le case INA di Piero Bottoni e Pietro Lingeri in via Teano (1954-1957); l’edificio di Bottoni in via Madre Clelia Merloni; quello di Mariani e Perogalli in via Teano.
Tutto quest’insieme eterogeneo di architetti ha prodotto un insediamento interessante e ancora, a distanza di decenni dal suo completamento, abbastanza vivibile.
Noi, come sempre, abbiamo fatto un giro cercando di catturare i lati positivi e quelli meno positivi, come ad esempio il parcheggio sterrato e dall’apparenza abbandonata che si incontra giungendo dalla via Comasina.
Per il resto anche qui emerge una scarsa attenzione per l’arredo urbano: auto parcheggiate dove non si dovrebbe, disordine, aiuole mantenute il giusto necessario.
I palazzi sono abbastanza in buone condizioni, in generale, ma piazza Pietro Gasparri, il cuore centrale del quartiere, soffre un po’ di crisi con pochi negozi, qualche bar, la posta e poco poco altro.
La piazza potrebbe essere più bella semplicemente eliminando quegli orrendi parcheggi al centro che inzozzano la vista e basta.
Seguirà altro articolo sulla chiesa e altro ancora.
Davanti al quartiere, sulla via Comasina si trova il piazzale della stazione della line M3 e il capolinea delle linee tranviarie extraurbane, oltre ad un parcheggio. Peccato ci siano pochi alberi che darebbero un aspetto più “umano” a questo spiazzo informe, ma come al solito, pare che piantare alberi in questa città sia sempre un costo immane.
Anche 4 o giaro non è affatto malaccio nel 2107..
Qualcuno ha informazioni sulla costruzione dei 2 grandi garage costruiti in Comasina, architetto , chi era la proprietà , anno ecc , grazie Toni
Qualcuno ha informazioni sulla costruzione dei 2 grandi garage costruiti in Comasina, architetto , chi era la proprietà , anno ecc , grazie
Renzo Piano dice giustamente che uno degli strumenti chiave per dare qualità alla città e, in particolare, le periferie e, soprattutto le periferie contemporanee, è il verde.
In realtà questa é una cosa che gli architetti e gli urbanisti capaci, hanno sempre saputo.
Aggiungo che quello che serve è un verde non limitato a qualche ritaglio ma un sistema, una maglia protettiva che avvolge tutto il nuovo insediamento.
Un verde fatto anche di alberi grandi, importanti, alla stessa scala degli edifici: un verde a tre dimensioni, che “fa volumetria”, un “costruito” verde che dialoga da pari a pari con il costruito edile.
Non è un caso se la bellezza e validità del progetto del quartiere, a lungo dileggiato come “dormitorio” (come se il prezioso silenzio per dormire fosse qualcosa di poco urbano) viene scoperta oggi che, dopo 30 anni, gli alberi sono arrivati al loro pieno sviluppo.