Milano | Montalbino – La chiesa di San Paolo Apostolo, tra neo romanico e decò

A cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, Milano si stava espandendo e, come si può immaginare, servivano nuovi quartieri.

Vecchi borghi venivano inglobati nella città e nuovi quartieri riempivano le campagne circostanti. Uno dei quartieri che stavano crescendo a Nord del capoluogo, fu il Villaggio dei Giornalisti, inizialmente promosso come quartiere Giardino Mirabello, perché sorse a ridosso della villa Mirabello (meraviglioso casale del 1400).

Sempre all’inizio del 1900 venne realizzato il lungo e largo viale Zara che serviva come nuova alternativa  al viale Monza per raggiungere la città della Corona Ferrea.

Nuovi abitanti e nuove case anche nel piccolo quartiere di Montalbino indussero alla costruzione di una nuova parrocchiale che servisse questi nuovi quartieri.

Così nel 1926 su disegno dell’architetto Piero Palumbo, italiano trapiantato a Vienna dai primi anni del secolo nonché architetto di fiducia della casa imperiale d’Asburgo nel periodo antecedente la Prima guerra mondiale, venne incominciata, in piazza Caserta, la costruzione della chiesa di San Paolo Apostolo.

Il 1 aprile del 1928 venne inaugurata la prima parte completata della chiesa, mancavano ancora il transetto e tiburio, che vennero completati nel 1932. Nel 1934 con la conclusione dei lavori al presbiterio, la chiesa venne inaugurata ufficialmente dall’arcivescovo di Milano, Ildefonso Schuster.

Durante gli anni ’30 furono sistemati gli altari laterali al presbiterio, ma fu tra il 1949 e il ’51 che venne realizzata la campagna decorativa della chiesa, comprendente gli affreschi dell’abside, opera di Vanni Rossi, il pavimento a mosaico del presbiterio e alcune vetrate su cartoni dello stesso Palumbo. Molte migliorie negli arredi furono apportate, dall’organo ai confessionali e alle panche, durante gli anni ’60, mentre negli ’80 si eseguirono le porte bronzee. Nel 1991 avvenne un radicale riassetto interno dell’edificio, che comportò la sistemazione del fonte battesimale, nel transetto sinistro, e l’erezione di un nuovo altar maggiore e di un ambone, inaugurati dall’arcivescovo Carlo Maria Martini nel giugno dello stesso anno.

Esternamente l’aspetto della chiesa rimanda molto al romanico basilicale, se non fosse per alcuni particolari parrebbe ben più antica. In origine il pronao era più piccolo e includeva solo la porta centrale, poi venne aggiunta la copertura in stile anche alle due porte latrali. La facciata è a capanna con molti riferimenti al romanico lombardo, una serie di arcate scandiscono il disegno della fronte, al centro una finestra a trifora e ai lati, due monofore. Colonnine in pietra reggono tutti gli archi, sia quelli delle finestre che il pronao, molto simili a quelli usati nelle basiliche romaniche milanesi, ma qui la decorazione è quasi decò. Di originale sono i due corpi laterali ottagonali con tanto di lanterna che ricordano gli antichi sacelli.

Il corpo centrale della facciata è separato dalla fronte della navata da un notevole setto murario rialzato, su cui si staglia un piccolo campanile a vela solo ornamentale, mentre i fianchi hanno tutte le caratteristiche del romanico padano, con snelle monofore per le navate laterali e bifore unite da arconi a tutto sesto per la nave maggiore e archetti pensili come cornice.

Altra libertà espressiva adottata dal Palumbo come “novità”architettonica è il tiburio, non ottagonale come vuole la tradizione romanica e neo-romanica, ma alla base quadrata, l’alzato ottagonale è affiancato sugli angoli smussi da quattro piccole absidi, concluso comunque da un tiburio ottagonale con lanterna. In origine era previsto anche un altissimo campanile che non è mai stato realizzato.

L’interno, luminoso, è a tre navate caratterizzate da ampie arcate che sorreggono la volta a crociera. Molto interessante è l’area presbiteriale, su cui spiccano, nell’abside maggiore, gli affreschi del pittore Vanni Rossi raffiguranti la Vocazione, il Martirio e la Gloria di San Paolo, realizzati nel 1951.

Belli sono anche i due altari laterali, quello della Madonna, alla sinistra del maggiore, opera di marmisti veronesi, dietro le quali stanno le copie delle vetrate su cartoni del Palumbo, così come quello di San Giuseppe, alla destra.

Molto bello è il pulpito in puro stile decò in legno sagomato, sorretto da una mensola in pietra che riproduce un grande fiore. Per fortuna è stato conservato e non eliminato come è successo per altre chiese realizzate in quegli anni e con le ultime riforme sono stati rimossi.

Fonte: Le Chiese di Milano, Ponzoni 1929

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