Milano | Bicocca | Giardino delle Sorgive: meglio eliminare il problema piuttosto che risolverlo

Il Giardino delle Sorgive alla Bicocca, per molti milanesi e non, significa ben poco, si tratta di un “giardino” realizzato sopra un parcheggio che si trova tra Viale Piero e Alberto Pirelli, via Vizzola, Viale dell’Innovazione e la ipogea 

Come abbiamo visto, nel corso degli anni, il pergolato, realizzato sul finire degli anni Novanta, lentamente, senza alcun intervento di manutenzione, si era gravemente deteriorato, sino a diventare pericolante e pericoloso.

Il pergolato rimosso

A partire dallo scorso giugno, dopo un decennio di abbandono e transenne, chi di dovere, ha finalmente preso una decisione, la rimozione totale della struttura in legno.

Oggi la piazza è “nuda”, senza più pergolato, una distesa di cemento senza le sedute in ombra, come secondo i disegni originari dei progettisti.

Questo è un esempio di come, sulla carta tutto pare perfetto e bello, ma che col tempo si scopre come, certe strutture se non mantenute e curate, si deteriorano al punto di diventare persino pericolose.

Peccato, perché come al solito, si è preferito risolvere il problema nella maniera più economica, rinunciando ad un luogo, pubblico, più bello e vivibile. Addio al pergolato degli studenti.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

21 commenti su “Milano | Bicocca | Giardino delle Sorgive: meglio eliminare il problema piuttosto che risolverlo”

    • Probabilmente sì, certo che i 32.000 studenti dell’ universita’ non avrebbero motivo di sostarci in queste condizioni, con anche le fontane spente

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  1. Maran potrebbe sempre pensare di trasformarla in una “ gioiosa piazza colorata da enormi pois gialli bianchi e rossi “ come piazza Dergano…

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  2. Questa storia mette in luce, ancora una volta, gli sgradevoli aspetti delle “opere a scomputo”, ovvero realizzazioni delle quali – non si sa per quale mistero o sottaciuto contratto – il Comune non si fa carico dopo che il costruttore o chi per lui le ha realizzate (e inaugurate con assessore con fascia tricolore), lasciandole poi gradualmente decomporre. Per non parlare dell’uso di elementi di arredo urbano del tutto fuori assortimento e quindi non sostituibili a distanza di tempo.
    Sigh.

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  3. E se Milano fosse una vera città degli “allestimenti temporanei”? si farebbe di una criticità una virtù’….Oggi già dagli anni 80 – le nuove opere vengono gettate nel presente ma senza la responsabilità di gestirle nel tempo, ergo si consumano perchè risorse pubbliche da destinare per la manutenzione non ce ne sono e non ce ne saranno mai piu’. L’urbanistica a Milano è un grande inspiegabile assente. A parte collocare (male) semafori, cartelli stradali e piste ciclabili, non riesce a fare molto di piu’ Inutile girarci intorno. Allora perchè non trovare la soluzione di inaugurare uno o piu’ allestimenti diversi ogni 3 anni per esempio, in vari quartieri della città? Basta chiamarla Triennale dell’urbanistica…e Milano diventa una città scintillante ogni 3 anni….si ragiona già cosi’ per la moda, il design e ora anche per il cibo. Basta semplicemente aguzzare l’ingegno, riunire qualche testa pensante capace e avviare la rivoluzione culturale che a Milano tutti vedono ma che ancora non si capisce francamente dove sia….

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  4. Ma tutta la bicocca è poco manutenuta:
    1) c’è qualcosa che non va nei contratti di manutenzione e pulizia (i residenti pagheranno delle quote, immagino, per sostenere le spese o tutto è delegato al comune o all’università?)
    2) il progetto non ha tenuto conto della sostenibilità dei costi di manutenzione

    Il fatto che non ci sia gente nelle foto non mi stupisce. Senza università la bicocca è un quartiere morto perché mal progettato, con i negozi tutti relegati in un centro commerciale e gli stradoni stile autostrada che la tagliano a fette. Di fatto è un quartiere pensato per le auto, con stradoni e parcheggi ovunque, mentre per avere successo un quartiere deve essere pensato per i pedoni e le persone (porta nuova e city life)

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      • Guarda che abito vicinissimo alla Bicocca e se ci vai sabato o domenica, a università chiusa, incontri pochissima gente. Del resto che ci vai a fare? Negozi non ce ne sono, le aree comuni non sono pulite, la piazza ipogea con gli unici negozi, accanto al teatro, ha le scale mobili chiuse da tempo immemore…

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    • Bicocca non e’ per niente un quartiere morto proprio perche’ ha l’universita’ un teatro un museo residenze libere e convenzionate uffici bar e ristoranti e i negozi non sono per niente relegati al centro commerciale (piazza della trivulziana, mai stato?)Gli stradoni “stile autostrada” sono a una corsia, alberati e i parcheggi permettono di non avere neanche un auto sui marciapiedi larghissimi(pensati per i pedoni penso…) Ci mettiamo anche due parchi e una collina. Senza tutto questo sarebbe un quartiere periferico come gli altri. Comunque e’ gia’ qualcosa che non hai tirato fuori la solita putt..ata di Berlino est

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    • Son tutti quartieri che hanno dei difetti di impostazione, ognuno per un motivo diverso.
      Personalmente la Bicocca e me fa più rabbia perchè tra gli Arcimboldi, l’Hangar e l’Università ha avuto molto di più di quasi qualsiasi altro quartiere costruito a Milano negli ultimi 30 anni ma non è mai diventato quello che poteva essere. Adesso rischia pure di invecchiare male (gli anni passano)

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  5. Servono cose più semplici , prendete il parco di portanuova , la giunta ha voluto un orto botanico un museo delle piante , ok va bene , tutti entusiasti , ma fra 5 anni, quando il costo per il mantenimento passerà al comune ? non è il parco Lambro dove tagli L erba una volta all anno , Tutti che si fanno belli all inaugurazione , penso che come popolo non c è speranza

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    • Penso sia abbastanza vero, occorrono cose più semplici. O comunque meno impegnative nella manutenzione.
      Però al Parco Lambro tagliano l’erba più di una volta all’anno. In cambio però anche lì la manutenzione del verde lascia molto a desiderare. Quando ci sono le giornate di forte vento cadono dei bei pezzi di alberi, anche grossi. E pericolosi. Un paio di volte ho chiamato i Vigili del Fuoco, proprio perché ci fosse anche un intervento “ufficiale”.
      Il fatto è che il Parco è esteso e una manutenzione sarebbe estremamente onerosa, soprattutto perché è da decenni che non viene fatta e quindi finanziariamente impegnativa. Ma qui siamo al solito, e vale per tutti, qualunque amministrazione di qualunque colore e tinta: la manutenzione ordinaria (una spesa minima, anche se costantemente presente nei bilanci di ogni anno) non viene presa in considerazione fino poi ad essere costretti all’emergenza con costi decisamente superiori alla sommatoria dei costi di anni di ordinaria cura.
      Manca proprio (ma forse è proprio la mentalità nazionale) il senso della cura delle cose.

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  6. È un vero peccato che abbiano smantellato i pergolati che in primavera ed estate costituivano un tunnel di verde con bellissime fioriture di glicini. Sarebbe bastato sostituire i pergolati in legno, ormai marci, con altri in acciaio. Ma ormai hanno estirpato anche le piante, il che non fa ben sperare. E che dire delle fontane, ripristinate dopo anni di attesa e di nuovo ferme da almeno due anni!! C’è speranza di vederle nuovamente in funzione? Ci credo poco. Per le scale mobili di piazza della Trivulziana, non sapendo a chi compete la loro manutenzione/ripristino, stendo un pietoso velo.

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    • Mah, per la piazza delle sorgive non sarei cosi’ pessimista, in fondo non si tratta di grandi e costosi interventi. Le scale mobili invece sono di competenza dei condomi’ni e quindi la vedo male

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  7. Si sono fatti i pergolati perché non si potevano piantare alberi e questo perché il sottosuolo è occupato da parcheggi.
    Una volta i piani regolatori prescrivevano una quota minima di superficie filtrante. cioè di spazi aperti in cui il sottosuolo è fatto di terra dove gli alberi possono mettere radici profonde perché non c’è cemento nel sottosuolo.
    Questa prescrizione ha potuto, grazie alla deregulation urbanistica degli anni ’90, essere derogata a piacere in tutti i piani attuativi.
    Questo ha prodotto negli ultimi anni spazi pubblici spettrali ed esposti al sole e alle intemperie e non solo a Bicocca: si cominciò con la desertificazione di piazza Duca d’Aosta nei primi ’90 e si continuò con la sterminata e inospitale, per quando “graficamente” geniale, piazza all’ex Portello.
    La volontà di costruire parcheggi o altro nel sottosuolo peraltro non è stato l’unico fattore determinante. Ha contribuito molto anche una certa cultura progettuale dominante che vedeva nella “piazza”, pavimentata con superfici “dure” e molto “disegnata” l’alfa e l’omega di ogni possibile qualità urbana e nel verde qualcosa di antiurbano, che sta bene solo dentro i parchi altrimenti è “innaturale” ovvero che può talvolta essere parte dell’architettura urbana ma solo a piccolissime dosi geometricamente irregimentate.

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