Questa volta per il “museo diffuso“, il nostro viaggio a caccia di capolavori meno noti e di facile accesso sparsi per la città, vi portiamo a Lampugnano, nel piccolo centro storico del quartiere, dove si trova la chiesetta di Santa Maria Nascente, oggi santuario.
Siamo nel quartiere di Lampugnano, antico borgo formatosi nel sesto e quinto secolo a.C., quando i Celti occuparono questa zona; vi trovarono boschi millenari e un fiume, l’Olona, pescosissimo.
Il motivo dello stanziamento non derivò da ragioni climatiche quanto invece dall’abbondanza delle acque.
Lampugnano venne menzionata però per la prima volta nel 1276. Nell’ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla Pieve di Trenno ed era incastrato tra il comune di Trenno e i Corpi Santi di Milano. Nel 1771 contava 245 anime.
In età napoleonica, dal 1808 al 1816, Lampugnano fu aggregata a Milano, recuperando l’autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1841 il comune di Lampugnano fu aggregato a quello di Trenno, a sua volta annesso a Milano nel 1923.
Lampugnano conservò ancora per decenni la fisionomia di borgo agricolo: solo dopo la Seconda guerra mondiale la zona venne trasformata dall’espansione edilizia, con la realizzazione dei quartieri QT8 e Gallaratese. Nel 1980 fu aperta la tratta della linea M1 della metropolitana, che comportò la costruzione di un centro di interscambio con un raccordo stradale verso l’Autostrada dei Laghi. Nei pressi sorse anche il Palatrussardi, oggi PalaSharp, in attesa di una riqualificazione per le olimpiadi 2026.
Ancora oggi il nome della località, Lampugnano, non è chiaro. C’è chi lo farebbe derivare dai celti chi dal nome di una famiglia di origine romana.
Lo storico Giorgio Giulini assicura che a Lampugnano vi fu anche un monastero femminile. Le monache benedettine ebbero una influenza spirituale nella diffusione della devozione mariana e anche una benefica influenza sull’economia del territorio: una visura del catasto dei beni ecclesiastici del 1549 segnala la presenza di un monastero nel territorio di Lampugnano che in seguito non sarà più menzionato.
Al centro dell’antico nucleo si trova la piccola e quasi insignificante chiesetta di Santa Maria Nascente dall’aspetto neoclassico.
L’antico borgo posto ai margini della città divenne anche luogo di “villeggiatura” estiva da parte dei canonici del Duomo di Milano. E’ da questa circostanza che nasce il santuario di S. Maria Nascente in Lampugnano.
Il 18 agosto 1927 il santuario di Maria Nascente, con decreto firmato dall’Arcivescovo Eugenio Tosi, fu eretto a parrocchia. Fino al 1954 resterà il centro religioso di tutta la zona, anche del nuovo “Quartiere Sperimentale Modello” dell’VIII Triennale d’Arte, fino a quando venne decisa l’edificazione della nuova chiesa moderna al centro del nuovo quartiere, capace di accogliere i numerosi fedeli che dall’immediato dopo-guerra si sono insediati al QT8.
I primi documenti sul piccolo santuario di Lampugnano vanno fatti risalire ad una relazione della visita pastorale dell’arcivescovo di Milano Federico Borromeo, in data il 31 ottobre 1605. Da questi scritti si apprende che questo Santuario si chiamava oratorium Nativitatis Beatae Virginis Mariae e che fu costruito per l’interessamento ed anche i contributi in denaro di Mons. Alessandro Mazenta, Canonico Maggiore del duomo di Milano. L’oratorio permetteva ai canonici del Duomo di celebrare la S. Messa quotidiana quando, nel periodo estivo, si trasferivano a Lampugnano per le loro vacanze, per questo venne dedicata, come il Duomo, a Maria Nascente.
La costruzione, a pianta rettangolare, rimanda alla basilica romana ed alla sinagoga ebraica, misura m. 7,5 x 19,5 e, come tutte le chiese antiche, è rivolta ad oriente; i tre gradoni di accesso e l’architrave del portale sono in marmo non levigato di tenue colore rosa.
La semplicissima facciata ha una sola luce con un timpano sormontato lateralmente da due acroteri a forma di pigna e dalla croce al centro.
L’interno è ad una sola navata, suddivisa in tre campate da lesene in muratura; prende luce da quattro finestre, due per ogni lato, abbellite da vetrate inserite in epoca recente, che riprendono la tecnica medioevale di segmenti di vetro inseriti in guide piombate, un’altra finestra ad arco a tutto sesto illumina il presbiterio.
Il soffitto della navata è a cassettoni, in legno, molto semplici; il presbiterio ha il soffitto a vela in cui sono affrescati i quattro evangelisti; il pavimento è in cotto che manifesta il logorio del tempo, il corridoio centrale è stato rifatto in pietra.
Il battistero del secolo XVI, la cui vasca è costituita da un unico blocco di marmo rosa lavorato a mano, è posto all’ingresso sul lato sinistro e delimitato da una piccola cancellata in ferro battuto. L’arco di trionfo che unisce la navata al presbiterio è sostenuto da pilastri nascosti in muri laterali ed è ornato da decorazioni floreali a intreccio; dal centro dell’arco pende un crocifisso in legno scolpito di epoca secentesca; una trave lignea traversale che congiunge gli estremi dell’arco porta la scritta in caratteri d’oro: “Mors mea, vita tua”.
Ma veniamo alle piccole meraviglie presenti nel piccolo santuario: sull’altare troneggia una pala di cm 260×185 raffigurante “La nascita della Vergine” attribuita al Procaccini, inserita in una cornice lignea barocca; questa cornice prosegue formando il resto dell’altare e della mensa eucaristica.
Sulla destra del presbiterio, si trova un delizioso e armonioso dipinto di interesse artistico “La Madonna del Cardellino” del secolo XVI , un olio su tavola accolta in una elegante ancona rinascimentale. Vi è raffigurata una bella Madonna col Bambino il quale tiene fra le mani un cardellino. Intorno è una cornice di legno intarsiato e dorato, chiusa in alto da una lunetta, sulla quale è dipinto l’Eterno Padre.
Mentre sulla parete di sinistra possiamo ammirare un affresco attribuito alla scuola di Luini che rappresenta “L’Adorazione dei Magi”; in esso si nota una distribuzione dello spazio che dà l’illusione di continuare oltre il dipinto, ottenuta con una sapiente tecnica, resa con lo snodarsi del corteo che va ad adorare Gesù Bambino. Non esiste la grotta o la capanna, ma, con gusto rinascimentale, il Divino Bambino è a contatto diretto con la natura, segno che accentua e attualizza l’umanizzazione del Figlio di Dio; la Madre è raffigurata come colei che porge il Bambino. Ai piedi di Gesù i tre re manifestano negli abiti e nel volto la diversità delle razze e rappresentano l’intera umanità salvata da quella nascita prodigiosa. Il corteo con cavalli, cani e cavalieri rispecchiano l’idea della corte e della regalità di coloro che stanno adorando il Bambino.
Esternamente la chiesa venne “isolata” con una piazza negli anni Ottanta, lasciandola di fatto circondata da edifici moderni (compreso un complesso probabilmente realizzato da Luigi Caccia Dominioni ).
Fonte: Parrocchia S. Maria Nascente; Chiese di Milano del Ponzoni; Wikipedia
Na, vabbè, ma è un tripudio di meraviglie. Grazie per averlo segnalato.
Grazie per farci girare per gli angoli della città, almeno con la fantasia.
Veramente, anche angoli inaspettati. Chi mai avrebbe detto che a Lampugnano, dietro l’orrendo hub degli autobus ci fosse una chiesetta con pere stupende
Ci ho abitato alcuni anni a Lampugnano un angolo di tranquillita a milano.
La rimpiango sotto certi aspetti.
Abito a Lampugnano da 40 anni, i miei suoceri abitavano qui dagli anni 20 se non prima. Abitavano in una corte in via Trenno chiamata con il loro cognome. In questa corte grandissima c’erano stalle, granai, una fornace del maniscalco, cascine dove venivano ricoverati carri e attrezzi agricoli, frutteto e orti.
Buongiorno signora Maria Elisa.
Mi fa piacere leggere le parole di una ‘nativa’ di Lampugnano che ne ricorda il passato e gli abitanti di quei tempi, con le loro abitudini ed attività. Io sono un volontario del sito Pietredellamemoria e prossimamente pubblicherò pagine dedicate alle 3 lapidi che ho trovato e fotografato. Ora, vedendo che anticamente sulla facciata della chiesa c’erano altre due lapidi (che presumo fossero per i caduti della prima guerra) mi permetto di chiederle se può indicarmi dove si trovino ora (nel 2022). Ringraziandola le voglio rivolgere un cordialissimo saluto.
Umberto
Ho abitato per più di 30 anni nel condominio marrone scuro/bordeaux, con giardino e cancellate in ferro nero fotografato in numerose immagini… Nelle didascalie si cita “Gli edifici sulla destra della via Carlo Osma che ricordano le architetture di Luigi Caccia Dominioni”. In realtà quel condominio è opera del famoso architetto Luigi Caccia Dominioni e non una imitazione… Credo sia giusto riconoscere l’opera all’autore.
Inoltre ritengo ingiustificato e “offensivo” il commento “e quasi insignificante chiesetta” viste le opere presenti in una struttura così minuta e poco conosciuta…