Milano | Cinque Vie – San Sebastiano, eretta per atto votivo contro la peste

Il Civico Tempio di San Sebastiano, la chiesa rotonda di via Torino, ha status ambiguo, infatti è allo stesso tempo un tempio civile e religioso, e fin dall’inizio della sua storia è conteso tra Chiesa e Stato di Milano: il 15 ottobre 1576, infatti, secondo la più recente lettura dei documenti (Scotti, 2002), il governatore di Milano dell’epoca, marchese di Ayamonte, chiese al vicario di provvisione Giovanni Battista Capra di promuovere un voto per chiedere la fine della peste che tormentava la città da molti mesi.

Il luogo dove sorge il tempio civico, era in precedenza occupato da una più antica chiesetta dedicata a San Tranquillino detta “alla corticella” o “alla cancelleria” per l’estrema vicinanza con l’antico palazzo imperiale romano del IV secolo. Nel 1319, quando la chiesetta passò alla famiglia Pusterla, essa ne cambiò la dedicazione in San Sebastiano abbinandovi la cosiddetta “Facchinata del Cavallazzo“, una cerimonia rituale con la quale l’antica casata milanese portava in processione dalla chiesa al Duomo un cavallo realizzato con materiali commestibili che poi veniva distribuito alla popolazione sul piazzale della Cattedrale.

Il Tempio civico che vediamo ancora oggi, fu, come abbiamo detto poco sopra, voluto dal governo e da Carlo Borromeo nel 1576, per ringraziare il santo milanese che aveva allontanato la peste dalla città.

L’iniziativa è, come si è visto, totalmente civica, ma Carlo Borromeo, secondo alcuni studiosi, fu svelto a inserirsi, invocando le recenti norme che regolavano i rapporti tra Chiesa e Stato milanese: il progetto di rinnovamento della chiesa doveva essere sottoposto all’approvazione delle autorità religiose, e anche la nomina del cappellano civico non poteva essere valida senza la ratifica vescovile.

Il progetto fu affidato all’architetto di fiducia di Carlo Borromeo, Pellegrino Tibaldi. Il grande architetto, nel progettare la nuova chiesa, dovette tener conto di alcune condizioni, come lo spazio assai ridotto in cui si trovava il vecchio edificio, ma anche i fondi modesti stanziati dalla Fabbriceria. Perciò studiò l’idea insolita di un edificio perfettamente cilindrico. Idea che aveva, per di più, il pregio di un denso richiamo simbolico ai martyria paleocristiani, e particolarmente alla basilica milanese di S. Lorenzo (Rovetta, 1986). Donavano, inoltre, nobiltà formale al nuovo tempio le colte citazioni dall’antico: il palese rimando alla struttura del Pantheon, edificio che Pellegrino amava molto e da cui deriva la soluzione delle cappelle radiali inserite nello spessore del muro (Della Torre – Schofield, 1994) e l’idea della cupola a lacunari, che però non sarà realizzata.

Per l’esterno, il Tibaldi scelse uno stile volutamente serio, scandendo la parte inferiore del tamburo con coppie di lesene di ordine dorico che racchiudono, in corrispondenza delle cappelle interne, otto grandi archi; sopra l’architrave si svolge il fregio a triglifi e metope decorate con gli attributi di san Sebastiano. La parte superiore, secondo un primo progetto del Tibaldi, proseguiva come un secondo tamburo che fungesse da base per la cupola celata da una copertura conica.

Approvato il progetto, la posa della prima pietra avvenne il 6 settembre 1577. I lavori procedettero con discreta regolarità fino al 1586, anno della partenza di Pellegrino Tibaldi per la Spagna. L’esame dei documenti (Rovetta, 1990; Scotti, 2002) relativi al cantiere, in particolare i contratti e i verbali di stima dei lavori, testimonia che in quel momento il tempio di S. Sebastiano era compiuto fino al primo ordine ed era finita anche la cappella maggiore, che Pellegrino aveva voluto d’impianto quadrangolare e appena sporgente dal perimetro.

Partito Tibaldi, la direzione del cantiere passò a Giuseppe Meda, che modificò, ampliandola, la cappella maggiore e, qualche anno dopo, a Pietro Antonio Barca che, a partire dal 1599, diresse la costruzione del tamburo rientrante rispetto al primo ordine, non previsto dal progetto di Pellegrino, e della cupola estradossata, con contrafforti formati da robuste mensole rovesciate. Forse agli stessi anni risale l’idea della chiusura delle finestre termali: il tamburo, infatti, aveva otto grandi aperture che rendevano inutili quelle sottostanti. La fabbrica sarà definitivamente compiuta nella prima metà del XVII secolo: sotto la guida di Fabio Mangone, verso il 1616-17 un nuovo presbiterio fu aggiunto alla cappella maggiore, alterando così la perfetta circolarità dell’impianto immaginato da Pellegrino Tibaldi; ed entro la metà del secolo, forse su progetto dello stesso Mangone, si costruì il secondo ordine ionico che copre, al modo degli antichi tiburi lombardi, l’estradosso della cupola. Venne così definitivamente alterato il volto del tempio che Tibaldi aveva ideato come Pantheon lombardo.

 Nel 1938 l’allora podestà milanese Gallarati Scotti decise di valorizzare al meglio il monumento, come isolando l’esterno della chiesa, alla quale nei secoli erano state addossate piccole case civili estranee al progetto originario, oltre ad un restauro globale della chiesa.

Gli ultimi interventi all’interno della struttura si compirono nel 1970 quando sotto la cappella della pietà (realizzata nel 1862) venne posto un sarcofago contenente la salma dell'”internato ignoto” ovvero di una persona sconosciuta internata e deceduta in un campo di concentramento per commemorare perennemente la fine della seconda guerra mondiale. Venne apposta per l’occasione anche una targa a spiegazione del monumento.

L’interno è riccamente decorato, la struttura circolare è scandito da otto archi-nicchia separati da lesene. 4 di questi sono adibiti a cappelle, uno all’altare maggiore e le altre tre nicchie per gli ingressi: quello principale aperto sul vicolo e preceduto da in protiro disegnato secondo il Tibaldi, ma mai aperto, così come il portale di sinistra.

La parte inferiore, l’unica disegnata dal Tibaldi, è sormontata da un tamburo traforato da finestre rettangolari, al di sopra si trova la grande cupola a spicchi illuminata al centro dal capolino.

Nel presbiterio e ai lati dell’altare, due splendide tele, di cui una Vergine col Bambino e i Santi Francesco, Cecilia e Carlo Borromeo di Francesco Brizzi.

Nel coro, settecentesco, in noce e radica, si trova una tela di Andrea Lanzani, S. Caterina di Alessandria e altre due tele, S. Carlo fra le capanne degli appestati e un’Estasi di S. Filippo Neri, eseguite in collaborazione da Antonio Maria Ruggeri e da Federico Bianchi (primi decenni del °700); del Ruggeri anche una Crocifissione, posta sopra l’altare della sacrestia.

La grande cupola avrebbe bisogno di un bel restauro, secondo noi. Negli otto grandi spicchi, i quattro Evangelisti e i quattro Dottori della Chiesa latina (S. Gregorio, S. Ambrogio, 5. Gerolamo, S. Agostino) affrescati da Agostino Comerio (1784 – 1834) , opera continuata in seguito da Lazzaro Pasini. Mentre nel tamburo della cupola sono raffigurati alternativamente immagini di profeti e di sibille che hanno preannunciato l’avvento del Messia.

Nella seconda cappella di destra, dedicata all’Annunciazione presenta nella lunetta un bellissimo dipinto raffigurante la Strage degli Innocenti, dipinto Giuseppe Danedi (1619-1689), detto il Montalto. L’altare maggiore, ricco di marmi, fu disegnato da Giuseppe Merlo (1759) e inaugurato dall’arcivescovo Pozzobonelli durante la solenne consacrazione del tempio; a sinistra, tela con la Circoncisione di Gesù, di Federico Barocci (1535-1622 – copia ?); a destra,
grande tela di Francesco Brizzi (1574-1643) raffigurante la Vergine con S. Francesco.

Rientrando in chiesa, la cappella della Pietà con una scultura in marmo di Carrara, del Cacciatori (1887) e, nella lunetta, un dipinto di Filippo Abbiati (1640-1715).

Altare Pietà – 10 Lunetta Filippo Abbiati – Testimonianza di fede di San Sebastiano 1600

Troviamo altre due tele dell’Abbiati nella cappella dedicata a San Sebastiano. Al centro campeggia la copia della tela di di Vincenzo Foppa, la conclusione del Martirio di S. Sebastiano (l’originale nella pinacoteca del Castello), realizzato tra il 1490 e il 1500 ca.

Dopo la soppressione e distruzione della chiesetta di San Michele al Gallo (via Orefici e piazza Mercanti) nel 1786, venne portata la pala d’altare di Sant’Eligio, patrono degli orafi. Un ricco altare con marmi policromi e sormontato dalla tela che raffigura Sant’Eligio con la Vergine, realizzato da Andrea Lanzani (1639-1712).


Altre opere nella chiesa sono: la statua di S. Francesco d’Assisi, del Trentacoste (1928); un Crocifisso d’argento con gli Apostoli, primo premio nazionale di cesello (1932), di M. Restelli, e la Via Crucis (1933), di Franco Lombardi, in marmo.

All’interno della chiesa non mancano i richiami evidenti alla città di Milano come ad esempio la presenza dei blasoni dei sei antichi sestieri in cui era suddivisa la municipalità (detti familiarmente “porte”) che qui si riunivano in occasione di feste patronali legate alla città ed in rapporto con le loro specifiche aree di pertinenza.

Attualmente, così come in passato, non si può stimare l’architettura di questo tempio e porla nel suo giusto valore. Generalmente, infatti, le è stato attribuito scarso rilievo, ponendo piuttosto l’accento sui suoi difetti e sulle sue contraddizioni strutturali. D’altra parte, la prospettiva così ravvicinata e la forzatura degli scorci non possono che alterarne le proporzioni. Per esempio, la critica ai contrafforti a volute o alle chiavi negli archi del primo ordine possono essere senz’altro elementi di contrasto; ma essi sono dovuti piuttosto alle modifiche subite, che non a un difetto dell’impianto iniziale.
Per le sue originali proporzioni e la sua eccezionale tipologia San Sebastiano avrebbe veramente necessità di uno spazio autonomo che ne mettesse in evidenza i suoi volumi. Si tratta, infatti, di una forma che, racchiudendo in se stessa il valore del tempio, richiederebbe una ampia estensione in cui
essere inserito e in cui mostrarsi in tutta la sua imponenza.

Fonte: Milano. Il civico tempio di San Sebastiano, Giulia Bologna, Comune di Milano – Biblioteca Trivulziana; Lombardia Beni Culturali; Le Chiese di Milano, Ponzoni 1929; Le Chiese di Milano, Electa 2006; Wikipedia


Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

Lascia un commento