Milano | Porta Nuova – Pirellino si, Pirellino no e il 25% da digerire

La presentazione di P39 (chiamato ormai anche Pirellino) e Torre Botanica qualche settimana fa, con i nomi dei vincitori del progetto, Diller Scofidio + Renfro (DS+R) e Stefano Boeri Architetti, ha sollevato non poche perplessità o meglio, forse solo una: quella sul caso in riferimento alla legge regionale che prevede il 25% di volumetria in più per un edificio in abbandono da oltre 5 anni.

L’ex edificio degli Uffici Tecnici del Comune di Milano (realizzato nel 1966 da Renato Bazzoni, Luigi Fratino, Vittorio Gandolfi e Aldo Putelli) è in disuso e “abbandonato” dal 31 marzo 2015, almeno così sostiene Coima, proprietaria dell’immobile.

Anche se, come si è reso evidente, l’edificio di Via Pirelli 39 è rimasto inutilizzato dal 2015, dopo qualche tempo il Comune ha però provveduto a fare dei lavori di riqualificazione e di manutenzione straordinaria, oltre alle bonifiche da amianto realizzate negli anni successivi e a fasi alterne.

Tra questi vi sono stati dei lavori autorizzati dall’amministrazione con delibera di Giunta municipale 1178 del 26 giugno 2018. Lavori che si sono protratti sino a pochi giorni prima del rogito milionario eseguito da Coima, la società capitanata da Manfredi Catella, effettuato nel 2019 per la cifra record di 193 milioni, di cui 175 per lo stabile e 18 per i diritti di superficie sul parcheggio sotterraneo.

Coima probabilmente sta provando, con la sua interpretazione, a fare scattare da subito il bonus volumetrico, ma bisogna anche dire, che il progetto, così com’è stato presentato, ci piace molto: recupero del vecchio edificio, nuova torre iconica e nuovo spazio pubblico di svago e culturale al servizio della città. Se non venisse approvato il progetto, o meglio, se non venisse concesso il 25% in più di edificabilità, a farne le spese, con ogni probabilità, sarebbe il ponte serra e spazio culturale, come Catella ha osservato in sede di presentazione del progetto.

La questione a questo punto è se considerare o meno il Pirellino effettivamente abbandonato da più di 5 anni e, quindi, il suo proprietario potenziale usufruitore di questo bonus volumetrico. Certamente è una cosa interessante, ma rischia di essere una questione che lascia il tempo che trova, visto che, male che vada, a Catella basta aspettare che passino i 5 anni da quando lo ha acquistato per fare comunque scattare il bonus volumetrico regionale. Il massimo che si riesce ad ottenere è un rallentamento dell’inizio dei lavori, per quanto possiamo capire noi analizzando la vicenda.

Comunque tutto dipenderà da come sarà risolta la questione della Legge Regionale sugli Immobili Abbandonati tanto osteggiata dall’Assessore all’Urbanistica di Milano Pierfrancesco Maran, il quale, giusto ieri, ha aperto un dialogo positivo coll’assessore regionale Pietro Foroni con l’obiettivo di modificare in alcune parti questa nuova norma.

Entrambe le parti pare abbiano concluso che, ad esempio, non sia accettabile consentire a chi possiede immobili abbandonati, non solo di avere un bonus, ma di poter non fare nulla per almeno 5 anni.

Probabilmente la norma regionale potrebbe vedere abbassato dagli attuali 5 anni a 18 mesi l’intervallo di tempo consentito per avviare il recupero del palazzo in abbandono beneficiando così degli incentivi.

Ad ogni modo questa modifica ha valore solo se si agisce in tempi molto rapidi (come ha riferito Maran), visto che i Comuni devono approvare la relativa delibera entro il 30 aprile.

Stabilendo che il Pirellino & C. non godranno del bonus del 25%, visto che è in “abbandono” solo dal 2019, come si procederà? Coima andrà avanti ugualmente anche se l’amministrazione Comunale non concederà le volumetrie richieste? Si dovrà rinunciare al bel “Ponte-Serra” che corrisponderebbe al 25% aggiuntivo? E se il ponte non rientrasse nelle volumetrie perché di pubblico interesse culturale? Come andrà a finire? Concedere a Coima risulterebbe un caso privilegiato che farebbe infuriare altri costruttori che operano in città. Forse una soluzione sarebbe proprio legare il bonus volumetrico a interventi pubblici (che si tratti di edilizia sociale o spazi di pubblico utilizzo) da concordare con il Comune, ovviamente valevole per tutti. In questo modo si mitigherebbero forse le negatività intrinseche nella normativa (l’abbandono prolungato degli edifici e l’aumento degli indici di edificabilità al di fuori del controllo della pianificazione comunale) spostando i benefici del bonus anche nella parte pubblica, oltre che in quella privata.

Ad ogni modo, rinunciare a vedere completata anche questa parte dell’area di Porta Nuova che affaccia sul Parco della BAM sarebbe un vero peccato.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

26 commenti su “Milano | Porta Nuova – Pirellino si, Pirellino no e il 25% da digerire”

  1. Il progetto sembra bellissimo e completerebbe bene un’area splendida. D’altra parte le leggi sono leggi e le eccezioni come i condoni ne minano le fondamenta.

    Speriamo che si trovi una soluzione onorevole per tutte le parti. E che in futuro si evitino guerre di religione e ricatti che creino situazioni sgradevoli e potenzialmente detrimento per la collettività

    Rispondi
    • Questo ricatto è assurdo Per permettere il ponte basterebbe togliere dal Pirellino quella specie di zaino che gli hanno attaccato dietro, lo rende sgraziato e guarda caso si discute sul ponte che già esisteva piuttosto che su quell’aggiunta

      Rispondi
  2. Gli studi sono riusciti a progettare qualcosa non solo di sensato, ma anche speciale e iconico. E lo dico dopo essermi augurato la completa demolizione dell’edificio a ponte e, perché no, anche del Pirellino.
    Comune e Regione trovino un accordo, ne va del lustro di Milano e dell’interesse pubblico, inoltre di questi tempi sarebbe un segnale importante per rilanciarsi con speranza nel futuro post-Covid.

    Rispondi
  3. Io non capisco come si possa considerare “in abbandono” un bene che nel periodo di 5 anni è stato messo in sicurezza ed è stato oggetto di bando pubblico per l’alienazione.

    Al di là della durata del periodo di abbandono (se sia quello del Comune o quello della Regione), forse bisognerebbe fare chiarezza su cosa si intende per “abbandono”.
    Speriamo solo che non arrivi il solito “professionista del ricorso al TAR” a bloccare tutto per chissà quanto….

    Rispondi
    • Hai provato a passare sotto al ponte negli ultimi 5 anni? O accanto allo spazio recintato tra il ponte e la BAM?

      io sì, tutti i giorni, e ti assicuro che quegli spazi, fino a quando Coima ha messo le cesate, corrispondevano perfettamente alla definizione di “abbandonato”

      Rispondi
      • “Abbandonato” in senso legale, non vuol dire che non ci son le cesate. Vuol dire che il proprietario non se ne cura e fa come se non esistesse.

        Come si fa a dire che il Comune lo ha “abbandonato” se ha fatto un bando pubblico di vendita e lo ha pure bonificato dall’amianto per venderlo meglio?
        Ok cadeva a pezzi, ma non era “abbandonato”

        Rispondi
        • Forse non hai letto bene (e sicuramente non ci sei passato).

          Il riferimento alle cesate riguarda il fatto che, prima che le mettessero, il ponte e il piccolo spazio sulla destra accanto alla centrale energetica erano un ricettacolo di rifiuti, giacigli di fortuna di senzatetto, materassi abbandonati, il tutto condito dalle onnipresenti scritte e completato da un marciapiede pressoché impraticabile.

          Della definizione legale non me ne frega una mazza, a casa mia un edificio vuoto da anni, perennemente impacchettato perché altrimenti cadono i pezzi, assediato dai rifiuti, circondato da marciapiedi pieni di gobbe e avvallamenti su cui quasi non si può camminare, è indubbiamente abbandonato.

          Poi legalmente lo possiamo anche chiamare Piero o Ciccio Pasticcio, ma sempre abbandonato rimane.

          Rispondi
          • Giusto ma non stiamo parlando del devasto con cui il Comune di Milano tiene la città (e pure i suoi beni) al di là della facciata di cartapesta della movida e degli eventi effimeri.

            Parlavamo della definizione di “abbandonato” utile alla concessione degli agognati bonus volumetrici.

  4. Milano ha bisogno di volumetria!
    Pure lo sprawl californiano ha indice maggiore di 0,35.
    E l’indice massimo 1 fa ridere.
    La città come la vediamo oggi (per non parlare delle metropoli con cui Milano vorrebbe confrontarsi), con il suo centro, il suo tessuto, i suoi edifici, la sua morfologia ecc ha indici di otto/nove/dieci volte superiori.
    Collarini, Maran, Sala & Co. dovrebbero capire la seguente formulina molto semplice: no volumetrie adeguate = no sviluppi urbanistici/edilizi = no oneri = comune senza soldi = città che decade.

    ps: Speriamo decadano prima loro della nostra amata città.

    Rispondi
    • Pandemia a parte, la città non si può dire fosse in decadenza o che abbisognasse nuove operazioni di sviluppo per tirarsi su… Lo vedi da te su questo blog.

      Ergo il tuo discorso fa acqua da tutte le parti.
      È sacrosanto che il Comune ponga dei limiti, perchè il successo di una città non si basa solo sulle cubature, ma su un’insieme di fattori in corretto equilibrio fra loro.

      Rispondi
  5. Progetto che a me invece non convince per nulla.

    Si propone un grande aumento di volumetrie in una zona già molto densa di volumi e la ricompensa per il pubblico sarebbe un ponte serra che non si capisce bene da chi dovrà essere gestito e mantenuto e che beneficio darà ai cittadini.

    Non va più di moda usare gli oneri edilizi per creare o sistemare le strade che tutti noi certamente usiamo e per le quali ci lamentiamo spesso sul blog?

    Mi pare che con questa tanto sbandierata sinergia tra Pubblico e Privato si sia un po’ stravolto il concetto di onere edilizio. Ormai i luoghi pubblici vengono definiti dai privati e non più pianificati dal comune.

    Io continuo a sostenere che in quel punto ci sia bisogno di una semplice, economica ed efficiente passerella ciclopedonale che permetta di attraversare Melchiorre Gioia e accedere alla Biblioteca degli Alberi senza dover fare le scale. Un’opera così ha sicuramente una funzione pubblica, il ponte serra invece boh. Se avete il pollice verde vi suggerisco di visitare il giardino botanico di Brera oppure l’orto botanico della Statale in via Golgi. Invece se vi piace fare le scale per attraversare via Melchiorre Gioia la passerella pedonale c’è già.

    Rispondi
    • Melchiorre Gioia non è un fiume (nemmeno nell’’improbabile scenario di riapertura del Naviglio) e un passaggio con bici a livello strada è sempre possibile, visto che lo faccio tutti i giorni e spesso anche con figli piccoli su due ruote. Una passerella richiederebbe di salire di un paio di piani, attraversare e ridiscendere. Non ultra comodo.

      Il progetto penso darebbe comunque questa opzione, ed in più la possibilità di avere un ambiente come la serra che sarebbe intonato con il tema vegetale del parco (e della torre botanica e del bosco verticale) che darebbe ancor più enfasi alla vocazione verde dell’area. In più regalato al pubblico, almeno nell’utiilzzo, se ben capisco

      L’aspettò che trovo meno gradevole e’ che uno sviluppatore privato scavalchi l’amministrazione e cavalchi legislazione ambigua per raggiungere i suoi scopi. Il fine (una bella soluzione architettonica) non giustifica i mezzi (il ricatto). Ma forse sono troppo un’anima bella…

      Rispondi
      • “Regalato al pubblico”, è questo termine che non solo non mi piace ma pure mi spaventa. I privati non devono regalare nulla al pubblico.

        Le opere pubbliche a scomputo di oneri non sono un regalo che bontà sua il privato dona al Comune ma sono l’onere che il privato deve pagare per compensare lo sfruttamento dei servizi pubblici fatto dalle persone che accederano alle nuove volumentrie.

        Se le opere a scomputo di oneri vengono viste in quest’ottica (che tra l’altro è l’interpretazione che ne da la legge) e non come un “gentile regalo” ci accorgiamo che noi cittadini possiamo PRETENDERE dai privati.

        Con questo progetto il privato aumenterà le dimensioni di un grattacielo e ne costruirà uno nuovo quasi di pari dimensioni. Quest’opera porterà grandi guadagni verso il privato ma anche centinaia di nuove persone che tutti i giorni dovranno poter accedere a quell’area sfruttando i servizi pubblici (intesi non solo come trasporto pubblico). Noi cittadini dobbiamo pretendere (come dice la legge) che parte di quei guadagni vengano utilizzati per realizzare qualcosa di utile a tutti noi (o per riqualififare l’esistente).

        Io non ci vedo nulla di buono in una, seppur bella, struttura a ponte il cui unico scopo è compiacere gli occhi dei passanti ma che allo stesso tempo nasconde grandi spese di manutenzione da coprire solamente con una gestione simil privata della struttura stessa, per esempio affittandola per fare delle sfilate di moda, cioè un’attività che non c’entra nulla con gli obiettivi e le funzioni dell’istituzione comunale.

        Rispondi
  6. Provate a andare sul campo, in Gae Aulenti e immaginatevi dal vivo l’impatto di questo progetto. Dai rendering sembra fantastico, ma contestualizzato, è davvero ingombrante, toglie respiro ad una delle poche zone di Milano dove c’è spazio! Nasconderà Gioia 22 ed è praticamente dentro al parco!

    Trovo pessima l’ipotesi di sacrificare il ponte iconico per tenere botanica, suonerebbe di ricatto e snatura il progetto stesso. (guarda caso, 25% di volumetria, che forse è fatto apposta x essere sacrificato?)

    Rispondi
    • Beh è ovvio, visto che dei tre elementi sarebbe quello meno redditizio. Non è che si debba fare chissà quale dietrologia, basta fare i conti della serva.

      Rispondi
    • Ma quale vincolo ha il comune per far tenere il ponte edificio…

      …serra o non serra?

      Perché mi sa tanto di paraculo di catella.

      1. Se mi danno il 25% faccio il ponte
      2. Se non me lo danno ho fatto la sparata quindi il ponte che dovevo fare comunque visti i vincoli di acquisto non lo faccio più…

      Perché comunque tutti si aspettavano che anche prima della legge regionale catella tenesse il ponte iconico…

      Grandissimo paraculo catella.
      Okkio

      Rispondi
  7. State tranquilli tanto architetti, urbanisti e politici stanno facendo solo un pò di teatrino, il giochetto del poliziotto buono e poliziotto cattivo. Alla fine il progetto si farà, perchè a Milano bisogna riportare/trattenere attività e popolazione che potrebbero migrare all’esterno causa smart working e digitalizzazione della maggior parte delle attività. Le politiche green che il sistema economico/mondiale vuole attuare vanno anche in questa direzione, insomma sono finiti i tempi del pendolarismo selvaggio con consumo inutile di petrolio e di ferraglia automobilistica, cemento e asfalto per strade. Quindi tutte le grandi città, se non vogliono decadere, saranno costrette ad attuare politiche espansive interne aumentando per es. le edificazioni di grattacieli e torri ad uso residenziale, come la torre botanica. Insomma il futuro non è più la città metropolitana come un tempo, ma la città città. Se dagli anni 60 si è assistito a una migrazione da Milano all’esterno, ora assisteremo a una migrazione dall’esterno all’interno. Solo concentrando attività e risorse nelle città si può limitare il consumo inutile di risorse e la devastazione ambientale. Ci saranno le solite resistenze delle forze anti-milanesi, ma alla fine la strada è tracciata, o meglio il livello superiore ha tracciato la strada.

    Rispondi
  8. Concordo con molti commenti, il ponte serra non ha una chiara fruibilità di raccordo tra i due lati del parco, sembra più un suggestivo spazio culturale (da capire poi quanto pubblico). La torre botanica soffoca il parco e quella accanto si è allargata.
    Sarebbe meglio rendere il ponte fruibile, abbattere la torre esistente e fare al suo posto una torre botanica più alta, basta solo convincere chi c’ha già speso 193 milioni…

    Rispondi
  9. Concordo con Andrea, Ale, Anonimo (ragazzi ma se usassimo tutti dei nomi? :).
    il progetto non convince nella sua parte legale, nel concetto di “abbandono” (i vocaboli hanno anche un significato giuridico proprio, non solo sensazionale), nei modi adottati, nel rapporto pubblico-privato, nella pianificazione degli spazi pubblici ed anche nella proposta architettonica (sui gusti é difficile concordate, ma risulta evidente il posizionamento spaziale della nuova torre, la copertura agli edifici e il concetto oramai invecchiato di bosco verticale).
    Da milanese lo dico col cuore in mano. Vedo il pericolo di rovinare il piú riuscito intervento di riqualificazione mai fatto a Milano e probabilmente in Italia.

    Mi spiace per gli amici di Urbanfile, ma il tentativo di semplificare ad una le “perplessitá sollevate” non é intellettualmente onesto.

    Cordialmente Boerizzanti
    Giovanni

    Rispondi
  10. Okkio che il pericolo della legge regionale del cemento non è questo palazzo qui con il ponte botanico…

    Ma non è neanche stata varata la legge che ben 36 palazzoni non bene identificati stanno li per Ligrestizzare nuovamente Milano…

    Il centrodestra si è schierato con Catella e le altre 36 proprietà che hanno già fatto richiesta di accesso ai bonus, chiedendo di non fermare i cantieri e il mondo delle costruzioni nella Milano post pandemia. Enrico Marcora di Fratelli d’Italia ha chiesto di estendere i bonus a tutte le proprietà e in cantieri di Milano come segnale di ripartenza. Il consigliere comunale dei Verdi, Enrico Fedrighini, ha parlato di non personalizzare il caso sul singolo imprenditore – Catella – mentre per Basilio Rizzo bisogna invece evitare la nascita in città di nuovi “Salvatore Ligresti”.

    Okkio alle fregature.

    Fa bene il comune di Milano a voler avere voce in capitolo per controllare gli ecomostri.

    E questi 36 sono solo i primissimi

    Rispondi

Lascia un commento