Bonus volumetrici al 10%, la delibera dovrà passare dal Consiglio entro la fine dell’anno. L’Assessore Tancredi: “L’obiettivo è il recupero dell’esistente, e questo è il risultato migliore che si possa ottenere all’interno del quadro legislativo regionale, che però ancora limita il diritto di decisione dei Comuni”
La Giunta di Milano ha quindi individuato un primo pacchetto di 115 immobili e complessi edilizi dismessi, tra i 65 già elencati con il PGT e altri 50 frutto di segnalazioni documentate (consultabile qui): per questi edifici le relative proprietà avranno due anni di tempo (il minimo consentito dalla Legge Regionale) per presentare i progetti di recupero, in assenza dei quali scatterà un iter che li chiamerà alla demolizione e, se prevista, alla perdita dei bonus volumetrici. Si tratta di immobili che, da almeno un anno dall’entrata in vigore della Legge Regionale (giugno 2020), risultino dismessi e causino criticità per la sicurezza, l’incolumità pubblica, la salubrità – ad esempio per la presenza di amianto o di altri agenti chimici pericolosi – o disagio per il decoro e la qualità urbana.
Per queste tipologie di immobili, l’art. 40 bis della Legge Regionale in vigore prevede la possibilità di recupero edilizio con un incremento dei diritti edificatori che può variare tra il 10 e il 25% e che, in mancanza di una precisa determinazione comunale, viene previsto di default al 20%. La stessa legge consente anche un ulteriore 5% di bonus per interventi di rigenerazione urbana che assicurino una superficie a verde non inferiore all’aumento di edificato, o che comportino una diminuzione dell’impronta a terra pari ad almeno il 10%.
Ora, la delibera comunale fissa il tetto massimo di incremento volumetrico al 10%, quindi al minimo consentito, per non aumentare ulteriormente il carico insediativo del territorio comunale in modo indiscriminato rispetto a quanto stabilito nel PGT. Viene individuata anche una serie di ambiti territoriali in cui questa possibilità non verrà concessa, per ragioni di particolare tutela paesaggistica, ambientale e architettonica. Gli edifici dismessi in questi ambiti, quindi, dovranno essere recuperati con le volumetrie esistenti.
Dall’applicazione degli incentivi vanno dunque esclusi: i nuclei di antica formazione, il corso del fiume Lambro, il parco Nord, il parco agricolo Sud e tutti gli ambiti contraddistinti da un disegno urbano riconoscibile, quali tutti quelli destinati a verde da salvaguardare; i tessuti urbani compatti (in cui l’edificazione è avvenuta in allineamento alla rete viaria, alle piazze e agli spazi pubblici a verde); i tessuti della “città giardino”, caratterizzati da tipologie residenziali a bassa densità, inserite nel verde; gli ex insediamenti rurali ormai inglobati in città; i quartieri che rappresentano differenti modalità di sviluppo della città, come i primi quartieri popolari o quelli di interesse architettonico anche risalenti agli anni ‘50 e ‘60 nati per sperimentare nuove tipologie edilizie.
Sul totale dei 115 immobili dismessi già verificati, sono 32 quelli che insistono in ambiti esclusi dall’applicazione degli incentivi, e 81 quelli in aree che invece li prevedono (2 avranno gli incentivi solo in parte).
In quest’ultima tipologia di ambiti, gli interventi dovranno essere accompagnati da un’adeguata dotazione di aree per servizi e attrezzature pubbliche, oltre che da quote di Edilizia residenziale sociale (convenzionata, quindi a prezzi calmierati, sia in vendita sia in affitto) per quelli che interessano una superficie lorda superiore ai 10mila mq. L’Amministrazione si riserva anche di rimodulare in aumento il contributo in oneri di urbanizzazione richiesto agli sviluppatori degli interventi, in base alla quantificazione del valore economico prodotto dai progetti di trasformazione.
“Questa delibera – fa sapere l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi – rappresenta il risultato migliore che si possa ottenere all’interno del quadro legislativo regionale, un quadro per noi peggiorativo rispetto a quanto stabilito in precedenza: i premi volumetrici introdotti dalla Legge Regionale sono comunque fissati al minimo consentito, così come i tempi di consegna dei progetti di recupero, e inoltre abbiamo individuato gli ambiti, non pochi, totalmente esclusi da questo meccanismo premiale. Tutti punti che il Comune è riuscito ad ottenere grazie alla battaglia legale dei mesi scorsi, conclusa di recente con il pronunciamento della Consulta. In questo modo teniamo fede ai nostri obiettivi di recupero dell’esistente e di rigenerazione urbana, conteniamo il carico urbanistico e facciamo in modo che venga accompagnato da un’adeguata dotazione di aree per servizi di interesse pubblico e di oneri urbanizzativi, oltre che dalle corrette quote di edilizia residenziale sociale”.
L’art. 40 bis è stato riformulato dopo le tre ordinanze del TAR della Regione Lombardia del febbraio scorso che, nell’ambito di tre ricorsi presentati da altrettanti proprietari di immobili nei confronti del Comune relativamente alla norma sul recupero degli edifici abbandonati del PGT, hanno di fatto dato ragione all’Amministrazione che aveva sollevato il tema di illegittimità costituzionale dell’articolo 40 della Legge Regionale 12/2005 che consentiva ai proprietari degli immobili abbandonati di ottenere un bonus edificatorio fino al 25% e di costruire in deroga alle norme morfologiche e a quanto previsto dal PGT. Lo stesso articolo 40 è stato poi definitivamente bocciato dalla Corte Costituzionale con una sentenza datata 6 ottobre e depositata il 29, e al suo posto è entrato in vigore l’art. 40 bis, che riduce i bonus volumetrici e lascia maggiore autonomia ai Comuni nella pianificazione della rigenerazione del proprio territorio.
Tutti i Comuni sono obbligati a metterlo in atto entro il 31 dicembre, pena l’applicazione automatica di un bonus volumetrico del 20%.
Nell’elenco degli immobili ammessi al bonus c’è anche via Pirelli 39, il famoso Pirellino, che naturalmente non potrà più usufruire del ricco bonus della Regione, come abbiamo già potuto vedere.
Il progetto del duo architettonico della Torre Botanica e di P39, disegnato dal “duo” di architetti, Stefano Boeri ed Elizabeth Diller per conto di Coima, dovrà pertanto venire ridimensionato. Basterà non realizzare la “serra a ponte” su via Melchiorre Gioia o verrà ridimensionata la torre Botanica, oppure eliminato lo zainetto “applicato” sul retro della torre UTC che servirebbe per recuperare superficie ai piani per la torre costruita negli anni Sessanta? Tutti interrogativi che incuriosiscono gli appassionati di architettura e che dovremo attendere per avere nuovi aggiornamenti.
Ricordiamo che il progetto di Torre Botanica e P39 prevede:
- il recupero e restauro della torre degli ex Uffici Tecnici del Comune di Milano con un addizione di un corpo aggiunto sul fronte Nord, che aumenta il volume dei piani interni (altezza 90/95 metri);
- il recupero del corpo a ponte su via Melchiorre Gioia che dovrebbe diventare uno spazio comune, con serra e giardino sospeso, oltre ad una sala teatro per eventi;
- una torre residenziale (chiamata Botanica) progettata dallo studio Boeri alta circa 110 metri.
Referenze Immagini: Comune di Milano, Coima, Studio Boeri,
PGT, Urbanistica, Porta Nuova, Coima,
Non capisco se il ” O verrà tolto lo zainetto, o la serra o parte della torre botanica” sia esclusivo, nel senso se uno esclude l’altro, perché a sto punto eliminiamo lo zainetto che a parer mio non è che sia un granché.
Ciò che perdono in guadagno dalla vendita di quegli spazi ad uso ufficio la riguadagneranno con il ponte che gioverà solo alla loro immagine all’estero e in Italia, quindi spero tolgano lo zainetto.
Anche io lo spero, ma ad occhio e croce penso che lo zainetto per il terziario sia la parte più remunerativa di tutto l’intervento, il “ponte delle favole” invece quella più costosa, soprattutto da mantenere, e complessa da realizzare, soprattutto per il fatto che dovrà progettata per essere economicamente sostenibile (qualcuno direbbe che con l'”immagine” non si mangia).
Bisogna tenere conto però che anche l’abbattimento del ponte sopra Melchiorre Gioia sarebbe un’attività piuttosto costosa.
Purtroppo, in ogni caso, mi sa che la decisione spetta al proprietario dell’immobile.
Andrà a finire che si costruirà l’ennesimo palazzo con abitazioni da 5000 euro al metro quadro senza spazi per i cittadini. Purtroppo a Milano mancano opere virtuose per la collettività da usufruire in maniera gratuita. Quando si costruisce ne usufruisce sempre il ricco privato. Il Comune e gli enti interessati non discutono mai con lo stesso fervore ed interesse del fatto che a Milano un bilocale costa 700 euro al mese (se va bene e senza spese).
E’ giusto che sia così, i privati fanno quello che gli pare delle loro proprietà. Le opere virtuose per la collettività da usufruire in maniera gratuita si chiamano “opere pubbliche”.
Lo sai che il comune ha avviato la riqualificazione di tutta l’area del ex macello e scalo greco-Pirelli per darla come edilizia a basso costo convenzionata?
Edilizia convenzionata (o Social Housing, come la chiama il Comune).
Prezzo più basso ma non necessariamente economico, di sicuro vai tra i 2k+ e i 3K euro più IVA che è almeno il 30% meno del prezzo di mercato ma non quello che Gigi intende con “opere virtuose per la collettività da usufruire in maniera gratuita.” 🙂
Gigi, penso che 5k al mq sia circa la metà dell’entry level al piano basso.
Il comune di Milano non ha la cultura del bello cassando la serra green progetto di ampio respiro urbanistico che renderebbe fruibile l area al pubblico con locali immersi nel verde e farebbe da collante all area anziché lasciare solo grattacieli isolati come fiammiferi ergersi e circondati da mastro di asfalto per le auto , una serra verde in mezzo a tantio cemento e asfalto era davvero quello che ci voleva ma evidentemente al comune di Milano preferisce trincerarsi dietro ai calcoli di volumetrie insomma la solita italietta
Non per fare contestazione, ma il comune non ha cassato proprio niente, sarà a discrezione del privato scegliere cosa mantenere, il comune ha concesso il bonus del 10%, quando avrebbe potuto non concedere nulla.
Avrebbe creato un precedente per far fare polemica a tutti i costruttori che prima avevano costruito, non credo che nel consiglio abbiano detto “Ah c’è qualcosa che potrebbe essere bello, eliminiamolo”
Sono d’accordo con te.
La tradizione milanese ?
Raga per chi vuole vedere dei veri Progetti urbanistici è meglio che si interessi di Londra, Mosca, New York, ma anche Varsavia. Già che a Milano ci stanno mettendo non so quanti anni per aprire la metro blu che è cortissima. Negli anni 60 i lavori procedevano molto più speditamente.
Se non erro qualche politicante diceva che la suddetta linea avrebbe aperto entro il 2015. Ebbene siamo nel 2021, 6 anni dopo, e qualcuno di voi ha ancora visto un vagone muoversi? ? Ridicoli
Ovviamente per politicante non intendo appartenenti a partiti. Il progetto di questa metro risale ai primi anni del 2000.
Questo commento mostra alcune lacune conoscitive: 1) New York, Mosca e sopratutto Varsavia sono città con una storia che dura al massimo 2 secoli, mentre i reperti di Milano hanno datazione millenaria 2) i nuovi “grandi progetti” urbanistici di Londra non si spingono oltre al Canary Warf (distretto finanziario guarda un po’ costruito esclusivamente dai privati) e non dimentichiamo che Mosca, Londra e Varsavia sono tutti capoluoghi a differenza di Milano 3) Negli anni 60 si costruiva di più e più in fretta perché si costruiva male, non mi sembra che gli edifici di quell’epoca ora vengano elogiati dai grandi architetti.
Infine la linea Blu misura 15 km quindi è la terza tra le 5 metropolitane milanesi, non poi così corta.
In realtà Mosca e Varsavia hanno una storia che dura un po’ più di “al massimo due secoli”.
New York non è una capitale.
I progetti urbanistici di Londra vanno ben oltre Canary Warf (a meno di intendere come “grandi progetti” i soli grattacieli, che mi sembrerebbe riduttivo 😉 )
Che gli edifici degli anni 60 di Milano non vengano “elogiati dai grandi architetti” è quantomeno una generalizzazione grossolana.
La M4 quando sarà finita sarà due chilometri più lunga della M5 è vero, ma al di là delle oggettive complicazioni archeologiche, sarà inaugurata interamente dopo 10 anni dall’inizio lavori. Lo stesso tempo che ci è voluto per la M3 San Donato-Sondrio, che però era una linea estremamente più complessa (una metropolitana “pesante” e non ridotta come la M4). E che si connetteva con le metro esistenti, a differenza della M4.
Hai ragione sulla M4.
Però vorrei fare alcune precisazioni: Mosca sorge su un territorio dove non sono situati una quantità pari di reperti storici come a Milano, forse molti lo dimenticano ma sotto cinque vie giace il secondo palazzo imperiale romano.
Varsavia è stata demolita dai bombardamenti nella seconda guerra mondiale.
Non mi pare di aver mai detto che New York sia capitale, però nonostante non lo sia giace in America e anche la sua storia per quanto mi riguarda non supera i 400 anni.
I progetti urbanistici sicuramente a Londra vanno ben oltre al Canary Warf, però Nesto parlava dei “grandi” progetti quindi quelli che sono particolarmente conosciuti e onestamente oltre all’evoluzione del Canary Warf non mi è giunta voce di altri “grandi” progetti (scusa per le ripetizioni).
Nel tratto in cui dico che i palazzi 60′ non vengono elogiati era un eufemismo per dire 1) sono principalmente cubi di cemento 2) hanno davvero una scarsa qualità edile, sfido chiunque a vedere uno degli edifici anni 60 di Milano e dire che da un valore aggiunto al panorama immobiliare.
Ma sei così scuro che la M3 sia “estremamente più complessa”?
Guardando il tracciato delle due metropolitane noto che la M3 devia molto di meno dalle vie superficiali rispetto alla M4. M3 passa sotto edifici solo in due piccoli tratti tra Missori e Duomo e tra Centrale e Sondrio. La M4 invece da Tricolore a Sforza e poi da via De Amicis fino a Coni Zugna deve fare curve strette e passare sotto le fondamenta di diversi edifici storici. Questo non aumenta la difficoltà progettuale e/o i tempi di realizzazione del tunnel? Inoltre ricordiamoci che la M4, a differenza di M3, è a guida autonoma, c’è dietro tutto un sistema informatico ed elettronico che va implementato e testato.
Per quanto riguarda le connessioni con le altre metro mi pare chiaro che sia stata compiuta la scelta politica di sacrificare gli interscambi in cambio di interventi di riqualifica della superficie, opere non effettuate con la M3, o comunque non della stessa entità di quelle previste per la M4.
MM3 attraversa il centro di Milano in doppia canna sovrapposta, seguendo pressappoco il cardo ed il decumano. Ha una interconnessione su tre livelli sotto piazza del Duomo, una fermata dentro un palazzo a Lanza, la connessione diretta passando sopra ad una linea esistente a Centrale, corre parallela al Redefossi per un lungo tratto ed attraversa il punto della città dove la falda è più alta.
E’ stata costruita con tecnologia anni 70 e non del 21 secolo), ha banchine lunghe il doppio della MM4, una sezione maggiore ed ha il sistema di guida autonoma (il macchinista deve solo dare il segnale di apertura porte).
E’ vero che poi in superficie non è stato risistemato molto. Forse è questo che sta rallentando la M4 🙂
Dimentichi il 4) oltre ai reperti archeologici Nei cantieri della blu ci sono tornei impegnativi di rubamazzo, rialzo e celai. Ciò rallenta un filo le tempistiche di fine lavori.
Scusate un mio forse banale intervento: ho letto l’articolo descritto chiaramente da Urbanfile. 2 punti non li comprendo: io vivo nel parco agricolo sud Milano, e più precisamente a sud di Famagosta. In meno di 30 anni 2 terzi dell’area sono stati cementificati ed ora si continua a raccontare la favola delle aree protette tra cui quella in cui vivo? Poi, se il verde da generare non dev’essere inferiore alla colata di cemento (per chiamarla col suo vero nome) com’è che il cemento aumenta, specialmente sotto la guida di sala 1 e ala bis ma il verde resta un miraggio ?