Nel distretto della Maddalena, all’altezza di via Forze Armate 50 si trova un piccolo quartiere formato da 5 stecche parallele di casette a schiera. Il “borgo Lamaro” è distribuito lungo tre vie: via Pignotti, via Clasio e via Menzini, le prime due cintate e chiuse al passaggio pubblico.
Vennero realizzate dall’Impresa Edile della Famiglia Lamaro tra il 1928 e il 1929, come residenze operaie nella Milano che si estendeva verso i nuovi rioni acquisiti a partire dal 1923, come il paese di Baggio.
Sono una serie di casette allineate e distribuite in cinque stecche realizzate in stile eclettico.



La prima “stecca”, quella orientale, è l’unica differente, formata da un corpo centrale e da due “villette” ai lati



Ma chi erano la Famiglia Lamaro che realizzò questo quartiere?
Antonio Lamaro, rimasto orfano a undici anni, si trasferisce in Sicilia, a Leni, terra di origine della famiglia, sotto la tutela dello zio sacerdote; frequenta le scuole superiori a Torino e l’università a Roma, dove si laurea in Ingegneria alla vigilia dello scoppio della Prima guerra mondiale. Prende parte al conflitto raggiungendo il grado di maggiore; nel dopoguerra avvia nella capitale l’attività edile, costruendo una piccola casa in aperta campagna all’Arco Oscuro, con l’apporto di soli cinque operai; i primi capitali investiti sono i risparmi accumulati con lo stipendio di ufficiale in guerra.
Nel 1920 costituisce le Imprese Lamaro insieme al fratello Guglielmo, ai cugini Vincenzo e Giuseppe e al cognato Giuseppe Carbone. In particolare sarà Vincenzo Lamaro ad affiancare l’imprenditore nella gestione dei cantieri, a partire dalla costruzione di 20 fabbricati con 200 alloggi presso la Stazione Trastevere della capitale.
Le Imprese Lamaro cominciarono a operare a Roma in un periodo turbolento dal punto di vista politico-sociale, ma economicamente vantaggioso per il settore edilizio, a cui il Regime fascista rivolge particolare attenzione.



“Case per tutti”
Dopo la Prima Guerra Mondiale, a Roma si cominciano a intravedere i segnali di un certo dinamismo economico, ma è il settore dell’edilizia che concentra i maggiori interessi: durante il ventennio fascista infatti, sia per la ripresa della crescita demografica, che forma la domanda di abitazioni, sia per lo sventramento urbanistico della città, sia per le possibilità di realizzare ingenti opere pubbliche nei territori coloniali, sono molteplici le occasioni per le società di costruzioni di realizzare ingenti guadagni.
Dopo i primi anni di difficile avvio, le Imprese Lamaro, in società dal 1924 al 1934 con l’imprenditore edile Guglielmo Persichetti, iniziano nel 1925 la loro ascesa con la costruzione di 26 palazzine a Roma, nella zona di Monteverde, mettendo in vendita gli appartamenti a prezzi bassi e con notevoli facilitazioni di pagamento; Lamaro individua presto la linea altamente vantaggiosa dell’edilizia residenziale popolare – che qualifica con il programma “case per tutti” – centrata sulla costruzione del “condominio economico”.
Le prime affermazioni sul mercato edilizio di Roma spingono Lamaro ad aprire una seconda sede a Milano. La formula dell’edilizia popolare permette all’azienda di contrastare gli effetti della crisi che colpisce anche il settore delle costruzioni alla fine del 1929. Lamaro descriverà nel dopoguerra la sua attività come la «formula socialmente avanzata di ripartizione della proprietà edilizia, specialmente urbana, capace di rendere possibile anche ai classificati economicamente modesti l’accesso all’alloggio, da proprietari e non da locatari».






Successivamente i Lamaro si espandono costituendo la Società Lamaro-Philippe, spostando la sede a Marsiglia, poi a Parigi e in seguito in Costa Azzurra. Nel 1933 apre la sede di Napoli e dà il via alla realizzazione di immobili panoramici sul lungomare della città partenopea, mentre l’anno successivo viene costituita in Spagna la Sociedad Immobiliaria Lamaro-Berger con sedi a Barcellona e a Madrid. Nel 1937 Antonio Lamaro è nominato cavaliere del lavoro.
La spinta principale viene dal suo progetto delle “case per tutti” che, negli anni della ricostruzione, diventa in Italia programma di Governo; ciò consente alle Imprese Lamaro di portare a compimento tutti i lavori interrotti per la guerra e di espandere ulteriormente l’attività sulla base di quelli che erano stati per circa trent’anni gli obiettivi imprenditoriali del fondatore. Sono migliaia gli alloggi progettati nel decennio 1950 su terreni di proprietà che contribuisco al rinnovamento edilizio di Roma, Milano, Napoli, Barcellona, Marsiglia, Buenos Aires e Montevideo.
Lamaro muore a Roma nella primavera del 1963, lasciando diversi scritti, nei quali sintetizza la sua visione imprenditoriale e politico-sociale dell’edilizia popolare: si ricordano i volumi Quello che tutti cerchiamo: maggiore giustizia sociale, La casa per le masse e l’ideologia fascista e L’edilizia economica del dopoguerra: previsioni e programmi.

Risorse bibliografiche
In memoria di Antonio Lamaro, a cura di G. Letta, Tip. A. Staderini, Roma 1963; P. Toscano, Le origini del capitalismo industriale nel Lazio. Imprese e imprenditori a Roma dall’Unità alla Seconda Guerra Mondiale, Cassino, Università degli studi di Cassino, 2002, ad indicem.
Fonte: Archivio d’Impresa.
Referenze immagini: Roberto Arsuffi
Maddalena, via Forze Armate, borgo Lamaro, via Pignotti, via Clasio, via Menzini, Stile Eclettico