Milano | Boldinasco – Il vecchio borgo da recuperare: la cascina e il borgo della Pobbia

Se ci leggete spesso, avrete notato come ci teniamo alla memoria storica di questa città, di come, una vera metropoli dinamica e viva debba, sì progredire con nuove e avveniristiche costruzioni, ma anche con la preservazione di ciò che è storico e memoria, che sicuramente farà la differenza tra un luogo e un altro (ormai i palazzi di Milano li possiamo trovare anche a Londra, Città del Capo o Shanghai). Così come avrete notato come ci teniamo a rimarcare i nomi storici di luoghi che altrimenti finirebbero nel dimenticatoio, come quello di Boldinasco.

Boldinasco era una frazione del Comune di Musocco sino a quando quest’ultimo, ormai cent’anni fa, venne annesso in quello di Milano. Oggi, assorbito dalla grande città, Boldinasco purtroppo ha perso quasi completamente il suo originario aspetto di antico borgo agricolo. A testimoniarlo rimane qualche antica cascina un po’ in disgrazia e una graziosa cappella.

Il paesino ha origini antiche, infatti Boldinasco fu nominata per la prima volta come Boldinascho, nel 1346.

Nell’ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi apparteneva alla Pieve di Trenno e confinava a nord con Garegnano e Villapizzone, ad est coi Corpi Santi, a sud e ad ovest con Trenno. Nell’estimo voluto dall’imperatrice Maria Teresa nel 1771 risultò avere 67 abitanti.

In età napoleonica Boldinasco fu annessa a Milano nel 1808, recuperando l’autonomia nel 1816 con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto. Successivamente, nel 1869 Boldinasco fu aggregata al comune di Musocco, il quale, come abbiamo menzionato prima, venne aggregato a Milano nel 1923.

La vecchia frazione di Boldinasco era suddivisa in più “borghi”: quello sorto attorno alla Cascina Boldinasco in Via Francesco de Lemene, quello che troviamo attorno alla chiesetta di Santa Maria Addolorata alla Colombara (oggi in via Gabriello Chiabrera) e poi il borgo del Pobietto o della Pobbia che si trova in via Catullo. Il tutto distribuito un po’ a destra e un po’ a sinistra di via Gallarate. Borghi agricoli formati in prevalenza da cascine che ospitavano agricoltori e gente che si occupava delle varie funzioni legate ai campi e alla coltivazione.

Dalla Certosa di Garegnano il fontanile della Pobbia, scendendo per via Tibullo, prima di attraversare la via Gallarate lambiva un lavatoio a più posti fatto con lastre di granito e tettoia liberty, da decenni scomparso (del quale non siamo riusciti a trovare foto). Lungo il suo corso si trovava anche il Mulino della Pobbia, e il borgo detto anche del Pobietto (da pioppeto) con l’antica locanda della Pobbia, attiva sin dal 1850 e un tempo anche biglietteria della tranvia che percorreva via Gallarate. All’angolo tra via Tibullo e via Gallarate si trova una pietra miliare che segna le distanze da Garegnano e dalla Certosa (GAREGNANO – CHIL. 0,885 – CERTOSA – CHIL. 0,9…) e un’edicola mariana un tempo arricchita da un grazioso affresco oggi sostituito da un icona recente.

Qui comincia anche la via Catullo che, percorrendola, ci catapulta in un piccolo luogo di Milano che, se fosse sistemato e trattato meglio, avrebbe proprio l’aspetto di un antico borgo.

Oggi l’area che corrispondeva al borgo di case della Pobbia (via Catullo), pur mantenendo un fascino d’altri tempi, avverte un certo abbandono e sciatteria.

Passando sul lato meridionale di via Gallarate, un tempo percorsa dalla linea tranviaria per la cittadina a nord di Milano (questo sino al 1966), troviamo il nucleo più consistente dell’ex paesino di Boldinasco. Subito avremmo trovato la grande Cascina Colombara, con annessa cappella neoclassica dedicata a Santa Maria Addolorata, voluta nel 1801 dai conti Mellerio, industriali e alti dignitari dell’impero, come cappella mortuaria e oratorio agreste. Numerose lapidi funerarie murate alle pareti ricordano i conti Castelbarco, Mellerio e Cavazzi.

Mentre la grande cascina Colombara non esiste più, la capella è ancora presente, oggi prospiciente la nuova chiesa di Santa Cecilia, realizzata nel 1967 su progetto dell’Architetto Francesco Cetti Serbelloni.

Davanti alla chiesa, in una piccola aiuola, c’era una grande pianta di pioppo, purtroppo seccata e ora sostituita da cespugli di oleandro.

Il “borgo” di Boldinasco è unito con il parco del Monte Stella tramite un ponte ciclo-pedonale che scavalca il trafficassimo viale Alcide de Gasperi. All’incrocio con via Invergò è stato recuperato un grazioso spazio per i bambini dotato di attrezzature. Invece un’area a verde conduce sino all’area del Portello.

Proseguendo e raggiungendo la serpeggiante via Francesco de Lemene, ci imbattiamo nella Cascina Boldinasco, altra grande e antica cascina. Più che cascina era un vero e proprio borgo. Menzionata sulla carta del Claricio del 1659 col nome di “Boldinascho”, era formata da due cortili con abitazioni, portici, depositi e stalle. È stata acquistata dal Comune di Milano nel 1924. Di tutto il complesso della cascina Boldinasco è rimasto solo il fabbricato prospicente la strada. Da anni in attesa di un recupero.

Qui di seguito i rendering del progetto di rigenerazione. Il progetto si chiama Abitare il borgo con l’intento di dare un nuovo volto e nuova vita all’antica cascina utilizzata dall’amministrazione comunale che, fin dagli anni Cinquanta del Novecento, l’ha destinata ad alloggi sociali. Dal 2006 l’intero complesso è stato abbandonato perché dichiarato inagibile, anche se da allora le occupazioni abusive non sono mancate.

Nonostante gli annunci, però, del nuovo intervento di recupero non si sa più nulla e anzi, la cascina Boldinasco è occupata da senzatetto, che mettono in serio pericolo l’intera zona e sollevando malumori nel quartiere.

Altri edifici del borgo antico li troviamo sul lato opposto di via Francesco de Lemene al civico 48. A lato invece lo sviluppo urbanistico degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento ha prodotto i nuovi condomini qui presenti, immersi nel verde.

La terra di pertinenza di questa cascina era di ben 1500 pertiche (circa 98 ettari). Con le 300 pertiche (circa 20 ettari) della vicina Cascina Mosca, formava la cosiddetta “Fattoria Sperimentale Lamberti”, una delle aziende più progredite e all’avanguardia fino alla seconda guerra mondiale. Poi quasi tutto il terreno è stato cavato per ricavare sabbia e ghiaia per ricostruire Milano distrutta dai bombardamenti. In seguito la cava è stata ricoperta con le macerie delle case ed al suo posto è sorta la collina di Milano: il monte Stella, “la montagnetta de San Sir”.

Sempre nel territorio di Boldinasco si trovavano, ai margini, le Cascine Moia Moietta, i cui campi erano attraversati dal fiume Olona e dal torrente Merlata (ora tombinati). Le due cascine furono demolite nel secondo dopoguerra per realizzare il quartiere residenziale sperimentale QT8, su progetto coordinato da Piero Bottoni.

Il resto del quartiere di Boldinasco è ormai per la maggior parte moderno, realizzato a partire sopratutto dal dopoguerra in poi.

Il primo grande sviluppo nella zona lo si ebbe all’inizio del Novecento, quando, ancora nel Comune di Musocco, vennero realizzate dalla cooperativa Società Edificatrice l’Avvenire di Musocco srl la casa nell’attuale via Gaio Lucillo 5. Società che aveva già avviato diversi interventi a Musocco, come in via Mambretti 29 e in via Mantegazza 4 (Villapizzone) allo scopo – come da statuto sociale – di “acquistare terreno e costruire case d’abitazione per lavoratori e in genere tutte le costruzioni rivolte al benessere e miglioramento della classe lavoratrice”.

Referenze immagini: Roberto Arsuffi; Google; Milano Sparita

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

8 commenti su “Milano | Boldinasco – Il vecchio borgo da recuperare: la cascina e il borgo della Pobbia”

  1. Che bell’articolo.

    Peccato xhe i vecchi borghi siano stati desertificati e abbruttiti dal passaggio delle automobili.

    Sono ormai usati come strade di scorrimento.

    Azzerati i marciapiedi ormai sono brutti e vecchi.

    Nei vecchi borghi fatti di strade troppo strette dovrebbe essere imposta la pedonalizzazione parziale e il quartiere 30kmh.

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  2. Ho trascorso i primi anni della mia vita a Boldinasco, in via De Lemene al 51, non ho mai dimenticato quel borgo e ogni volta che transito da lì mi viene un groppo in gola e molti ricordi tornano alla mente.
    Ancora oggi, chi ha avuto la fortuna d’abitare a Boldinasco, si ritrova una volta all’anno per un incontro conviviale e lì, naturalmente, i ricordi vengono rinnovati. Vi lascio quattro rime che riguardano proprio la citata cappella
    LA CAPPELLÈTTA DE LA POBBIA
    (di Carletto Oblò)

    L’è ancamò lì, in fond a ‘na streccioeura
    che da direttament sul Gallaraa:
    el mur tutt stòrt, in mèzz a ‘na piazzoeura
    con sù on affrèsch tutt ròtt e malandaa.

    Poggiada in sul scòss, bianca ‘na pezzoeura
    che fa de tovajètta e tutt ambaa
    on vas de veder, quèi de gesioeura,
    ma senza fior nè acqua e trasandaa.

    L’è ‘na cappellètta de tanti ann fa
    che mostra la Madòna col Bambin
    e tutt’i vòlt che passi-via de là

    ghe disi l’orazion, che, bagain,
    la nòna con amor la m’ha insegnaa
    parlandom ciar e nètt in meneghin:

    “Quand, pellegrin, mì passi per la via,
    te saludi, Santa Vergin Maria”

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    • Anche mia mamma abitava a Boldinasco. Si chiama Enrica Castelli, è del 1934, e si è trasferita in Bovisa nei primi anni ’50! Magari vi conoscete…

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  3. Valorizzare il poli-centrismo della città sarebbe magnifico, esalterebbe la storia e la bellezza del passato, moltiplicando l’attrattivita’ della città

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  4. Ottimo articolo. Abito in zona, come detto da chi mi ha preceduto, meriterebbe un’attenzione maggiore da parte del Comune, per ricreare la sensazione di un antico borgo, oltre che un intervento deciso per sistemare la cascina.

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  5. La zona dei senzatetto vicio al centro Fipav potrebbe essere riqualificata, ma allo stesso tempo la città necessita anche di edilizia più popolare per le fasce meno abbienti

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