Milano Porta Vigentina. Dopo la pausa di agosto riprendiamo il nostro tour delle porte del dazio che si aprono in quella che fu la cinta difensiva del Cinque e Seicento. Abbiamo cominciato da Porta Genova, seguita da Porta Ticinese e Porta Lodovica, ora a seguire troviamo Porta Vigentina.
Un veloce riassunto per capire di cosa stiamo parlando: dove si trovano le porte realizzate nei varchi delle mura cinquecentesche della città sono in genere caratterizzate da una piazza di grandi dimensioni con, in alcuni casi, un arco o un grande monumento centrale, realizzato in varie epoche. Le 13 porte (e portelli) sono, in senso orario partendo dal Castello Sforzesco: Porta Tenaglia (Piazza Lega Lombarda); Porta Volta (Piazzale Baiamonti); Porta Garibaldi (Piazza XXV Aprile); Porta Nuova (Piazza Principessa Clotilde); Porta Venezia (Piazza Oberdan); Porta Monforte (Piazza del Tricolore); Porta Vittoria (Piazza V Giornate); Porta Romana (Piazza Medaglie d’Oro); Porta Vigentina (Via Ripamonti); Porta Lodovica (Piazzale di Porta Lodovica); Porta Ticinese (Piazza XXIV Maggio); Porta Genova (Piazzale Cantore); Porta Vercellina (Piazzale Baracca). Aggiungeremo all’elenco anche Piazza Cavour dove si trovano gli archi antichi di Porta Nuova, da sempre nella totale sciatteria.
Questa porta è una di quelle minori, una delle quattro porte succursali di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti, come succursale di Porta Romana. Posta a sud della città, si apriva lungo la strada per il Vigentino e Pavia. Di Porta Vigentina non resta oggi alcuna traccia, fino all’inizio del 1900 vi erano due caselli del dazio poi demoliti per allargare la strada e nessun arco. Oggi il nome sopravvive solo nel corso che da Crocetta giunge sino a viale Beatrice D’Este per diventare poi la lunghissima via Ripamonti.
Oggi nell’area della porta possiamo solo trovare un’ampia strada formata da via Ripamonti che si incrocia con i viali Beatrice d’Este e Angelo Filippetti, da viale Bligny e Sabotino e la piccola via (Salasco) che si innesta in via Giuseppe Ripamonti formando una piccola piazzetta.
Dire che qui il Comune pare essersi dimenticato del luogo è inutile, perché neanche in Comune sanno della sua esistenza. Troviamo solo una lunga aiuola rialzata nel tratto iniziale di via Ripamonti, tenuta, come ormai ovunque in città, in maniera selvaggia.
L’unica immagine esistente di Porta Vigentina, mostra il casello occidentale del Dazio al centro di uno spiazzo, l’altro casello è nascosto dal palazzo ancora presente in via Ripamonti. (foto a seguire).
Il nome della porta derivava dal borgo di Vigentium (Vigentino), che si trovava a 20 miglia romane da Pavia e il cui percorso iniziava appena superato lo slargo dove si trovava l’arco di trionfo di Mediolanum, oggi Corcetta.
Come le altre porte di origine spagnola era molto modesta e per nulla monumentale, poco più di una torretta di guardia e due portoni in legno massiccio. Solo ai primi dell’Ottocento, con la Grandeur napoleonica, le principali porte aperte nei Bastioni vennero rifatte in chiave monumentale.
Porta Vigentina non fu però tra queste fortunate, essendo una semplice porta succursale, alla stregua delle antiche pusterle che si aprivano nelle mura del Guintellino di epoca medievale.
Vennero semplicemente costruiti due nuovi caselli daziari, che ebbero una così scarsa manutenzione che il 18 aprile 1878 il tetto del casello posto ad ovest crollò; miracolosamente nessuno dei Burlandotti, le guardie daziarie di Milano, che si trovavano all’interno rimase né ferito o ucciso.
Sposata la linea del Dazio a inizio del Novecento, i due caselli vennero ceduti dal Comune di Milano. Quello a oriente fu preso in affitto dal Partito Socialista Italiano, che vi mise la sua sede milanese. Nel 1921, dopo la scissione di Livorno, il casello divenne la sede del Partito Comunista Italiano, ma nei primi mesi del 1922 venne occupato, con violenza, dai fascisti.
Nel novembre 1922 fu la volta dei fascisti a venire cacciati dai soldati, che si installarono nel casello creando una postazione di Guardie Regie al servizio del quartiere. Infine i due caselli vennero demoliti negli anni Trenta.
Qui di seguito l’aiuola di via Ripamonti. A voi il giudizio.
Dove viale Bligny e Sabotino si incrociano con via Ripamonti e la piccola via Salasco, come dicevamo, si forma una piazzetta che, forse, il Comune così attento al verde, potrebbe dotare di un bell’albero o due. Nel 2020 avevamo già proposto un’ ‘idea, con alcune suggestioni che mostrano come potrebbe cambiare con un albero (foto a seguire).
Questo è l’angolo nel 1905-10. Siamo esattamente in via Ripamonti all’incrocio con viale Bligny visto da viale Sabotino. Al centro della fotografia la bellissima drogheria Madini all’angolo con via Baracca ora via Salasco.
Lo stesso angolo oggi. Dobbiamo dire uno dei più brutti e anonimi incroci di Milano. Non una scultura, non un monumento, non un’aiuola o un albero.
Qui di seguito le nostre proposte del 2020… Certo non è una rivoluzione, ma forse un platano o un bagolare cambierebbero la percezione di questo non luogo, che ne dite? A sinistra il luogo com’è e a destra come potrebbe apparire.
Insomma, anche qui, basterebbe sempre poco per cambiare questo luogo dimenticato nella sciatteria. Dare una forma alle aiuole, piantare due alberi in quell’angolo/spiazzo e magari inserire un’aiuola verde.
Ma il Comune queste cose non le vede proprio…
- Referenze immagini: Roberto Arsuffi, Milano Sparita
- Porta Romana, Porta Vigentina, Corso di Porta Vigentina, Arredo Urbano, Mura Spagnole, viale Bligny, Viale Sabotino, Via Ripamonti
Sull’aiuola selvaggia nulla da obiettare, farei una bella semina di essenze varie in primavera, giù dall’aiuola il marciapiede andrebbe ripulito dalle erbacce, comunque miglioramenti possibili ma sempre un incrocio rimarrebbe, nulla di più.
il platano o il bagolare che avete inserito nella foto avranno come minimo 80 anni. capisco che sarebbe meglio ma è un po ingenuo fare un prima dopo così.
La barbarie fascista ha distrutto Milano