Milano | Verde Pubblico – I “boschi” selvaggi di Milano

Milano, Verde Pubblico.

Dal 18 al 21 settembre è tornata la Milano Green Week, la manifestazione che con oltre 200 eventi diffusi in città e aperti alla cittadinanza racconta non solo l’impegno dell’Amministrazione ma anche di cittadine e cittadini, associazioni, enti che ogni giorno lavorano per una Milano attenta ai temi ambientali, alla cura del verde, per il contrasto e la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Approfittando di quest’evento “verde” abbiamo provato a raccogliere luoghi dei quali non si parla mai o quasi: le aree boschive sparse nel territorio di Milano.

Quante volte abbiamo, ahinoi, sentito parlare del Bosco di Rogoredo? Molte. Ma di cosa si tratta esattamente?

Il Bosco di Rogoredo faceva parte (forse meglio dire faceva, visto che è stato ripulito e disboscato per cause di forza maggiore) del più ampio Parco Porto di Mare, situato a cavallo tra i territori di Nosedo, Chiaravalle, Corvetto e Rogoredo.

L’area, requisita dal demanio nei primi anni del Novecento per essere trasformata nel porto fluviale di Milano — da qui il nome Porto di Mare —, dopo i primi scavi venne completamente abbandonata. Giunse così ai giorni nostri come un’area per buona parte selvaggia.

L’abbandono, di fatto, favorì nel tempo una situazione promiscua: sul lato meridionale di via Fabio Massimo sorsero baracche per logistica e stoccaggio, così come lungo via San Dionigi, dando all’area l’aspetto quasi di una favela. Verso Rogoredo, tra la stazione ferroviaria e via Sant’Arialdo, invece, col tempo si consolidò quello che sarebbe diventato il luogo simbolo del degrado milanese: il famigerato “Boschetto della droga”, luogo di spaccio per oltre un decennio.

L’area è stata in seguito bonificata, sacrificando però quel bosco spontaneo che vi si era sviluppato.

A questo punto ci siamo chiesti: quante sono, all’interno del Comune di Milano, le aree “boschive”? Spazi nati spontaneamente, dove la vegetazione si è sviluppata in maniera selvaggia e naturale, con alberi e arbusti tali da ricordare veri e propri boschi. Diversi dai parchi, che invece sono curati dalla mano dell’uomo (anche se non sempre in modo convincente). Aree difficili o impossibili da visitare.

Girando in lungo e in largo per la città a caccia di cantieri e curiosità, ci siamo spesso imbattuti in angoli di verde selvaggio. Abbiamo raccolto così testimonianza di una quarantina di aree simili, alcune a due passi dalle case e in quartieri centrali, altre al confine con la campagna, dove la presenza di boschi è più naturale.

Partendo dal centro, elenchiamo quelli che a nostro avviso sono veri boschetti urbani: luoghi unici, forse anche da preservare, sebbene spesso invasi dall’inciviltà di chi li utilizza come discariche di rifiuti di ogni genere.


BOSCHETTO DEL BROLO

Tra l’antica Basilica di San Nazaro e l’università Statale, dove dallo scorso anno si passa per il trasbordo tra la linea blu M4 e la gialla M3 (Sforza-Missori), si trova l’edificio, al momento in abbandono e un po’ derelitto, dell’ex obitorio. Sul retro di questo si è formato nel corso dei decenni un vero boschetto selvaggio, usato anche come dimora per alcuni senzatetto. Chissà quanto durerà ancora. Intanto possiamo inserirlo nei boschetti della città.

BOSCHETTO DI VIA SCALDASOLE

Un’area di risulta, nata dallo spazio lasciato dai vecchi palazzi demoliti, incastrata tra gli edifici del Ticinese. Ogni tanto un comitato se ne prende cura, ma l’impressione è che resti sempre in stato di abbandono. In origine qui doveva sorgere un nuovo edificio, ma le volumetrie furono trasferite al lotto del Garage Sanremo, alle Cinque Vie. Questo piccolo spazio verde sembra destinato a rimanere tale, diventando via via sempre più selvaggio.

BOSCO DI VIA TINTORETTO

Molti si chiederanno di quale bosco si tratti: è un lotto mai valorizzato, rimasto incolto e selvaggio fino a oggi. Siamo in via Tintoretto, in zona Fiera.
Non siamo riusciti a trovare molte informazioni: probabilmente il terreno è confinante e della stessa proprietà del civico 41 di via Buonarroti, dove sorgeva la splendida Palazzina Galimberti dell’architetto Giuseppe Sommaruga (1908), demolita nel 1961 e sostituita dall’attuale edificio moderno dei fratelli Soncini.
La particolarità di questo boschetto è la sua vegetazione fitta: in estate forma una calotta verde che nasconde l’interno, mentre in inverno rivela un intricato groviglio di rami.

BOSCHETTO DI SAN CRISTOFORO

Spostiamoci a San Cristoforo, accanto alla suggestiva chiesetta sul Naviglio. Tra le ferrovie e a lato del canale del Lambro Meridionale, alcuni terreni abbandonati si sono trasformati in veri boschetti spontanei.

BOSCHETTO DI VIA TACITO

In zona Calvairate, in via Cornelio Tacito, si trova un’area verde privata lasciata da anni a uno sviluppo selvaggio, tanto da sembrare un vero boschetto, nonostante accanto ci sia un condominio con ingresso da via Tertulliano 38. Dopo la tempesta del 4 luglio 2023, alcuni alberi sono crollati, rivelando l’incuria che lo caratterizza.

BOSCHETTO DELLA GHISOLFA

A nord della città, tra le ferrovie Milano–Torino e Nord Milano–Saronno, si trova forse il più impenetrabile e affascinante dei boschetti cittadini. Ben visibile dal Cavalcavia Bacula (o ponte della Ghisolfa), è dominato da carpini e robinie che ne caratterizzano il paesaggio selvaggio.

BOSCO DELLA GOCCIA ALLA BOVISA

Un tempo abbandonato, oggi è destinato a essere riqualificato e trasformato in parco pubblico. Qui per decenni operarono industrie e gasometri, poi dismessi. Col tempo la natura ha riconquistato l’area, formando un bosco esteso e rigoglioso.

BOSCHETTO BOVISASCA

Lungo via Bovisasca, tra via Martin Luther King, via Lisiade Pedroni e via Leningrado, si estende una vasta area improduttiva lasciata incolta da decenni. Fino al 2000 vi erano orti e baracche; dopo una fase di bonifica, il terreno è rimasto abbandonato, consentendo la crescita di alberi ormai adulti.

BOSCHETTO EX CIMITERO DI CRESCENZAGO

In via del Ricordo, all’altezza dei civici 31-43, si trova l’ex cimitero di Crescenzago, circondato da un muro di cinta abbandonato dal quale spuntano alberi alti e vegetazione fitta. All’interno sopravvivono alcune vecchie cappelle in rovina. L’area attende ancora una riqualificazione, ma conserva un fascino misterioso ed esoterico.

BOSCO DELLA MERLATA

Di questo storico bosco avevamo già scritto. Oggi sopravvivono solo due porzioni ridotte: la prima, tra via Gallarate e il Cimitero Maggiore (che in origine sorse proprio in una parte del bosco), e la seconda, tra via Gallarate e il Gallaratese, in parte recentemente disboscata.

BOSCO DI VIA BISCEGLIE

A Sella Nuova, lungo via Bisceglie dove questa si incrocia con via Teobaldo Ciconi, ai piedi delle nuove torri di SeiMilano si trova un’ampia zona “boschiva” selvaggia. Purtroppo uno dei tanti boschetti trattati come discarica.

BOSCO DI NOSEDO

A sud, nei pressi del depuratore cittadino (il più grande impianto di trattamento delle acque reflue di Milano, entrato in funzione nel 2003), si è formato nel tempo un fitto bosco spontaneo che ne circonda i confini.

BOSCHETTI PERIFERICI

Non mancano infine altri boschetti spontanei sparsi nelle periferie di Milano: al Ronchetto, in via Tre Castelli; nell’area dello scalo San Cristoforo; in piazza Negrelli troviamo un appezzamento di terreno incolto tra i palazzi, per ora abbandonato e diventato bosco; in piazza d’Armi; a Figino; ad Affori, dove si trova il Parco POP a sud di via Modignani; a Cascina Gobba, lungo il Lambro e la Martesana. E, tornando a Rogoredo, nelle aree del Borgo Triulzo e di San Martino.

  • Referenze immagini: Roberto Arsuffi
  • Milano, Verde Pubblico, Parchi, Boschi, Aree incolte, degrado, Bosco della Merlata, Bosco di Rogoredo, Bovisa, Crescenzago, Lambro, Baggio,

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

6 commenti su “Milano | Verde Pubblico – I “boschi” selvaggi di Milano”

  1. Molto interessante. A partire dalla “Goccia” dovrebbero diventare laboratori all’aperto. Vi si può sperimentare “dal vivo” la capacità del sistema “naturale” di “rigenerarsi”: abbiamo capito da tempo che il “verde spontaneo” è molto più efficace (e autonomo, nel senso che richiede meno sforzi di “controllo” da parte nostra) di quello “coltivato” nel re-instaurare una successione ecologica. Spesso queste aree, ai nostri occhi “disordinate” sono gli unici scrigni di biodiversità residui in quel quartiere. Ne farei laboratori di scienze naturali, urbanistica tattica (con moderazione), misurazione dei benefici ecosistemici, partecipazione (senza disturbare i processi di ricolonizzazione). Suggerisco lettura di “Darwin va in città” di Menno Schilthuizen

    Rispondi
    • oddio… scrigni di biodiversità mica tanto: da preservare sicuramente ma se guardi la metà delle piante sono robinie e ailanti, entrambe specie alloctone. Diciamo che si dovrebbe fare come a Saronno nella Ex-Isotta: togli piante non autoctone e ripianti le autoctone (cosi tieni alberi anziani ma elimini quelle aliene).

      Inoltre un bosco con fondo di soli rovi non è un bosco sano (parlo per esperienza vivendo vicino al Parco delle Groane)

      Rispondi
      • Abbiamo chiavi di lettura diverse. Io sto abbandonando o cercando di abbandonare la visione antropocentrica che deriva anche dalla mia formazione universitaria di agronomo. Parlando di specie aliene o della funzione (preziosa) del rovo, FORSE siamo limitati dalla nostra abitudine a vedere il qui ed ora. Mentre in realtà stiamo fotografando un momento di un processo molto più lungo di quanto noi siamo abituati a considerare quando “realizziamo” un’area verde. O quando pensiamo di governare con azioni semplici fenomeni complessi

        Rispondi
  2. Il boschetto di via Bisceglie dovrebbe diventare il progettato Parco Blu, lavori previsti dal Municipio 6 per il prossimo anno, o almeno così dicono.

    Rispondi

Lascia un commento