Dell’antica chiesa di San Martino in Lambrate rimangono il campanile quattrocentesco, il bassorilievo raffigurante S. Martino che dona il mantello al povero posto nella lunetta sopra il portale e la statua lignea della Madonna della Cintura settecentesca.
Le origini dell’antica chiesa sono citate addirittura in un documento del 1181.
Nel 1599 l’arcivescovo Carlo Borromeo elevò la chiesa a parrocchia e la visitò varie volte: segno del suo passaggio – e della devozione della gente trasmessasi di generazione in generazione – è la Cappelletta di S. Carlo, a circa 300 metri a nord della chiesa parrocchiale, all’incrocio tra la via Conte Rosso e via Giulio Dardanoni, dove il Santo celebrò la Santa Messa in occasione della peste di Milano. In questo periodo S. Martino era una delle parrocchie più grandi per giurisdizione di tutta la diocesi, controllando anche i territori limitrofi dell’Ortica. L’aspetto arrivato sino all’inizio del Novecento era di una chiesa dalle forme semplici cinque-seicentesca molto bisognosa di restauri. Non era di grandi dimensioni, aveva solo quattro campate e volgeva la facciata verso ovest, come le classiche chiese costruite nell’antichità. L’abside quadrata si affacciava sull’odierna Via dei Canzi, così come il campanile, posto all’angolo con Via Saccardo.
Con l’esplodere della popolazione nel Comune di Lambrate, grazie alla rivoluzione industriale, contando oltre 5000 cittadini nel 1911 che diverranno 8171 nel 1921, la vecchia parrocchia non poteva più contenere il crescente numero di fedeli. Così si decise di costruire una nuova chiesa sullo stesso luogo della vecchia San Martino. Nel 1913 si iniziarono i lavori per il nuovo edificio progettato dall’architetto Ugo Zanchetta. Per esigenze di spazio, il vecchio sagrato venne riempito con la nuova abside e pian piano la chiesa vecchia venne demolita per far spazio alla nuova costruzione. Fu portata a termine nel 1928 e inaugurata nel 1931 dal cardinale Ildefonso Schuster. Nel 1923 il Comune di Lambrate viene annesso a quello di Milano.
Il Progetto di Ugo Zanchetta si rifaceva all’architettura romanica lombarda, anche se interpretata un po’ di fantasia e in versione moderna, nonostante il desiderio del progettista di non uniformarsi ad uno stile, alla fine ne risulta una composizione neo-romanica. Infatti esternamente l’edificio religioso potrebbe far pensare ad una chiesa medievale, è costruito quasi per intero, secondo la tradizione romanica lombarda, in cotto, ma con inserti in granito, pietra e cemento. La facciata principale, situata su via dei Canzi (come detto prima, in direzione opposta alla vecchia facciata), è a salienti corrispondenti alle tre navate dell’interno: essa pare sia fortemente ispirata alla soluzione neoromanica proposta da Moretti e Nava per la basilica di Santo Sepolcro, in centro a Milano, dove è stato creato un protiro rientrante. E’ a tre archi a tutto sesto (che ad esser precisi pare più ispirato ad un modello bizantino), due colonnine a base ottagonale in pietra sorreggono semplici capitelli a motivi fitomorfi, sopra i quali si trovano due pulvini, elementi a tronco di piramide rovesciata tipici dell’architettura di Bisanzio, anch’essi in pietra. Sopra il portone principale, nella lunetta, è stato inserito il bassorilievo proveniente dalla vecchia chiesa. Sopra l’ingresso si trovano cinque finestrelle a tutto sesto e, più in alto, da una piccola finestra a croce. Corona l’insieme una teoria di archetti pensili a tutto sesto, anch’essi di reminiscenza romanica.
Ai lati dell’ingresso, entro due archi a tutto sesto, si trovano due trifore che illuminano le navate laterali. A destra della facciata sorge il campanile, originale quattrocentesco per i primi quattro piani, ma completato e rialzato per la parte terminale con l’orologio e la cella campanaria, contenente cinque campane.
Internamente la chiesa è suddivisa in tre navate che verso l’abside diventano cinque (forse unico caso a Milano). Lo spazio longitudinale è marcato da solenni arcate a tutto sesto, sostenute da colonne in pietra che separano le navate. I capitelli in pietra sono sono diversi per ogni colonna. Lo Zanchetta al posto di possenti colonne ha usato piccole colonne e pareti più sottili, all’epoca diede spiegazione pratica: il ridotto spessore delle colonne consente di vedere il celebrante senza problemi. La navata principale ha il soffitto è a capriate ed è illuminata da oculi. L’effetto medievale è enfatizzato specialmente per la ripresa, meramente iconica, dei matronei a trifora, che sono infatti fittizi, dando direttamente sulle navi minori.
Concludono lo spazio longitudinale cinque absidi, quattro uguali e una maggiore, intonacate all’interno. Nell’abside maggiore campeggia un grandioso mosaico raffigurante Cristo benedicente in trono, opera di Trento Longaretti (1982), mentre nella navata estrema sinistra si trova una tela di Vanni Rossi (1951). Nella navata destra c’è uno stendardo affiancato da una statua della Madonna della Cintura, sovrastata da un baldacchino baroccheggiante.
Fonte: “Le Chiese di Milano”, Ponzoni 1929