Milano | Trezzano sul Naviglio – Una chiesa moderna

Chiesa di Santa Gianna Beretta Molla, Trezzano sul Naviglio, costruzione 2010-2014, Studio architettonico Quattroassociati.

La chiesa si erge all’angolo con Via San Cristoforo, via Circonvallazione a Trezzano sul Naviglio. Una struttura moderna in cemento armato a vista (che in pochi anni si è già segnato) in una forma a croce greca, che caratterizza l’edificio. Il volume raggiunge la sua vera singolarità mano a mano che si sviluppa in altezza e l’aula si trasforma da rettangolare (in pianta), a cruciforme (in copertura).

L’ingresso principale si trova a est, verso Milano, dove una piccola corte accoglie il visitatore. Sopra il portone alto e stretto, si trova il campanile con le campane. L’interno, semplice, è caratterizzato dalla grande croce sul soffitto, da dove penetra la luce, rafforzata da una grande vetrata posta verso il Naviglio Grnde. Il candore dell’interno è caratterizzato da una serie di strisce nere che rappresentano la via Crucis.

Gli arredi sacri sono strettamente integrati al volume architettonico di cui riprendono la semplicità formale e la simbologia evocativa. L’altare è concepito come un tavolo appoggiato ad un masso squadrato, tagliato nell’angolo rivolto verso la cappella feriale che accoglie il Santissimo. L’ambone ha la forma di sepolcro, con una pietra rovesciata che diventa il gradino d’ingresso; al suo fianco, incastonata nel piano presbiteriale, si innalza una croce in pietra che da terra arriva a toccare la tenda absidale. La Via Crucis lungo il lato Nord e il segno grafico con spesse linee nere che corre per l’intera superficie interna dell’aula e della cappella feriale sono opera di Giovanni Frangi, artista che collabora con lo studio fin dalla progettazione dell’edificio in fase di concorso.

Il muro posto dietro l’altare rimane sospeso e lascia passare la luce da sotto, donando l’effetto di un mantello che si solleva per rivelare il mistero di Dio. Analogamente può essere interpretato come una volta celeste che, attraverso le stelle dorate, ripropone parte della costellazione presente in cielo il giorno in cui la Santa è nata. In ogni caso l’area presbiteriale diviene il fulcro prospettico della liturgia; essa non chiude lo spazio sacro ma lascia intendere che esso continui al di là della parete sospesa. Infine il fonte battesimale viene collocato all’inizio dell’aula, come partenza per un percorso di purificazione verso Dio.
Nel complesso, un buon esempio di architettura sacra contemporanea, pulita, candida, essenziale e raccolta. Le morbidità delle curve su cui si adagia la luce che cala dall’alto come un velo sono forse una citazione delle chiese romane del Giubileo, tra cui soprattutto quella chiesa del Dio Padre Misericordioso di Richiard Meyer.

Fonte Chiese di Milano – Foto tombolo.

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

16 commenti su “Milano | Trezzano sul Naviglio – Una chiesa moderna”

  1. triste constatare come l’architettura religiosa non riesca ad evolversi rispetto a quanto si vedeva a metà del XX secolo. questo edificio potrebbe tranquillamente avere dai 40 ai 60 anni.

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  2. In effetti è tristemente una fotocopia di una qualsiasi delle “22 Chiese per 22 Concili” fatte costruire a Milano tra il 1960 ed il 1965 dall’allora Cardinal Montini. E come quelle, temo sarà presto “migliorata” e tappezzata di immagini, scritte, quadri e sculture di dubbio gusto ad opera del Parroco e di qualche Parrocchiano artista (e forse è anche meglio così, almeno sembrerà viva e non un cenotafio di periferia…)

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  3. Ma perchè il cemento a vista in Italia si segna sempre? In Svizzera lo usano tantissimo anche per gli esterni ma non è mai così segnato

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    • Perché in Italia si usano materiali scadenti e non si fa manutenzione. Basta guardare il palazzo degli uffici comunali in via Melchiorre Gioia: sembra più antico della piramide di Cheope.

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  4. Sempre divertente constatare come l’architettura e l’arte contemporanea susciti sempre una levata di scudi nel nostro Paese, che forse anche per questo pecca un po’ di comportamenti conservatori e poco inclini al rinnovamento. Normale, accadeva anche nel piccolo paesino emiliano di Massimo Bottura prima che avesse il successo mondiale che ha adesso.

    Per fortuna c’è una maggioranza silenziosa che invece non ha paura del futuro. 🙂

    p.s.: il mio username in Skyscrapercity è comunque “Tommolo” ehehe! 🙂

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    • Non credo tu ti riferisca anche al mio primo commento, per me il problema è l’opposto. La chiesa è nuova eppure sembra vecchia.

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    • Divertente anche come qualsiasi commento sull’estetica di un edificio contemporaneo venga derubricata a manifestazione di provincialismo e/o conservatorismo. Pazienza, per me questa “chiesa” resta una porcheria assoluta, indistinguibile da una clinica dentistica di quelle pubblicizzate sulle tv locali. Figlia di una mentalità, questa sì provinciale e vecchia, per cui l’estetica contemporanea deve essere fredda, disumana e respingente, e privilegiare quindi spigoli, lastre nude, volumi che disorientano, angosciano ed escludono. Riusciranno perfettamente i funerali, per tutto il resto il contrario esatto di un luogo dove una comunità amerebbe riunirsi.

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      • ecco qui ci sarebbe anche da approfondire un discorso per cui si sono affidati lavori ad architetti di sicuro valore (penso ad esempio alla SS. Trinità di Metzger) ma con una impostazione culturale estranea al concetto di comunità come visto nei paesi latini, anzi con una sicura influenza di ambienti nordeuropei, caratterizzati da un marcarto impoverimento dell’apparato iconografico e cromatico vicino alle posizioni della chiesa protestante in generale e calvinista in particolare. gli stilemi si sono poi ripetuti più per “moda” che per altro.

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  5. Haha! No no Garba, non era riferito a te, ma c’è sempre un sacco di ritrosia a prescindere quando si parla di moderno riferito a contesti fuori dai quali si è abituati a vederlo. Secondo me ad esempio il fatto è che si misurano assieme mele e pere. Ad esempio, se considero l’architettura sacra secondo i canoni delle cattedrali rinascimentali, ovviamente le prime saranno meno ornate, meno aggraziate e meno stupefacenti. Ma è questo l’unico atteggiamento possibile? Ad esempio, se fosse un auditorium, si penserebbe sempre lo stesso o magari se ne avrebbe una opinione mentale meno rigidamente precostituita con cui fare il paragone?

    È una provocazione, secondo me si hanno un sacco di preconcetti solo perchè si parla di una chiesa e bigottamente si pensa che una chiesa debba solo stupire con orpelli, mentre magari nel 2016 si pensa anche a una chiesa come un funzionale e pratico spazio per funzioni pubbliche…

    Secondo me, se lo si considera nella seconda maniera, scevra di preconcetti, si vede la struttura architettonica per quello che è.
    Non è affatto un sacrilegio cambiare l’idea che ci siamo fatti di un luogo di culto.

    E non è un giudizio di provincialismo contro chi critica l’architettura contemporanea, contro cui io stesso sono molte volte critico. Il mio è una critica rivolta a chi utilizza a mio avviso strumenti critici inadeguati per giudicare una opera in generale. Se non sai il tedesco, ad esempio, come puoi pretendere di giudicare una poesia di Novalis? 🙂 Ovviamente non percepirai se non suoni gutturali. Se il tuo criterio è la cucina regionale emiliana, percepirai Bottura come un nemico. Cambiando il sistema critico, invece, il giudizio cambia e si amplia.

    La tua opinione invece GarBa era esattamente l’opposto, tu la volevi molto più innovativa ehehe! È comunque in periferia e in una zona abbastanza degradata dai, non credo ci fossero molti fondi 🙂 Comunque non è malaccio dai, prova a dargli una occhiata se passi in zona, magari il tuo giudizio dipende solo dalle mie pessime foto ehehe! 🙂

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  6. Non è lo stile moderno anziché antico a determinare l’irrimediabile bruttezza delle chiese contemporanee: è che dietro non c’è NIENTE.

    Mi spiego. Un luogo di culto non si può costruire solo sulla base di criteri estetici. Un vero tempio trasmette l’essenza della religione che incarna — che sia il paganesimo di un tempio egizio o il cristianesimo di una cattedrale gotica — attraverso simbolismi complessi dove ogni proporzione, ogni materiale, ogni forma, ogni taglio di luce, ogni decorazione, ogni effetto acustico e persino la temperatura e l’umidità parlano direttamente all’inconscio usando il linguaggio simbolico.

    L’uomo di oggi crede di essere più intelligente dei suoi predecessori solo perché ha la tecnologia, ma in quanto a conoscenza della psiche umana loro erano molto più avanti di noi. Legioni di teologi e filosofi stanno dietro San Pietro a Roma, il Duomo di Milano, la Cappella Sistina, il Tempio di Karnak a Luxor.

    Chiunque, ateo o di qualsiasi religione, entrando in una cattedrale gotica –o in un cromlech megalitico– percepisce immediatamente il senso del sacro perché quegli edifici sono stati studiati nei minimi dettagli ESATTAMENTE PER QUELLO.

    Niente di tutto questo è rimasto oggi, non dico tra gli architetti (che un tempo erano degli iniziati), ma neanche tra gli uomini di chiesa. Il massimo di simbolismo a cui riescono ad arrivare è fare un lucernario a forma di croce, una cosa triviale che in quanto a linguaggio archiettonico sta allo stesso livello del fare il baracchino delle spremute a forma di arancia.

    Gli edifici religiosi di oggi non trasmettono un bel niente e non c’è da stupirsi che siano percepiti come brutti, indipendentemente dallo stile in cui sono realizzati.

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  7. Dato che ormai siamo in una società eclettica, in cui non esistono valori assoluti ma al massimo prevalenti e cangianti, non è lesa maestà cercare di rendere i luoghi di culto qualcosa di più leggero e meno rettorico e calcato ideologicamente. Poi anche a me piace il falso storico e ad esempio amo tantissimo il neoistoricismo di Duncan K. Stroik, ma a fianco a quello metto anche queste costruzioni meno pompose e più adatte a una religiosità contemporanea più intimista e meno legata al culto collettivo, alla ritualità.

    Chiediamoci: che tipo di architettura può rispecchiare la spiritualità odierna, che è comunque cambiata da quella che era anche solo cinquant’anni fa?
    La spiritualità non è oggi molto diffusa, quello che è diffuso è semmai un vago atteggiamento religioso, alla ricerca di risposte che necessariamente non possono essere più statutoriamente fornite dall’esterno ma sempre mediate attraverso la riflessione personale.

    Il linguaggio classico dell’ornato e dell’orpello ha un che di eterno, di imperiale, di regale e qundi di dogmatico che poco si conforma alla (sana) religiosità contemporanea, lontana dagli estremismi, questo sta nella interessante rivoluzione di Paolo VI, che non dimentichiamoci ha creato anche la Collezione di Arte Contemporanea ai Musei Vaticani.

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    • Io non sono sicuro che il cemento bianco, il lucernario a forma di croce, il crocefisso in “total white”, il ghirigoro nero lungo i muri o l’algido look da obitorio di ospedale degli anni 60 siano necessariamente riflesso di una nuova spiritualità. Li trovo piuttosto l’imposizione di una committenza (il clero diocesano) disorientata e di Architetti a disagio con linguaggi non loro (la costellazione dorata ad esempio la trovo stucchevole – senza voler citare i lavori di Le Corbusier di mezzo secolo fa). Magari sbaglio io, ma quando passo in bici da quelle parti e pochi chilometri prima vedo il nuovo Centro Buddista penso che quello si che è un posto allegro, felice e di cui vorrei capire di più e fare parte. Non l’obitorio bianco.

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  8. Non credo sia questione di stile, di tempi, di (sana? su che criteri?) spiritualità “contemporanea”. Il problema credo stia nel fatto che – in linea generale – chi progetta chiese conosce la teologia a vaghissime e poche linee, per giunta assai confuse. Purtroppo la committenza, che dovrebbe essere proprio quella che rammenta 2 millenni di teologia al progettista, gioca invece con le famigerate “fughe in avanti”: Benedetto XVI (uno dei maggiori teologi del XX secolo, a mio avviso) non a caso ha provato a fissare alcuni concetti in materia, ma son rimasti lettera morta. Quando sento dire che è concepibile progettare un luogo di culto come “un luogo per riunioni pubbliche” mi riferisco proprio a questo: la chiesa per la teologia cattolica è “domus Dei” non per un vago e spirituale senso del sacro, ma in quanto ospita Dio “realmente presente in Anima, Corpo, Sangue e Divinità” nel Santissimo Sacramento. Per questo andrebbe orientata ad est e non ad ovest: per dare un tangibile segno del “sol oriens ex alto”, come viene definito il Cristo nel Cantico di Zaccaria. PEr questo l’altare dovrebbe poggiare su dei gradini: rappresentazione del monte Calvario dove Cristo morì (“quando sarò innalzato, attirerò tutti a me”). Per questo il tabernacolo dovrebbe essere posto nell’abside, e non in una cappella a parte: la transustanziazione delle specie durante il canone avverrebbe in linea con le specie già consacrate, a costituire un ponte logico ed ideale tra la ripetizione incruenta del Sacrificio perfetto e Cristo risorto e presente nel tabernacolo. Sono solo 3 piccoli e banali esempi di quel che sottende l’architettura sacra. Anche a me piace Stroik: non solo e non tanto per i risultati estetici, ma perché è evidente che queste cose le ha approfondite e studiate, come dovrebbe fare ogni buon professionista. Progettare una chiesa come si progetterebbe un auditorium significa non aver consapevolezza di cosa si stia facendo. Quanto alla chiesa di cui sopra, l’unica cosa che mi garba sono le panche, provviste di inginocchiatoio. Per il resto, solita architettura da supermercato.

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