Milano | Lambrate – Il destino dello Scalo di Lambrate

Riportiamo l’articolo realizzato da z3xmi.it che ha intervistato Gabriele Mariani, già Presidente della Commissione Urbanistica e Territorio in Consiglio di Municipio 3, per farci raccontare come si prevedeva di intervenire sullo scalo FS di Lambrate ed avere un parere sull’impostazione di un possibile dibattito al riguardo. (Paolo Burgio) 01/02/2017

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Partire da zero forse non è il metodo migliore per elaborare un Master Plan e sembra impossibile che si possano ipotizzare futuri sviluppi urbanistici senza tener conto del pregresso, delle discussioni e degli orientamenti già delineati in passato, come è sembrato si volesse intendere nel corso del recente workshop sugli Scali Ferroviari di Milano a cui abbiamo partecipato e di cui abbiamo scritto.

Nessuna menzione delle linee di indirizzo votate nella delibera di Consiglio comunale di metà novembre 2016, uno dei primi e più importanti atti della nuova giunta Sala, per ridefinire l’Accordo di Programma sugli scali ferroviari milanesi, dopo la bocciatura ricevuta dalla giunta Pisapia, che l’aveva proposto sul finire del proprio mandato.

Queste linee di indirizzo riportano una lunga serie di prescrizioni di cui dovrà tener conto l’assessore all’Urbanistica Maran, incaricato di condurre la trattativa con FS Sistemi Urbani srl. Trattativa da chiudere rapidamente, entro l’estate 2017, dopo aver ovviamente risolto la controversia aperta presso il TAR contro il Comune di Milano per la mancata approvazione dell’Accordo (ed è curioso notare come un’amministrazione comunale e un ente pubblico, che dovrebbero entrambi operare avendo di mira il prevalente interesse dei cittadini, si trovino a reclamar danni dalla controparte).

In attesa di conoscere cosa proporranno i cinque studi internazionali interpellati da FS Sistemi Urbani e quali scelte verranno decise, ci è sembrato interessante raccogliere qualche informazione sui punti salienti contenuti nell’Accordo di Programma, oggi in corso di revisione, con particolare riferimento allo scalo di Lambrate.

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Ci siamo rivolti a Gabriele Mariani, nella scorsa consiliatura Presidente della Commissione Urbanistica e Territorio del CdZ 3; in tale veste ha avuto modo di seguire le vicende relative al futuro degli scali ed a lui abbiamo chiesto chiarimenti e commenti, ovviamente a titolo del tutto personale, visto che attualmente non ricopre alcun incarico in seno alle istituzioni.

Ci può dare un’indicazione di massima su cosa si prevedeva di realizzare nello scalo FS di Lambrate?

Lo scalo di Lambrate ha un’estensione di circa 70.000 mq, è un’area rettangolare lunga e stretta, parallela all’asse ferroviario, dal lato verso la periferia. Nell‘Accordo di Programma si prevedeva una destinazione a usi residenziali di 30.000 mq circa, di cui il 90 % per edilizia residenziale sociale; questo consentiva di realizzare una volumetria abitativa corrispondente a dieci palazzi alti 10 piani, lunghi 40 m e larghi 12 m. Dò queste indicazioni per far percepire l’impatto dovuto a questi possibili insediamenti e per dare un’idea della scelta urbanistica prevista nell’Accordo. Anche tenendo conto che la rimanente parte di superficie venisse destinata a verde dobbiamo porci il problema di quale qualità edilizia stiamo parlando se è possibile edificare queste volumetrie in un’area rettangolare lunga e stretta, affiancata alla ferrovia. Avremo risultati analoghi a quelli ottenuti in passato con le precedenti giunte, quando il 50 % del verde pubblico veniva ritagliato tra un edificio e l’altro, facendone perdere la percezione come spazio aperto fruibile dalla cittadinanza

Quindi si consentivano indici volumetrici troppo alti?

No, il problema non sono gli indici volumetrici, quelli previsti non sono di per sé alti. Il problema è che per lo scalo di Lambrate, ma questo vale per tutti gli scali milanesi presi nel loro insieme, non si può ragionare solo in termini di percentuali di superficie a verde o ad altri usi. Fare un Accordo di Programma senza aver prima individuato le destinazioni scalo per scalo, in base alle dimensioni, alla forma, alle problematiche viabilistiche, alla vocazione e posizione nella città è demenziale.

Gli scali ferroviari sono spazi residuali, molti dei quali hanno una forma veramente infelice, tranne lo scalo Farini e di Porta Romana. L’Accordo di Programma prevedeva per ogni scalo una certa volumetria per raggiungere un totale significativamente alto, trascurando del tutto la qualità abitativa che ogni singolo scalo permette di conseguire.

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Quindi è all’amministrazione comunale che spetterebbe il compito di definire le destinazioni tenendo presenti le peculiarità di ogni singolo scalo?

Assolutamente sì, ma io penso che alla politica questo interessi assai poco. Alla politica interessa garantire a FS la valorizzazione del patrimonio che ha in carico, valorizzazione che è direttamente legata proprio alla volumetria prevista dall’Accordo di Programma. Se andiamo a prendere in considerazione quali sono i bisogni della città, quartiere per quartiere, scalo per scalo, scopriremmo ad esempio che a Farini e Porta Romana si potrebbero consentire volumetrie anche più alte di quelle previste, mentre in altri scali, come Breda, Lambrate, Rogoredo si potrebbe concludere che è preferibile non costruire affatto.

E’ stato citato nel corso del workshop sugli scali un documento elaborato dal Politecnico di Milano per rilevare le esigenze del territorio dando ascolto ad associazioni e realtà locali, Questo non era un primo passo per aprire un confronto con i cittadini?

Ho partecipato come rappresentante dell’istituzione locale, come soggetto terzo non coinvolto nell’ascolto, a tutti gli incontri organizzati dal Politecnico e posso affermare che a mio avviso si è trattato di una presa in giro. Se si interpellano i cittadini interrogandoli sulle loro aspettative, senza spiegare loro cosa può succedere su quello scalo, si ottengono risposte di scarso rilievo. La qualità delle risposte dipende dalla qualità delle informazioni che i cittadini ricevono. Non si può parlare dello sviluppo futuro di un’area pubblica di 70.000 mq senza parlare di destinazioni d’uso e degli effetti di una determinata volumetria in quel contesto. Si otterranno solo richieste di una ciclo-officina o di una casa delle associazioni senza entrare nel merito delle questioni di rilievo per cui vale la pena di attivare un processo di ascolto e partecipazione, Mi è sembrata un’iniziativa soltanto di facciata, giusto per poter scrivere da qualche parte che i cittadini sono stai ascoltati, di fatto una presa in giro.

A proposito di partecipazione la delibera comunale già citata fa menzione anche di un “debat public” per proseguire e sviluppare il lavoro già volto dal Politecnico.

Mi sembra ancora peggio. Si introduce questo elemento, il “debat public”, un’esperienza francese strutturata e organizzata di coinvolgimento della cittadinanza nei progetti di rilevante interesse pubblico, senza peraltro attuarla. Il “debat public” prevede l’intervento di un ente terzo, del tutto indipendente dall’amministrazione sotto il profilo istituzionale ed economico, che organizza la partecipazione dei cittadini ad un dibattito in cui si discute perché, come e se realizzare un’opera. Può anche concludersi decidendo che quell’opera non sia da realizzare. Qui è inserito nella delibera comunale come una parola vuota di significato, non potendo avere alcun riferimento a procedure e regole che oggi non esistono, è lettera morta.

Nella delibera comunale sugli scali a proposito del dibattito pubblico si chiamano in causa anche i Municipi.

L’istituzione locale dovrebbe a mio avviso rilevare le incongruenze che appaiono più evidenti. La partecipazione è una cosa seria, se il comune vuole avviare un confronto con i cittadini attraverso i Municipi dovrebbe aver già aver messo in atto alcune azioni per dare le informazioni su cosa intende fare e comunicare quale iter partecipativo intende percorrere. Su questo il Municipio tace.

Ringraziamo Gabriele Mariani per la sua disponibilità ed avendo avuto modo di proseguire la nostra conversazione toccando altri interessanti punti ci ripromettiamo di pubblicare il seguito in un prossimo articolo.

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Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

4 commenti su “Milano | Lambrate – Il destino dello Scalo di Lambrate”

  1. “…dieci palazzi alti 10 piani, lunghi 40 m e larghi 12 m…” non so se questo sia reale o meno, ma ovunque si facesse qualcosa del genere, ecco servito un nuovo quartiere incubatore di degrado.
    Mi auguro che gli errori del pasato vengano evitati.

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  2. Finalmente vi siete accorti che tutte le scelte di questi ultimi due amministratori sono solo di facciata…

    Pensate se ci fosse stato Sala o Pisapia quando hanno vinto Expo 2015 e quanto hanno data le concessioni per sistemare Garibaldi, La vecchia fiera (city life), Varesine ecc…
    cosa facevano un dibattito pubblico per decidere cosa fare?
    Ma smettiamola per fare le cose innovative come piazza gae aulenti ci vogliono i privati e sopratutto i soldi dei privati, quindi che questa amministrazioni di cialtroni si impegni a trovare chi ci vuole mettere i soldi, magari facendo realizzare una rendering figo e proponendo a qualche emirato o altri grattacieli fighi con parchi tutto intorno…magari con una green line che collega gli scali….
    Oppure solo una green line…
    E poi ste cose le deve decidere gente competente e non politica e nemmeno io (esempio di cittadino) che non ci capisco una mazza di urbanistica, come non ci capisce una mazza Maran che ha combinato solo casini quando era alla mobilità e adesso ci mette la ghiaia davanti al castello ridicolo…

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  3. Poi vorrei aggiungere la poca lungimiranza di queto Maran e di quelli che lo sostengono.
    Perchè non trova qualche progetto che mette che so qualche tecnologia innovativa per farsi pagare in parte da qualche sponsor..?
    tipo nuovi materiali fotovoltaici, oppure qualche meccanismo per sfruttare l’energia del calpestio pedonale..eccc…insomma qualcosa di innovativo che serva a recuperare energia a migliorare il nostro futuro ed esserne ripagati fra 20 anni.
    Invece cosa decidono di fare tornare nell’800 e punto…

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