Ci sono chiese storiche, a Milano, che spesso finiscono nel dimenticatoio; una di queste è la graziosa San Pietro Celestino. Chiesa della quale ci eravamo già occupati tempo fa e che vogliamo riportare alla ribalta, visto che, pur essendo in centro città, è malconcia e bisognosa di restauri anche nella parte del il sagrato.
La chiesa si trova quasi nascosta in un piccolo spiazzo ricavato lungo via Senato, a pochi metri dall’incrocio con Corso Venezia e Piazza San Babila.
Già prima del 1274 esistevano presso Porta Orientale una chiesa e un convento eretti dai Padri detti della Penitenza di Dio. Nell’anno citato, assai probabilmente S. Pietro Celestino – l’eremita Pietro del Morrone (che diventerà papa Celestino V) – passando in Milano vi fondò un ospedale per i poveri.
Nel 1317, dopo la morte del Santo, chiesa e convento passarono ai Padri Celestini e fu fatta una nuova costruzione, della quale ora rimane il campanile (nascosto dalla mole della chiesa e decisamente tozzo) e il sottostante tiburio.
Di antico rimane solo la struttura, che consisteva in robusti pilastri a fascio dai quali partivano nervature a sesto acuto che andavano a congiungersi al centro della volta nell’unica navata. Doveva essere completamente ricoperta da affreschi, andati completamente persi: unico frammento superstite è un tondo col simbolo dell’Evangelista S. Matteo.
Quando i Padri nel 1735 vollero ricostruire la chiesa, ricorsero all’architetto Marco Bianchi che allora presiedeva alla costruzione di S. Francesco da Paola. Qui, come per l’altra chiesa il Bianchi realizzò una graziosa e movimentata facciata barocca, rari esempi a Milano (purtroppo questa venne rifatta)
L’interno ad unica navata è coperto da una volta a botte. Alle pareti laterali si trovano quattro cappelle poco profonde.
La prima cappella a destra è dedicata a S. Giuseppe ed è ornata dalla tela col Transito del Santo, dipinta dal Bianchi nel 1854. La seconda cappella ha una tela raffigurante i SS. Mauro e Francesco; tela unica dipinta in collaborazione da Camillo Procaccini e da Cristoforo Stovolmente.
Nel primo altare a sinistra troviamo una bella Crocifissione, equilibrata e vigorosa, di ignoto autore. La cappella seguente è dedicata al Santo titolare della chiesa, rapito da una visione della Vergine; è opera pregevole per effetti di luci e di ombre, richiamante la Scuola bolognese del Seicento.
Ai muri laterali si appoggiano grossi pilastri scanalati con capitelli corinzi, reggenti una trabeazione che corre per tutta la chiesa, dandole in tal modo dignità e robustezza. Al di sopra si trovano le grandi aperture che danno luce all’aula. La decorazione generale della chiesa risale ad un generale rifacimento della fine dell’Ottocento.
L’altare, oggi nascosto dai paramenti per la chiesa copta, si trova in un abside con coro molto profonda.
Questo è l’aspetto del sagrato, abbandono totale e non aggiungiamo altro.
L’interno, come si vede dalle foto, necessita di un totale restauro e l’intera chiesa, secondo noi, meriterebbe una migliore visibilità.
Le foto senza watermark sono di Thomas Villa
Nel 2010 vennero restaurati e riparati i tetti, il campanile medievale (del 1300) e parti dell’abside.
Certo che ogni volta che leggo questi articoli penso allenorme lavoro che voi di urbanfile fate per la città.
È soprattutto la fatica.
Un grazie è d’obbligo.
è la chiesa ove si sposarono i miei, ora la curia la ha affidata “in gestione” alla comunità copta, cioè gli egiziani cattolici che sono della brave persone ma soldi non ne hanno certo e forse nemmeno grande sensibilità.
si meriterebbe molto meglio.