Milano | Cavi e mensole abbandonati: archeologia industriale o negligenza?

I sostegni dei vecchi cavi elettrici o telegrafici, dimenticati o ignorati, oggi li troviamo ancora presenti su vecchie facciate.

A Milano sulle facciate di alcuni palazzi storici, perlomeno costruiti prima del 1950, si trovano ancorate parecchie “mensole tralicciate” di sostegno per i cavi elettrici o dei fili per il telegrafo, risalenti addirittura, in alcuni casi alla fine dell’Ottocento, ed in altri, appunto, sino ad almeno il primo conflitto mondiale.

Molte mensole di questo genere reggono ancora i fili, tesi fra un palazzo e l’altro, come se dovessero ancora avere una loro funzione, senza di fatto collegare più nulla.

Per la maggior parte dei casi, si tratta di una mensola metallica, più o meno sporgente per mezzo metro o poco più, con attaccati al metallo i grappoli di isolatori in ceramica a forma di rocchetta.

La storia dei cavi e delle mensole possiamo riassumerla in quattro piccole tappe:

Nel 1850 venne estesa la prima linea telegrafica tra Milano e Venezia, quindi l’avvio dei primi cavi appesi ai palazzi.

Nel 1881 furono create le prime società telefoniche a Milano: l’Italo Americana con sede in via Orefici e l’Italiana con sede in via Filodrammatici.

Una curiosità del periodo, poco conosciuta, che troviamo sul Palazzo dei Giureconsulti di piazza dei Mercanti, è che possiamo vedere, tra le varie decorazioni, sul lato di via Mengoni (via aperta a partire dal 1870), un fregio raffigurante un traliccio telefonico dietro una figura femminile, particolare piuttosto strano su di un palazzo seicentesco. Infatti si trova sulla parte ricostruita a partire dal 1870 dopo l’apertura di via dei Mercanti e via Mengoni.

La prima centrale termoelettrica costruita in Europa e la seconda nel mondo (la prima era stata quella di Pearl Street a New York) entrava in funzione il 28 giugno 1883. La centrale era situata nel centro di Milano, in via Santa Radegonda, a pochi metri dal Duomo, dove oggi sorge il secondo palazzo della Rinascente.

Mentre dobbiamo aspettare il 1885, quando si avvia l’epoca della luce elettrica in strada, che quindi porterà ulteriori cavi elettrici in città.

Sapete bene che a noi di Urbanfile non sfugge nulla, o quasi, e naturalmente non potevamo non notare la presenza di questi oggetti do archeologia industriale o quasi.

A dire il vero non riusciamo a capire se siano oramai dei veri e propri pezzi da preservare o pericolosi manufatti da rimuovere.

Infatti in alcuni casi appaiono così mal ridotti e forse anche pericolanti che ci chiediamo se mai uno di questi sia precipitato a terra.

Onestamente parrebbe più una negligenza protratta nel tempo e che ha prodotto questo “spettacolo” un po’ decadente e allo stesso tempo romantico, di una città in evoluzione ma che si scorda delle più piccole cose, abbandonandole e facendole diventare sia parte dell’ambiente che pezzi d’antiquariato.

Qui di seguito un po’ di immagini raccolte da noi nel corso del tempo.

Ad esempio a Porta Garibaldi-Nuova, a due passi dai nuovi grattacieli, dove possiamo trovare questa serie di tralicci di vario tipo sulla facciata del palazzo delle Cucine Economiche di viale Monte Grappa.

Oppure la bellissima facciata barocca di Palazzo di Prospero Visconti in via Lanzone in meno centro storico.

Mentre su Palazzo Stampa di Soncino, grandioso edificio del Cinquecento in via Torino, possiamo trovare un vero e proprio potpourri di mensole reggi cavi di ogni genere. Che poi, a guardarli bene, sembrano anche molto mal messi, arrugginiti e col legno oramai marcio e in sfaldamento.

Cavi che zigzagando ci portano sul palazzo di fronte, quello sotto la cupola e il campanile appuntito di San Giorgio a Palazzo.

Non mancano anche vecchie mensole per reggere le antiche insegne di negozio, come quella vecchia dell’upim di via Torino, oggi OVS.

In piazza Wagner, mensole e mensoloni belli e arrugginiti svettano sulle teste dei passanti ignari.

Non mancano anche in Corso Buenos Aires e così via, saltando da una strada all’altra, basta alzare lo sguardo e si possono vedere.

Volevamo anche far notare che in largo Treves, a Brera, c’è ancorato in un muro, un vecchio ferro che reggeva un antico cartello di divieto, forse.

Qui di seguito altre mensole arrugginite che abbiamo raccolto per mostrarvi.

Adesso diteci se questa è semplice sciatteria, negligenza, pericolo incombente per i passanti o archeologia industriale?

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

8 commenti su “Milano | Cavi e mensole abbandonati: archeologia industriale o negligenza?”

  1. In via Bovisasca ho notato due cavi sospesi ai pali della luce tra le vie Marazza e Maffi; non so se siano funzionanti o meno, ma hanno un aspetto piuttosto anacronistico…

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      • Non esiterò a rispondere alla vostra domanda: Archeologia industriale. Di tutto ciò che le persone si soffermano a guardare sugli edifici storici, isolatori e cavi elettrici sono sempre i più defraudati del loro valore. Sempre. Non uno che valuti minimamente importante per la nostra storia l’elettricità, il telefono e il telegrafo, quali tecnologie che in senso pratico hanno STRAVOLTO la vita umana, e anzi direi, che queste che ormai sono le vestigia delle (furon) fondamenta della nostra modernità sono il più delle volte barbaramente estirpate dalla loro sede ed abbandonate in discarica. Non sfiora mai la mente di queste persone che questi oggetti SONO PARTE INTEGRANTE DELLA STORIA DI UN EDIFICIO, che per quanto bello e barocco possa essere se epurato di suddetti orpelli, non possiamo arbitrariamente privarlo della sua storia. Tanto più che una volta rimossi, sarà per sempre: non tornerà una seconda volta il 1900, l’epoca d’oro della modernità, in cui l’uomo per la prima volta riesce a rendere una delle fonti di energia più importanti e diffuse dell’universo ma incredibilmente difficili da maneggiare, finalmente a disposizione di tutti. Per rimarcare l’importanza di non togliere pezzi a edifici storici: in tutto il nord Italia, nei primi ‘900 si fabbricarono alcune delle centrali elettriche più grandi e potenti d’europa, praticamente costruite come cattedrali, con affreschi, ferro battuto a mano, tetti in tegole ceramiche colorate, pavimenti in perlinato di legno (anche tra le macchine alternatrici!), giardinetti curati attorno, progettati dai più grandi architetti e ingegneri del tempo. Col passare del tempo: macchinari originali demoliti per aumentare la produzione sostituendone con nuovi; muri e finestrate abbattute ( o intere depandance nello stesso stile artistico rase al suolo) perchè servivano anche trasformatori più potenti, quindi più grossi e nelle sedi originali non ci stavano; disegni ed affreschi murari coperti perchè nessuno voleva spendere per restaurarli (ah, i soldi per nuovi macchinari però c’erano) e giardinetti che sono diventati sede di capannoni in cemento eternit per magazzini più capienti (di questi vi lascio immaginare lo stile). Il risultato è, che delle decine di opere d’arte elettrica, praticamente nessuna è giunta fino a noi intatta, e sono passati solo 90 anni! In futuro che cazzo sarà rimasto, quando si chiederanno dov’è finita la primissima industria umana a sfruttare l’energia elettrica? Questo per fare un esempio

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        • Flavio, nei decenni ho visto rottamare macchine elettriche di pregio, ben più significative delle mensole di ferro. Se ci fosse un museo di elettrotecnica con ampi spazi disponibili, anche lontano da un città, sarebbe possibile salvare molti reperti che oggi finiscono in fonderia solo per recuperare un po’ di rame.
          Io sono del parere che le mensole non possano essere salvate tutte, ma solo quelle in edifici storii.

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  2. Andrebbe valutato da caso a caso, sinceramente non ci avevo mai fatto caso o meglio pensavo fossero legati a luce o i tram 🤪 ,del resto non sono più in funzione da 3/4 generazioni? Quindi sono storici, all’estero li valorizzerebbero, forse tenere i migliori e più caratteristici nelle vie più “stile vecchia Milano”?…

    (Complimenti a URBAN F, per il dettaglio del basso rilievo)

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